La seduta del CDC del 21 e 22 ottobre si è incentrata, in particolare, sulle iniziative da adottare a tutela della giurisdizione e dei colleghi colpiti, negli ultimi giorni, da pesanti attacchi, anche sul piano personale, a seguito dell’adozione di decisioni in materia di protezione internazionale sgradite ad alcuni esponenti del Governo e della maggioranza politica che lo sostiene.

Come è noto, il 29 settembre 2023 una giudice della Sezione specializzata in materia di protezione internazionale del Tribunale di Catania, la collega Iolanda APOSTOLICO, non ha convalidato un decreto del Questore di Ragusa di trattenimento di un cittadino straniero richiedente asilo.

Nei giorni immediatamente successivi esponenti di Governo hanno accusano quella giudice e la magistratura italiana tutta di essere “nemici della sicurezza della […] nazione” e “un ostacolo alla difesa dell’ordine pubblico”.

In difesa della collega e dell'esercizio della giurisdizione sono intervenuti, nell’immediatezza, sia il Presidente dell’ANM Giuseppe SANTALUCIA, sia la GES di Catania, che ha emesso un comunicato che è stato ripreso e affiancato dai comunicati di altre 25 GES. In molti distretti, inoltre, nel corso delle tre settimane che hanno preceduto la seduta del CDC, si sono svolte assemblee molto partecipate, all’esito delle quali sono stati adottati documenti di netta critica della grave invasione di campo operata da una parte della politica nei confronti della giurisdizione. Inoltre, 13 consiglieri togati del CSM hanno chiesto l’apertura di una pratica a tutela della collega Apostolico, la cui discussione inizierà proprio nella giornata odierna.

In piena sintonia con i deliberati delle GES, abbiamo ritenuto doveroso difendere la giurisdizione da attacchi tanto violenti quanto pretestuosi.

E lo abbiamo fatto sia intervenendo nel dibattito, sia proponendo una mozione il cui contenuto, soprattutto con riferimento alle iniziative da intraprendere, è trasfuso nel documento approvato dal CDC a larga maggioranza e con il voto dei componenti di tutti i gruppi ad esclusione di quelli di Magistratura Indipendente, i quali, al pari dei 7 togati del CSM dello stesso gruppo che sono gli unici a non aver firmato la pratica a tutela, si sono smarcati, non votando il documento unitario a sostegno della collega Apostolico, ma insistendo per l’approvazione di un diverso documento, da loro proposto, nel quale si riconosceva “pari efficienza causale”, rispetto agli attacchi personali subiti dai magistrati, alla “diffusa mancanza di prudenza, anche da parte di appartenenti all’ordine giudiziario, nell’evitare condotte quantomeno inopportune, nell’utilizzo dei social media e nelle scelte relative alle modalità con cui manifestare il proprio pensiero”.

A questo maldestro tentativo di far dire all’ANM che i violenti attacchi alla giurisdizione, da un alto, e ciò che è niente più che un pretesto, dall’altro (Giuseppe Santalucia, nel suo intervento, ha giustamente rievocato la fiaba del lupo e dell’agnello), meritassero di essere messi sullo stesso piano, in quanto dotati di pari efficienza causale, abbiamo reagito con la dovuta fermezza, denunciando il fatto che, in momenti come questo, ricorrere ai soliti “sì, ma anche” è un'operazione che rischia di giustificare la delegittimazione dei magistrati sgraditi.

Nei nostri interventi (vedi i link in calce) abbiamo rappresentato ai colleghi di MI, impegnati in rocamboleschi richiami ad un self-restraint nell’uso dei social e più in generale nella vita di tutti i giorni (tema importantissimo di cui si occupa anche il nostro Codice Etico e sul quale l’ANM, in passato e a più riprese, ha già svolto una importante riflessione che riprenderemo nel prossimo congresso nazionale), che in un momento come questo un’operazione di questo tipo serve solo a spostare il focus della discussione e legittimare gli attacchi alla giurisdizione a cui abbiamo assistito negli ultimi giorni, la cui genesi non va pretestuosamente ricercata nella presenza, risalente a più di 5 anni fa, della collega Apostolico sul molo di Catania nel corso di una manifestazione spontanea di cittadini che invocavano la cessazione di una presunta condotta delittuosa, ma nel fatto che lei, per prima, ha disapplicato una norma voluta dal Governo, perché l’ha considerata incompatibile con norme di rango superiore. E lo stesso vale per altri colleghi che si occupano di protezione internazionale, vittime di gravi attaccati a mezzo stampa perché rei di avere, in passato, partecipato a convegni o scritto articoli scientifici in cui hanno manifestano preferenza per un’opzione interpretativa, tra le diverse astrattamente possibili, da cui si è cercato di desumere un pregiudizio ideologico nei confronti di alcune scelte legislative in materia di immigrazione che ne avrebbero condizionato l’operato di giudice.

Siamo convinti, e lo abbiamo ribadito con determinazione, che il richiamo ad una “pari efficienza causale” (a cui si faceva riferimento nel documento di MI) se, nella migliore delle ipotesi, è espressione di una incapacità di cogliere la gravità di quello che sta accadendo, rischia, in ogni caso, di fare il gioco di chi, in questo momento, ha bisogno di attaccare la magistratura, additandola agli occhi della collettività come un “nemico della Nazione”, per preparare il terreno a riforme costituzionali con cui si vorrebbe ridisegnare l’assetto della giurisdizione per limitare le prerogative della magistratura a scapito della tutela dei diritti di tutti i cittadini.
In altre parole, con il documento approvato a larga maggioranza dal CDC, con cui l’ANM:

  1. conferma lo stato di agitazione già deliberato sui temi dell'indipendenza e dell'autonomia della magistratura;
  2. chiede al Garante per la protezione dei dati personali di adottare tutte le opportune iniziative a tutela dei magistrati che sono stati e che saranno oggetto di intrusioni indebite nella loro vita privata in conseguenza del contenuto dei loro provvedimenti;
  3. chiede al Ministro della Giustizia di precisare il contenuto e le finalità del mandato conferito agli ispettori in merito ad un magistrato del Tribunale di Catania;
  4. delibera ai sensi dell’art 14 co 1 dello Statuto la convocazione dell’assemblea generale, che si svolgerà a Roma il 26 novembre;
  5. delibera che la predetta assemblea abbia all’ordine del giorno gli attacchi alla giurisdizione e la pesante denigrazione dei singoli magistrati che hanno adottato provvedimenti in materia di protezione internazionale;
    abbiamo voluto rivendicare il diritto di ogni magistrato di essere giudicato per come esercita le funzioni giudiziarie e non per il colore dei calzini che indossa.

È lo stesso ordinamento che, nel prevedere la possibilità di impugnare i provvedimenti giudiziari, riconosce la possibilità che un magistrato, nell’esercitare le sue funzioni, possa commettere un errore. Non a caso esistono tre gradi di giudizio.

Quello che però non è accettabile è che per colpire un giudice autore di una sentenza sgradita si dia vita ad un’attività di dossieraggio e di profilazione, accompagnate da forme di bullismo mediatico che sembrano avere come unico obiettivo quello di intimidire l’intera magistratura e di dare un segnale a tutti quei magistrati che in futuro dovessero trovarsi ad emettere provvedimenti sgraditi alla maggioranza politica del momento.

È contro questa operazione che abbiamo manifestato il nostro dissenso e continueremo a farlo a partire dall’assemblea generale del 26 novembre.

A seguire i nostri contributi alla discussione del CDC di sabato 21 ottobre.