Quell’estate del 1960

Il 14 maggio 1960 il Movimento sociale italiano annuncia che il Congresso del partito si terrà il 2 luglio a Genova, città decorata con la medaglia d’oro alla Resistenza. La guerra è finita da soli quindici anni, tutti hanno ancora nella mente i ricordi delle sofferenze, negli occhi le facce di chi le ha provocate. Alla manifestazione di protesta, il 30 giugno, le forze dell’ordine, dopo un inutile tentativo di disperdere la folla con gli idranti, decide di caricare i manifestanti inseguendoli con le camionette nelle vie intorno a Piazza De Ferrari. Vengono sparati colpi di armi da fuoco.

Il 5 luglio 1960 a Licata, braccianti e operai si uniscono in una manifestazione contro la grave crisi economica e la cronica mancanza di acqua. Polizia e carabinieri caricano il corteo e sparano contro chi lo compone, uccidendo Vincenzo Napoli, che, così si racconta, cercava di difendere un bambino malmenato dai poliziotti. Vincenzo Napoli sarà il primo morto di quel terribile luglio di tensione politica e violenza ingiustificata.

Il 6 luglio, nonostante l’espresso divieto, i romani scendono per strada per protestare contro i fatti di Genova e Licata e si trovano accerchiati dai carabinieri a cavallo.

Lo stesso giorno, la Camera del Lavoro di Reggio Emilia indice, per il 7 luglio, uno sciopero generale provinciale. Sin dalla mattina, in quella che allora si chiamava Piazza della libertà si forma un corteo imponente che si dirige al comizio all’interno della Sala Verdi e, intonando canzoni di lotta, sfida il divieto di manifestazioni all’aperto. Ad un certo punto, la piazza viene invasa da poliziotti e carabinieri, che caricano in maniera scomposta con getti d'acqua e lacrimogeni, ingaggiando caroselli con le camionette. Respinti dagli oggetti lanciati dalla gente in fuga, le forze dell'ordine impugnano le armi da fuoco e cominciano a sparare ad altezza d'uomo.

Sebbene sembri ancora oggi incredibile, questo è un fatto, un fatto certo. Molti dei presenti testimoniarono di raffiche di mitra sparate a bruciapelo. Gli edifici e le vetrine che si affacciavano su piazza della Libertà e sull’attigua piazza Cavour risultarono crivellati dai proiettili. Un commesso, che aveva portato in negozio un magnetofono per registrare il comizio sindacale, si ritrovò, quasi per caso, a incidere 35 minuti di urla e spari.

Muoiono Lauro Farioli, Ovidio Franchi, Marino Serri, Afro Tondelli, Emilio Reverberi.

L’8 luglio, a Palermo, si celebra lo sciopero generale proclamato dalla CGIL per i fatti di Reggio Emilia. Negli scontri con la polizia rimangono uccisi Francesco Vella, Giuseppe Malleo, Andrea Gancitano, Rosa La Barbera. Sempre l’8 luglio, a Catania, Salvatore Novembre viene ucciso da un colpo sparato dalla polizia.

La giovane Repubblica trema: stanno succedendo fatti incredibili, che ricordano anni che si pensava ormai passati per sempre, cosa potrà succedere ancora? Il 19 luglio, Tambroni comunica le sue dimissioni al Presidente della Repubblica: la democrazia ha retto l’urto, ma ha perso l’innocenza.

E allora, noi siamo liberi di manifestare e di protestare e, in questo atto, non ci aspettiamo di essere destinatari di violenza. È naturale, come respirare? No, la libertà è una conquista, che va insegnata attraverso la memoria di chi non c’è più, e va protetta, giorno dopo giorno, come qualcosa di prezioso.

Camilla Sommariva

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Se non ritorna, forse non è passato.

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