MARZO
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Diario dal Consiglio del 16 marzo 2024

Riabilitazione, ecco la procedura per ottenerla

La legge n. 71 del 2022 (cd legge Cartabia) ha aggiunto l’art. 25-bis al d.lgs. n. 109 del 2006, così introducendo nel nostro ordinamento l’istituto della riabilitazione disciplinare, sollecitato da una pronuncia della Corte Costituzionale risalente al 1992 e dalla delibera del CSM 31 maggio 2017.

La norma primaria prevede la possibilità che, su domanda del magistrato interessato, sia dichiarata la perdita di efficacia delle condanne disciplinari lievi (ammonimento e  censura), al ricorrere di due condizioni: il decorso del tempo (3 anni per l’ammonimento o  5 anni per la censura) e il positivo percorso professionale attestato, successivamente al passaggio in giudicato della pronuncia disciplinare, da una ordinaria valutazione di professionalità o, qualora  la definitività della condanna intervenga dopo il conseguimento della settima valutazione di professionalità, da una valutazione compiuta con una procedura ad hoc.

Nel Plenum del 14 marzo 2024 è stata licenziata all’unanimità la circolare che, in attuazione dell’art. 11, comma 4, l. 71/2022, stabilisce “le forme e i modi per l’accertamento delle condizioni per la riabilitazione” e il procedimento di riabilitazione.

Vengono disciplinate la presentazione della domanda (art. 1), le condizioni per la riabilitazione (art. 2), la procedura per la valutazione del successivo percorso professionale del magistrato che abbia già conseguito la settima valutazione (art. 3) e, da ultimo, la definizione del procedimento innanzi alla sezione disciplinare (art. 4).

La circolare stabilisce che la valutazione di professionalità utile ai fini riabilitativi deve avere esaminato anche i fatti che hanno formato oggetto della pronuncia disciplinare e che, nel caso essa sia negativa o non positiva (magari proprio per il vaglio su quei fatti), dovrà essere accompagnata dalla valutazione positiva immediatamente successiva, in mancanza della quale la riabilitazione non potrà essere concessa. Si tratta di una disposizione che consente di ancorare temporalmente la riabilitazione al periodo successivo alla vicenda che ha dato luogo al disciplinare senza però eludere la ratio della disciplina, tesa a valorizzare il recupero di professionalità a seguito dell’incidente disciplinare.

Si chiarisce, poi, che il procedimento di riabilitazione ha natura giurisdizionale (poiché tale è il carattere del provvedimento sanzionatorio), sicché è rimessa alla giurisprudenza della sezione disciplinare l’individuazione dell’effettivo perimetro di valutazione della pronuncia, al di là della condizione strettamente temporale indicata dal legislatore e della valutazione di professionalità conseguita dal magistrato successivamente alla condanna definitiva.

Quanto al procedimento di riabilitazione, potrà essere svolta attività istruttoria o  rendersi necessaria una sospensione della procedura disciplinare, per instaurare l’iter di valutazione del successivo percorso professionale del magistrato quando quest’ultimo abbia già conseguito la settima valutazione (iter che ricalca quello della valutazione di professionalità quadriennale). In caso contrario, ben potrà il procedimento, attivato dalla domanda dell’interessato corredata dalla sentenza disciplinare definitiva e dalla successiva valutazione di professionalità positiva, svolgersi in camera di consiglio non partecipata.

Va evidenziato che, così come riferisce la relazione illustrativa, la pronuncia di riabilitazione incide unicamente sul versante della sanzione, per cui vengono meno esclusivamente gli effetti della condanna (es. ai fini delle nomine ad incarichi direttivi e semidirettivi), mentre l’illecito in sé permane. Di conseguenza, il fatto storico potrà continuare essere preso in considerazione nell’ambito dei procedimenti amministrativi che il Consiglio si trovi a trattare a diversi fini nei confronti dello stesso magistrato.

Francesca Abenavoli, Marcello Basilico, Maurizio Carbone, Geno Chiarelli, Antonello Cosentino, Tullio Morello

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