FEBBRAIO
7

Diario dal Consiglio del 7 febbraio 2020

Sono inguaribilmente ottimista e credo che, nonostante tutte le difficoltà, ci sia la possibilità di un futuro migliore per la vita del nostro paese e per la vita delle nostre istituzioni.”

Vittorio Bachelet

 

Con queste parole Vittorio Bachelet nella seduta consiliare del 17 luglio 1978 salutava l’elezione di Sandro Pertini a Presidente della Repubblica.

Le abbiamo ricordate in chiusura di tutti i nostri interventi alle cerimonie di Apertura dell’Anno Giudiziario cui abbiamo partecipato, interventi che, chi fosse interessato, può leggere sul sito del CSM.

All’epoca del barbaro omicidio, compiuto dalle Brigate Rosse il 12 febbraio 1980, era stato eletto al CSM e ne era Vice Presidente.

In quella stagione di follia rivoluzionaria Bachelet venne ucciso in quanto autorità di riferimento dell’intero sistema giudiziario, che le BR colpivano proprio nei suoi uomini più capaci di legittimare, attraverso la lealtà e l’efficacia del loro lavoro, quell’assetto democratico costituzionale che volevano scardinare: di quegli anni 77, 78,79, prima di Bachelet, gli omicidi dei giudici Coco e Occorsio, Croce, Palma, Tartaglione, Calvosa, Alessandrini, e subito dopo, il 19 Marzo 1980, Galli.

Ci piace ricordarlo con le parole che, in occasione del 25˚ anniversario della sua scomparsa, scelse Virginio Rognoni, allora Vicepresidente del Consiglio: “il suo profondo senso dello Stato lo porta al rispetto assoluto dell’altro, al dialogo paziente, con l’aggiunta che la sua fede religiosa, intensamente vissuta, gli consente di presentarsi a tutti sempre con grande serenità quasi per un costante atto di naturale amicizia…, doti che gli permettono, in un momento drammatico per il paese e più direttamente per la magistratura di operare con successo per l’unità sostanziale del Consiglio, pur nella dialettica anche agguerrita che si viveva”, per il contesto esterno, ma anche “perché il nuovo sistema elettorale proporzionale aveva esaltato l’articolazione associativa dei magistrati e la pluralità delle varie posizioni, pluralità che era vista come ricchezza e non come intralcio, ricchezza che forse rendeva più faticosa la ricerca di utili convergenze ma certamente più appagante e persuasiva la sintesi”.

Una testimonianza ancora attualissima della forza irrinunciabile del “dialogo” quale strumento di confronto in una democrazia che voglia preservare se stessa.

 

Il Plenum

Nella seduta di mercoledì in Plenum si è discussa e definita la pratica di terza relativa ai trasferimenti nelle sedi disagiate.

Nel corso del dibattito abbiamo ribadito le nostre perplessità sull’idoneità della legislazione vigente a risolvere i problemi di funzionalità degli uffici in maggiore difficoltà. In particolare, riteniamo poco razionale la individuazione delle sedi disagiate volta per volta, in occasione dei singoli bandi, e troppo “formalistici” i criteri per la dichiarazione di disagio (scopertura superiore al 20% e mancata copertura nell’ultimo bando). Purtroppo il “disagio” è una condizione strutturale di alcuni uffici che da tempo registrano difficoltà nella copertura degli organici, un rilevante turn-over, carichi di lavoro particolarmente pesanti, difficoltà di collegamenti. E non sembra razionale che questi uffici siano dichiarati disagiati un anno sì e l’altro no, a seconda di situazioni contingenti (ad esempio la copertura dei posti di organico con la destinazione di MOT). Né sembra giusto che nello stesso ufficio ci siano colleghi che svolgono le stesse funzioni e patiscono gli stessi “disagi”, ma sono retribuiti diversamente. Per questo abbiamo chiesto che il CSM si faccia promotore di una proposta di riforma del sistema, che preveda:

  1. l’individuazione in maniera stabile delle sedi disagiate sulla base di criteri articolati (tasso di scopertura negli ultimi anni; tasso di turn-over; esito dei bandi ordinari di tramutamento; carichi di lavoro; difficoltà logistiche);
  2. l’attribuzione di benefici economici e di carriera non solo per chi accetta di essere trasferito in una sede di disagiata, ma anche per chi, legittimato al trasferimento, si impegni a rimanervi.

Le perplessità in merito alla razionalità dell’attuale meccanismo ci hanno convinto della bontà dell’interpretazione proposta dalla Terza Commissione in ordine alla legittimazione al trasferimento in una sede disagiata da parte di chi provenga da sede già precedentemente dichiarata disagiata. La legge si limita a prevedere che non possa essere destinato a sede disagiata chi provenga da sede disagiata. La Commissione si è interrogata in merito all’interpretazione di tale norma, in particolare ci si è chiesti se tale limitazione riguardi solo le sedi dichiarate disagiate nel medesimo bando, come sembrerebbe sulla base del tenore letterale della norma, ovvero possa estendersi anche alle sedi dichiarate disagiate negli anni precedenti. La Commissione ha scelto questa seconda interpretazione, in quanto più conforme allo spirito e alle finalità della legge. Ed invero appare piuttosto singolare che lo Stato riconosca un beneficio economico (per la durata di quattro anni) a chi accetti di trasferirsi in una sede e poi l’anno successivo riconosca lo stesso beneficio economico a chi da quella sede va via. Considerando che si tratta di un trasferimento d’ufficio, per il quale gli interessati non fanno domanda, ma solo dichiarano la loro disponibilità, la Commissione ha ritenuto che debba ritenersi prevalente l’esigenza di stabilità della copertura degli organici degli uffici dichiarati disagiati e per i quali lo Stato riconosce un beneficio economico.

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Su proposta della III Commissione, sono state individuate le sedi da destinare ai MOT nominati con DM 12 febbraio 2019, che a fine febbraio 2019 sceglieranno la sede di destinazione. Gli uffici e il numero dei posti sono stati selezionati sulla base delle scoperture di organico, di eventuali situazioni di particolare sofferenza derivanti dagli esiti dei precedenti bandi o dai carichi di lavoro. Nell’ambito dei posti assegnati sono state individuate sedi a copertura necessaria, per le quali sono riconosciuti benefici in occasione dei successivi tramutamenti.

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Su proposta della VII Commissione, all’esito della visita compiuta martedì 4 febbraio presso gli Uffici giudicanti di Catanzaro, è stato approvato un nuovo interpello straordinario per applicazione extradistrettuale di sei mesi a Catanzaro, in ragione delle difficoltà organizzative che l’ufficio sta affrontando e a cui – soprattutto – dovrà far fronte nel settore penale all’esito delle misure cautelari applicate e del prosieguo in sede preliminare e dibattimentale delle indagini compiute nella inchiesta Rinascita-Scott.

Invitiamo ciascuno di voi a valutare con attenzione la possibilità di offrire la propria esperienza per sostenere in questo difficile passaggio i colleghi calabresi, segnalando che, per agevolare le dichiarazioni di disponibilità, la durata dell’applicazione è stata limitata al periodo di sei mesi (rinnovabili su disponibilità) in considerazione della tempistica della presa di possesso da parte dei MOT.

 

Vogliamo sottolineare che tutti i componenti della VII Commissione hanno ritenuto molto utile la visita all’Ufficio di Catanzaro e l’interlocuzione con i colleghi che vi prestano servizio: non solo in ragione degli elementi diretti e concreti di valutazione delle questioni ordinamentali ordinariamente affrontate dalla Commissione che la discussione ha offerto; ma anche perché questo modo di procedere all’istruttoria in casi particolari consente di accorciare le distanze tra l’organo di governo autonomo e i magistrati di uffici in grande difficoltà, le cui motivazioni a rendere un servizio puntuale ed attento, la maggiore vicinanza del Consiglio Superiore può solo rafforzare. Sicché la Commissione intende proporre per il futuro analoghe visite in distretti “difficili”.

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Su proposta della I Commissione, è stata affrontata in Plenum, la questione relativa alla richiesta di un magistrato in tirocinio di proseguire, durante il periodo di tirocinio mirato, il corso di dottorato con borsa di studio, iniziato in precedenza e giunto alla fase di preparazione della tesi, richiesta sulla quale si era espresso sfavorevolmente il Consiglio Giudiziario.

La questione è stata ampiamente dibattuta attraverso numerosi interventi. Da un lato, alcuni hanno ritenuto prevalente nel caso di specie il diritto allo studio e alla formazione scientifica, escludendo che la borsa di studio erogata potesse considerarsi un emolumento. Altri hanno espresso dubbi sulla compatibilità di un tale impegno con quello richiesto al magistrato nella delicata fase del tirocinio mirato (nel corso della quale è massimamente necessario concentrare le risorse nell’apprendimento anche degli aspetti pratici della professione), nonché sulla conformità alle norme vigenti del cumulo tra stipendio e borsa di studio (sul quale vi era parere favorevole dell’Ufficio Studi). Abbiamo aderito alla richiesta, formulata dal Presidente Mammone, di ritorno della pratica in Commissione, per approfondire meglio le tematiche sopra indicate, apparendo necessario anche dettare regole chiare in una materia oggi affidata esclusivamente alle prassi e ai precedenti. La proposta di ritorno in commissione è stata però respinta a maggioranza. L’incarico è stato, quindi, autorizzato, con delibera a maggioranza (votata anche da Alessandra, Ciccio e Mario; Elisabetta e Giuseppe hanno, invece, votato contro).

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È stata, poi, deliberata la nomina di Renato Nitti a Procuratore della Repubblica di Trani. Può, pertanto, pronunciarsi la parola fine in ordine ad una pratica che ben avrebbe potuto trovare tale esito in termini molto più celeri. Il dott. Nitti, dopo essere risultato vittorioso all’esito di un giudizio amministrativo, è stato costretto a adire nuovamente il giudice amministrativo in ottemperanza, atteso che questo Consiglio, con una delibera a maggioranza, adottata in spregio alle proclamate affermazioni di rispetto dei giudicati amministrativi, aveva proceduto nuovamente alla nomina del soccombente dott. Di Maio.

Su proposte unanimi della V Commissione, sono state deliberate le nomine di Alfonso Barbarano quale Presidente di Sezione penale della Corte d’Appello di Napoli e di Antonio Matano quale Presidente della Sezione lavoro della Corte d’Appello di Brescia.

 

I lavori di Commissione

In Quinta Commissione all’unanimità sono stati proposti: Silvia Maria Dominioni Presidente del Tribunale di Sorveglianza di Bari, Domenico Pasquariello Presidente di Sezione penale del Tribunale di Bologna, Laura Vaccaro Procuratore aggiunto di Palermo, Paola Ghinoy Presidente di Sezione lavoro del Tribunale di Milano, candidati tutti che la Commissione, alla luce dei diversi concreti profili in comparazione, ha ritenuto presentare con maggior completezza e pregnanza i requisiti attitudinali richiesti in ragione dell’ufficio e delle funzioni da assegnare.

Infine, con la sola astensione di Mario, è stata proposta a maggioranza Maria Teresa Saragnano quale Presidente di Sezione penale della Corte d’Appello di Roma. Per questa pratica abbiamo proposto la riapertura del bando, in quanto ci pare in contrasto con i principi di buona amministrazione assegnare tale incarico a un magistrato la cui esperienza di giudicante dibattimentale risale a quasi 35 anni or sono, che è stata circa 18 anni fuori ruolo e che non ha mai svolto funzioni di giudice d’appello. Non essendo stata accolta la sua proposta Mario si è poi astenuto dal voto.

 

In Nona Commissione si è avviata una ricognizione degli incarichi internazionali dei magistrati e della loro regolamentazione, anche al fine di procedere alla redazione di una Circolare che renda più coerente l’intero sistema, nonché di valutare le proposte in relazione alle singole posizioni. Infatti, in disparte i casi di incarichi internazionali assimilabili ad incarichi extragiudiziari, che comportano tempi contenuti di espletamento e che quindi sottraggono limitate risorse agli uffici, il problema principale concerne la regolamentazione di quegli incarichi internazionali che comportano la sottrazione totale del magistrato all’ufficio di appartenenza, anche per lunghi periodi. In tale ambito – ed esclusi i casi espressamente disciplinati dalla legge, essendovi una normativa assai complessa, variegata e stratificata – le tre categorie di regolamentazione in essere sono: il conferimento di incarico internazionale con esonero totale o parziale dall’attività giudiziaria (che comporta la permanenza del magistrato nel posto in ruolo a lui assegnato); il collocamento fuori ruolo (con conservazione del trattamento economico da parte dello Stato italiano); il collocamento in aspettativa senza assegni ex art. 23-bis D.Lg. 165/2001, cui consegue il collocamento fuori ruolo (con perdita del trattamento economico da parte dello Stato italiano). Le problematiche connesse a tali scelte attengono:

a)     alla necessità di garantire la funzionalità degli uffici di provenienza, atteso che solo al collocamento fuori ruolo e aspettativa senza assegni consegue la “liberazione” del posto occupato dal magistrato, con conseguente possibilità di copertura del medesimo, mentre l’esonero totale depriva stabilmente l’ufficio di provenienza di un magistrato senza possibilità di sostituzione;

b)      al trattamento economico del magistrato, anche al fine di evitare doppie retribuzioni, di talché la valutazione della formula adottabile deve essere attentamente compiuta in relazione alla natura e alla regolamentazione, anche economica, dell’incarico internazionale conferito.

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Vi salutiamo augurando a tutti una buona settimana ... Vi racconteremo…!

Alessandra, Ciccio, Giuseppe, Elisabetta, Mario