OTTOBRE
15

Diario dal Consiglio del 15 ottobre 2021

… Il potere di giudicare i propri simili non può e non deve essere vissuto come potere.
Per quanto possa apparire paradossale, la scelta della professione di giudicare dovrebbe avere radice nella repugnanza a giudicare, nel precetto di non giudicare;
dovrebbe cioè consistere nell’accedere al giudicare come ad una dolorosa necessità, nell’assumere il giudicare come un continuo sacrificarsi all’inquietudine, al dubbio.
Sappiamo, purtroppo, che non da questo sentimento e intendimento i più sono chiamati, vorremmo dire vocati, a scegliere la professione del giudicare. Tanti altri sono gli incentivi, e specialmente in un paese come il nostro. Ma il più pericoloso di tutti è il vagheggiare – e poi il praticare – il grande potere che la nostra società ha conferito al giudice come potere fine a se stesso o come potere finalizzato ad altro che non sia, caso per caso, quello della giustizia secondo legge, secondo lo spirito e la lettera della legge spirito – si vorrebbe – mai disgiunto dalla lettera
…”

Leonardo Sciascia,
dalla prefazione per il volume “Storie di ordinaria ingiustizia” 
di Valter Vecellio e Raffaele Genah (1987, Sugarco)

Nel centenario della nascita di Leonardo Sciascia (era nato l’8 gennaio 1921 a Racalmuto in Sicilia) ricordiamo le riflessioni del grande scrittore sul “giudicare”, che attraversano tutta la sua opera ed a cui è dedicato il volume “Diritto verità giustizia” curato da Luigi Cavallaro e Roberto Giovanni Conti, Cacucci editore.  

 

Plenum

1. Settima commissione

a) Segnaliamo l’importante risoluzione in tema di Linee Giuda su immigrazione e protezione internazionale, frutto dell’attività di approfondimento e di confronto con gli uffici dell’apposito gruppo di lavoro costituito un anno fa dalla Settima Commissione.

I poderosi flussi dei ricorsi dell’anno 2016 e l’accumulo di pendenze per quasi 50.000 procedimenti avevano indotto il legislatore ad intervenire con il d.l. 17 febbraio 2017, n. 13, istitutivo delle sezioni specializzate ed il CSM a dettare, conseguentemente, criteri organizzativi volti a: a) conferire carattere prioritario alla trattazione dei ricorsi in materia di protezione internazionale; b) assicurare risorse sufficienti alle sezioni specializzate; c) eliminare l’arretrato nel frattempo accumulatosi, anche al fine di garantire una ragionevole durata ai relativi procedimenti.

Ad oltre quattro anni dall’istituzione delle sezioni specializzate sono emersi dati statistici particolarmente allarmanti, che hanno dimostrato come, nella maggior parte degli uffici, i criteri organizzativi individuati dal CSM nel 2017 non abbiano consentito o comunque non siano stati attuati in modo da assicurare effettivamente prioritaria trattazione dei procedimenti, congruo dimensionamento delle sezioni e ragionevole durata delle procedure. Basti pensare che i termini stabiliti dalla legge in un quadro regolatorio imposto dal Sistema comune europeo dell’asilo (4 mesi dalla presentazione del ricorso per il procedimento davanti alle sezioni specializzate; 6 mesi dalla presentazione del ricorso per il procedimento davanti alla Corte di cassazione) si sono dilatati fino a diventare, come è attualmente, di circa dieci volte superiori al termine di legge.

La durata prospettica è superiore anche al termine triennale (1095 giorni), assunto come riferimento per la ragionevole durata di processi ordinari civili contenziosi, che non siano considerati prioritari o “urgenti”, come la legge definisce invece i procedimenti di protezione internazionale.

La lettura dei dati (molto articolata ed approfondita) porta a concludere che senza interventi strutturali sulle risorse destinate alle sezioni immigrazione e, quindi, innanzitutto senza assegnazione di un numero di giudici sufficiente e dedicato esclusivamente alla materia della protezione internazionale, l’arretrato e la durata dei procedimenti di protezione internazionale continueranno ad aumentare; pesando in modo significativo sulle statistiche dei procedimenti di durata ultra-triennale dell’intero sistema giudiziario ed interferendo con gli obiettivi previsti dal PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) sia in termini di abbattimento dell’arretrato civile ultratriennale (del 65% in primo grado e del 55% in appello, entro la fine del 2024 e in generale  del 90%, in tutti i gradi di giudizio, entro la metà del 2026) sia in termini di riduzione della durata dei procedimenti (del 40% entro la metà del 2026): infatti, tra le materie civili che il PNRR considera, è ricompreso anche il contenzioso in materia di protezione internazionale e immigrazione.

A fronte di dati così allarmanti, le soluzioni organizzative per far fronte alle criticità derivanti dallo stock di arretrato non potranno basarsi solo (o principalmente) sulla pianta organica flessibile distrettuale, che pure potrà fornire un valido apporto.

Si è pertanto resa necessaria un’attualizzazione delle linee guida che si muove sulla duplice direttrice di una maggiore semplificazione e di una maggiore specificazione dei principi, già affermati, di specializzazione, non esclusività e flessibilità organizzativa al fine di renderli maggiormente idonei al perseguimento delle finalità imposte dalla normativa nazionale e sovranazionale, declinata in termini:  

Rimandiamo alla delibera per il dettaglio dell’intervento.

 

b) Le indicazioni per la redazione dei programmi di gestione

È stata approvata la delibera che disciplina i programmi di gestione per l’anno 2022, sul presupposto che tali programmi di gestione siano uno strumento fondamentale per formulare una diagnosi ed una prognosi sull’andamento dell’ufficio, programmare i flussi di lavoro e fissare gli obiettivi di rendimento qualitativo dei singoli uffici. La delibera, quindi, contiene le indicazioni procedurali per la redazione dei programmi di gestione, con particolare riferimento agli obiettivi fissati dal PNRR.

* * *

2. Quinta Commissione

a) La dirigenza senza demerito: ovvero i rischi di un approccio burocratico al tema delle nomine

Tra le pratiche di Quinta Commissione decise dal Plenum, due in particolare meritano, a nostro avviso, di essere raccontate perché involgono questioni di carattere generale.

Per la Procura di Lecco in Commissione erano state avanzate due proposte. La prima (votata dai cons. Donati, Lanzi, Marra e Micciché) per il dott. Basso; la seconda (votata dal cons. Cascini) per il dott Pepè. A favore del dott. Pepè militavano una maggiore anzianità di servizio, lo svolgimento per 7 anni di funzioni giudicanti in materia penale e civile in due diversi Tribunali di medie dimensioni, una lunga esperienza (20 anni) come pubblico ministero presso la Procura di Monza con esperienze in tutte le materie di competenza della Procura e una particolare specializzazione nei reati contro la persona e i soggetti deboli (dipartimento di fatto coordinato per vari anni ) e da ultimo nell’area dei reati economici, nonché significative attività di collaborazione nella gestione dell’ufficio. Mentre il dott. Basso aveva svolto sempre funzioni di pubblico ministero in uffici piccoli con una specializzazione nel settore della prevenzione infortuni sul lavoro. Inoltre da quasi cinque anni era Procuratore della Repubblica ad Oristano. Quest’ultima circostanza era stata ritenuta decisiva per la maggioranza della Commissione, anche se, come evidenziato nella relazione di Giuseppe, dal parere reso in sede di conferma nell’incarico, seppure positivo, emergeva una gestione non particolarmente brillante dell’ufficio, con alcune criticità, quale ad esempio la mancata attuazione di soluzioni organizzative finalizzate a garantire la partecipazione alla fase dibattimentale del PM titolare delle indagini. Inoltre, assumeva particolare rilievo, in negativo, il fatto che il dott. Basso avesse presentato in allegato alla domanda per la Procura di Lecco un progetto organizzativo in tutto identico a quello presentato in allegato alle domande dal medesimo presentate per la Procura di Novara e per la Procura di Sondrio. In un caso senza modificare nemmeno la intestazione. Ma ciò che è più significativo è il fatto che nessuno dei progetti presentati corrispondesse alla realtà organizzativa degli uffici richiesti, ma altro non era che una copia del progetto organizzativo della Procura di Oristano. Al riguardo va ricordato che l’art 10 del TU sulla dirigenza prevede, a pena di inammissibilità la presentazione di una proposta organizzativa che contenga “l’analisi della specificità del territorio in cui opera l’ufficio, sotto il profilo socioeconomico nonché, per gli uffici requirenti, della realtà criminale; la proposta di possibili soluzioni organizzative adeguate alle criticità evidenziate o alla valorizzazione di positive esperienze gestionali”. Orbene la presentazione come proposta organizzativa per tre diverse Procure del progetto in vigore per la Procura di Oristano, senza alcuna analisi della realtà criminale del territorio di quelle Procure (certamente molto diversa da quella di Oristano) si poneva ai limiti della inammissibilità della domanda, e certamente denotava una scarsa considerazione del Consiglio e della sua funzione valutativa. All’esito di un articolato dibattito e dopo una prima votazione in parità (a favore proposta Pepè: Cascini, Celentano, Chinaglia, Ciambellini, Dal Moro, Di Matteo, Grillo, Suriano, Zaccaro; a favore proposta Basso: Balduini, Basile, Braggion, D’Amato, Donati, Lanzi, Marra, Miccicchè, Pepe; Astenuti: Benedetti, Cavanna, Cerabona, Gigliotti) è prevalsa in seconda votazione la proposta in favore del dott. Basso poiché il cons. Cavanna ha votato a favore della proposta Basso.

* * *

La seconda pratica riguardava il conferimento del posto di presidente di sezione penale presso il Tribunale di Busto Arsizio. Anche in questo caso venivano dalla Commissione due proposte una in favore del dott. Fazio (votata dai cons. Miccichè, Ciambellini, Donati, Lanzi) e l’altra in favore della dott.ssa Stoppini (votata dal cons. Cascini). Entrambi i candidati vantavano una esperienza semidirettiva. Il dott. Fazio, oltre ad essere più anziano in ruolo, aveva un periodo più lungo come presidente di sezione presso il Tribunale di Milano avendo completato l’ottennio, mentre la dott.ssa Stoppini da cinque anni era presidente di sezione ad Ivrea. Per entrambi era intervenuta conferma nelle funzioni semidirettive, ma, a leggere bene i pareri, risultava evidente come l’esperienza del dott. Fazio presso il Tribunale di Milano fosse stata caratterizzata da un certo appesantimento del carico di lavoro della sezione, mentre la dott.ssa Stoppini aveva dimostrato eccezionali capacità di gestione in una situazione molto critica quale quella del Tribunale di Ivrea; inoltre, la sua esperienza semidirettiva, per le dimensioni dell’ufficio di provenienza (ufficio di ridotte dimensioni, con conseguente necessità di saper gestire e coordinare tutte le funzioni del settore penale), appariva più confacente con riferimento all’incarico in discussione, rispetto a quella del dott. Fazio (presidenza di una sezione dibattimentale in un ufficio di grandi dimensioni). La maggioranza del Plenum (cons. Ardita, Balduini, Basile, Braggion, Cavanna, Celentano, Cerabona, Ciambellini, D'Amato, Di Matteo, Donati, Gigliotti, Grillo, Lanzi Miccichè,) ha ritenuto prevalenti i dati della maggiore anzianità di servizio e della più lunga esperienza come semidirettivo, senza attribuire alcun peso alla qualità della esperienza svolta e ai risultati conseguiti (che pure sono espressamente indicati nel TU come elementi di valutazione delle esperienze direttive e semidirettive).

 

Entrambe queste pratiche mostrano, a nostro parere, il rischio di un ripiegamento burocratico in materia di nomine: l’ansia di ricercare ‘criteri oggettivi’, quasi matematici, per la comparazione, può condurre, infatti, a sottrarsi al dovere di valutare in concreto come le funzioni siano state svolte. Con il rischio, così, di creare un sistema di carriera fondato sulla “dirigenza senza demerito”. Ciò soprattutto in presenza di un sistema di conferme che, almeno fino alla riforma di recente introdotta e che speriamo possa produrre qualche cambiamento, non ha dato finora buona prova di sé.

 

b) Altre decisioni plenarie su doppia proposta:

Presidente Sezione Corte di Appello di CATANIA è stato nominato il dott. Marcello Fallone
(votanti: Lanzi, Basile, Cavanna, Cerabona, Ciambellini, Donati, Pepe, Zaccaro, Cascini, Celentano, Chinaglia, Dal Moro, Grillo, Marra, Suriano), mentre la Proposta B in favore del dott. PIVETTI Riccardo, ha riportato i voti dei Cons. Miccichè, Ardita, Benedetti, D'Amato, Gigliotti, Balduini, Braggion, Di Matteo.) 1 voto di astensione (Pres. Curzio)

Avvocato Generale Corte di Appello di ROMA è stato nominato il dott. Salvatore Vitello
votanti i consiglieri Marra, Balduini, Cerabona, Ciambellini, Grillo, Pepe, Zaccaro, Cascini, Chinaglia, Dal Moro, Suriano, mentre la Proposta B - in favore del dott. Luigi Giuseppe BIRRITTERI ha riportato i voti dei consiglieri Miccichè, Ardita, Braggion, Celentano, Di Matteo, Lanzi, Basile, Cavanna, D'Amato, Donati; 2 voti di astensione (Benedetti, Gigliotti).

Procuratore Aggiunto Tribunale di ROMA è stato nominato il dott. Sergio Colaiocco
votanti i consiglieri Ciambellini, Benedetti, Celentano, Chinaglia, Dal Moro, Grillo, Pepe, Zaccaro, Cascini, Cerabona, Gigliotti, Marra, Suriano; la Proposta B in favore del dott. Nicola MAIORANO ha riportato i voti dei consiglieri Donati, Ardita, Basile, D'Amato, Miccichè, Balduini, Cavanna, Di Matteo, Lanzi)

Presidente Sezione Corte di Appello di FIRENZE è stato nominato il dott. Antonio Settembre
con i voti dei consiglieri Marra, Balduini, Basile, Braggion, Cascini, Cerabona, Chinaglia, Dal Moro, Donati, Gigliotti, Lanzi, Miccichè, Pepe, Suriano, Zaccaro; la proposta B in favore del dott. Silvio De Luca ha riportato i voti dei consiglieri Ciambellini, Cavanna, D'Amato, Di Matteo, Grillo.

 

c) Mancata Conferma PAT Avellino

Nel Plenum del 7 ottobre è stata discussa la proposta, formulata dalla Quinta Commissione con quattro voti favorevoli e due astensioni, di non conferma nelle funzioni semidirettive requirenti del Procuratore aggiunto presso la Procura di Avellino. La proposta di non conferma si fondava sulla ritenuta carenza del pre-requisito dell’indipendenza (ai sensi del Capo III della circolare vigente "l'indipendenza consiste nello svolgere le funzioni giurisdizionali senza condizionamenti, rapporti o vincoli che possano influire negativamente o limitare le modalità di esercizio della giurisdizione"), in relazione a fatti emersi nel corso di due indagini penali a suo carico, conclusesi entrambe con decreto di archiviazione. Tali fatti riguardavano la richiesta o l’accettazione da parte del magistrato di favori e utilità da imprenditori operanti sul territorio campano, ben a conoscenza del ruolo rivestito dal medesimo. Una condotta che, per le apparenze che è idonea a creare circa l’esistenza di “vincoli” o di “vicinanza”,  è stata ritenuta, dalla maggioranza della commissione, lesiva dell’immagine esterna del magistrato, tanto più tenendo conto delle specifiche funzioni, del contesto territoriale di ridotte dimensioni, e caratterizzato dalla penetrante presenza di organizzazioni criminali il cui potere  si alimenta anche delle apparenze, e delle convinzioni che queste generano circa l’esistenza di rapporti e di legami fiduciari con le istituzioni.  

La proposta di non conferma è stata approvata a larga maggioranza (contrari solo i Cons. Celentano, Ciambellini e Grillo, astenuta la cons. Miccichè)

 

3. Prima Commissione

È venuta nuovamente all’attenzione del Plenum la questione – già analizzata dal Plenum e di cui abbiamo dato conto nel Diario del 18 luglio 2021 – della possibilità per la dott.ssa Antonella Ciriello di svolgere, oltre all’incarico attualmente ricoperto di componente del comitato direttivo della Scuola Superiore della Magistratura, per ricoprire il quale ella è collocata fuori ruolo, anche l’incarico di Consigliere giuridico del Ministro della Giustizia per le politiche di innovazione amministrativa, con specifico riguardo all’innovazione tecnologica.

L’assunzione di tale secondo incarico era già stata autorizzata con delibera di Plenum del luglio scorso; all’epoca l’autorizzazione era stata concessa “sino al 31 dicembre 2021”, mentre con nuova istanza la collega ha chiesto che l’autorizzazione venisse estesa a tutto il periodo del mandato dell’attuale Ministro della giustizia. Avevamo votato, all’epoca, contro la delibera di autorizzazione ed a favore di una delibera di rigetto, ed abbiamo ora nuovamente votato contro la delibera di estensione temporale dell’incarico. Ne ricordiamo i motivi:

All’esito del nuovo dibattito la proposta di autorizzazione anche alla nuova estensione temporale è stata approvata a maggioranza.

 

È stata poi approvata, a maggioranza e con il nostro voto contrario, la proposta di delibera di autorizzazione per un giudice del Tribunale di Verona a svolgere le funzioni di  esperto del nucleo di supporto dell’Agente del Governo a difesa dello Stato italiano innanzi alla CEDU, conferito  dalla Avvocatura Generale dello Stato; tale incarico ha durata triennale e consiste nell’attività di redazione degli atti processuali e di monitoraggio del contenzioso CEDU che interessa gli altri Paesi, al fine di potenziare il numero di interventi del Governo Italiano in generale nei giudizi che investono questioni suscettibili di impattare sull’ordinamento italiano. Come già accaduto in relazione a precedente delibera relativa ad altro magistrato, abbiamo espresso la nostra contrarietà a tale autorizzazione, considerando non solo la particolare onerosità dell’incarico, ma soprattutto l’anomalia consistente nel consentire ad un magistrato in ruolo di svolgere contemporaneamente le funzioni giudiziarie, con i dovuti connotati di terzietà, e quelle di esperto al servizio dell’Avvocato Generale dello Stato (quale agente che difende lo Stato italiano presso la Cedu), anomalia che rischia di compromettere la immagine di indipendenza del magistrato stesso: la stessa persona fisica celebra processi e scrive sentenze in cui lo Stato e la Avvocatura sono parti e, contemporaneamente, redige atti processuali “di parte” per conto dello Stato e l’Avvocatura qualora questi siano convenuti presso la Cedu da un cittadino italiano. 

Pur riconoscendo l’importanza che lo Stato italiano si difenda innanzi alla Cedu anche avvalendosi di magistrati, che meglio di tutti conoscono gli snodi critici della legislazione e della giurisprudenza nazionale (nelle sue implicazioni processuali e sostanziali), riteniamo, tuttavia  che  tale attività andrebbe svolta (come suggerito in via prioritaria dalla legge che costituisce questa categoria di esperti) ponendo il magistrato fuori ruolo, così da evitare dubbi sulla sua imparzialità anche rispetto alla parte processuale “Stato” o rispetto al contenzioso della Avvocatura dello Stato.

 

Dal 12 ottobre le attività delle Commissioni sono riprese nella nuova composizione. Per quanto ci riguarda (oltre alle Commissioni permanenti, invariate, ed al disciplinare): Alessandra è in Quinta, e Ottava commissione; Ciccio in Settima, come presidente, e in Nona Commissione; Elisabetta in Prima e Nona commissione; Giuseppe in Quarta e Ottava commissione; Mario in Terza, come presidente, e in Sesta Commissione.

 

Vi racconteremo ...

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario