DICEMBRE
31

Diario dal Consiglio del 31 dicembre 2020

Ad Agiti Gudeta

Dedichiamo il Diario ad un’altra donna vittima di violenza senza senso.

Gudeta, era arrivata in Italia – dove da ragazza aveva studiato sociologia – nel 2010, dopo essere scappata dall’Etiopia a causa delle persecuzioni di cui era vittima per il suo impegno per i diritti umani e contro il land grabbing. Era diventata, con la sua attività di allevatrice di capre e la sua grazia, un simbolo di integrazione nella regione ove viveva, il Trentino Alto Adige.

Una storia tragica ma anche emblematica del valore umano e storico del diritto costituzionale d’asilo, che la nostra giurisdizione è chiamata a riconoscere attraverso il vaglio attento di un immane numero di richieste, che provengono soprattutto da tantissimi giovani donne e uomini che fuggono da paesi e contesti in cui i loro diritti umani non sono garantiti e, molto spesso, violati da brutali violenze e torture.

Anche per questo abbiamo ritenuto necessario chiedere al Comitato di Presidenza del Consiglio, il 28 dicembre scorso, l’apertura di una pratica a tutela della giurisdizione in questa materia, a seguito delle critiche improprie e gravemente offensive dell’autonomia dei giudici della sezione specializzata milanese provenienti da alcune testate giornalistiche, a presidio dell’impegno di tutti i giudici che si dedicano a questa materia con serietà e competenza, a fronte di risorse gravemente carenti, nelle sezioni specializzate di tutto il paese, e a salvaguardia del principio costituzionale che, volendo il giudice soggetto solo alla legge, è garanzia di tutela effettiva dei diritti delle persone.

 

Il Plenum

Nel corso del Plenum del 30 dicembre abbiamo approvato il parere sullo schema di decreto legislativo che reca disposizione per l’adeguamento della normativa nazionale al regolamento UE 2017/1939 istitutivo di EPPO.

L’attuazione della Procura Europea pone sfide ordinamentali e processuali nuove e complesse, con il rischio di torsioni dell’assetto costituzionale della magistratura, delle quali dapprima il CSM, nell’esercizio delle sue prerogative, e poi l’interprete si devono fare carico.

Nel parere è stata evidenziata la giusta centralità che il CSM, nel rispetto delle sue prerogative costituzionali, deve avere nella designazione dei tre candidati italiani al ruolo di Procuratore Europeo, nella designazione dei Procuratori Europei Delegati (ossia coloro che agiranno per il PEC nell’ordinamento italiano), nell’intesa fra EPPO e Governo italiano sul numero dei PED italiani e, infine, sulla ripartizione funzionale e territoriale tra gli stessi.

Nel contempo, il parere dà atto di alcune serie criticità.

Molti sono stati gli interventi che hanno sottolineato le incongruenze e le criticità dell’assetto individuato dal legislatore europeo e nazionale. Noi vi proponiamo, condividendole, le riflessioni che Giuseppe Cascini ha fatto con il suo intervento nel corso Plenum, circa l’evidente disfunzionalità dei criteri con cui è stata pensata e costruita una novità importante come la Procura Europea.

Da quello che mi sembra di capire il legislatore immagina uno o due magistrati che stanno (da soli) nelle procure distrettuali più grandi e si occupano (in via esclusiva) di queste indagini. Non possono essere coadiuvati né sostituiti da nessun collega (chissà se possono almeno andarci a pranzo); hanno il loro personale (che il Procuratore deve fornirgli prendendolo Dio sa dove), ma non si capisce se possono avvalersi delle strutture della Procura: quelle personali, ma anche quelle informatiche. Ad esempio, i fascicoli del PED vanno inseriti al SICP? Le intercettazioni del PED vanno nell’archivio riservato (di cui è responsabile il Procuratore)? Le spese chi le paga? Gli uffici centralizzati che si occupano della scansione dei procedimenti, delle notifiche, del rilascio di copia atti saranno ‘serventi’ anche del PED?
Questi magistrati dovrebbero fare (da soli) le indagini per i reati in danno dell’UE, seguire il dibattimento in primo grado e in appello e poi partecipare anche al giudizio di Cassazione.
È vero che i PED territoriali sono intercambiabili tra loro, perché pur essendo incardinati presso un ufficio giudiziario (anche se non si capisce – come ben evidenziato nel parere – se fanno parte dell’organico dell’ufficio oppure no) hanno competenza su tutto il territorio nazionale e sui tre gradi di giudizio, ma come fanno a parlarsi tra loro, come si coordinano, chi li coordina?
E come fanno a lavorare da soli?
Potrebbe funzionare solo se ognuno di loro facesse uno o al massimo due procedimenti ogni anno, cioè se EPPO scegliesse di occuparsi del fenomeno dei crimini in danno della UE con operazioni di pura facciata.
Se invece provassero ad approfondire un po’ di più i fenomeni criminali che ruotano attorno a questi reati incontrerebbero problemi irrisolvibili per la (inesistente) struttura dei PED. Collegamenti investigativi con altre indagini; doppie intercettazioni; gestione di collaboratori di giustizia; sequestri di prevenzione (richiesti dalla procura ordinaria) che si sovrappongono a sequestri preventivi richiesti dal PED; e potrei continuare all’infinito. E come faranno a gestire le urgenze, anche quelle semplici, ma quotidiane, nei casi di ferie, malattia o più banalmente di assenza dall’ufficio?
Purtroppo, bisogna prendere atto che chi ha partecipato, per l’Italia, alla costruzione di questo progetto non aveva nessuna conoscenza della realtà delle procure e di come funziona l’attività investigativa di questi uffici (forse perché semplicemente non ci ha mai lavorato) ed aveva scarsa conoscenza della complessità degli uffici del Pubblico Ministero italiano dal punto di vista ordinamentale. Per cui il regolamento europeo e la normativa di attuazione dedicano grande attenzione agli aspetti retributivi (e anche a quelli contributivi) del PED, ma non tengono in alcun conto le particolarità del sistema italiano. Questo modello va bene per paesi nei quali il Pubblico Ministero non fa parte dello stesso ordine giudiziario dei magistrati giudicanti, dipende dal potere esecutivo, non è organizzato in maniera diffusa sul territorio. Ma non va bene per noi.
Che fare? Difficile fare proposte oggi alla vigilia dell’avvio delle attività di EPPO. Ma io penso che l’Italia dovrebbe rinegoziare gli accordi e proporre soluzioni che siano più compatibili con il nostro modello ordinamentale. Ad esempio, io credo che i PED dovrebbero essere le procure distrettuali italiane, nella persona del Procuratore della Repubblica (senza però alcuna retribuzione aggiuntiva), il quale dovrebbe potersi avvalere di un gruppo specializzato di sostituti dell’ufficio che si occupa di queste indagini, ma non solo di queste. Le alternative sono o il fallimento di questo (troppo) ambizioso progetto o, peggio, l’inserimento nel sistema ordinamentale italiano di un ‘corpo estraneo’, di una anomalia di sistema – nel senso utilizzato nel linguaggio informatico – che metterà a rischio la stabilità di quella (invece) felice anomalia tutta italiana di un Pubblico Ministero autonomo e indipendente, che sia parte dell’ordine giudiziario e sia democraticamente organizzato come potere diffuso sul territorio nazionale”.

Per chi fosse interessato ad approfondire la questione pubblichiamo il Regolamento UE istitutivo di EPPO, lo schema di Decreto Legislativo del Governo e il parere approvato.

Con questo, che è davvero l’ultimo Diario del 2020, auguriamo a tutti una fine d’anno serena ed un inizio pieno di  energia e di speranza.

Vi racconteremo … buon lavoro e buona settimana

Alessandra, Ciccio, Elisabetta, Giuseppe, Mario