Area democratica per la giustizia è un’associazione di magistrati che sono convinti che la giurisdizione, come gli altri poteri dello Stato, debbano attuare non solo le norme ma anche i valori espressi nella nostra Costituzione. Il sistema del governo autonomo della magistratura, tutelando la autonomia e l’indipendenza dei magistrati, serve proprio a garantire la funzione che la Carta assegna alla giurisdizione. La magistratura ed il suo governo autonomo vivono un periodo difficile, schiacciati fra il revanscismo della politica e la difficoltà di fare giustizia nell’epoca dei “poteri selvaggi” che sfuggono alla sovranità nazionale e rispondono solo all’interesse di chi li esercita. Conosciamo i limiti ed i difetti del potere giudiziario e di chi lo amministra ma siamo certi che, se non ne fosse garantita l’autonomia ed l’indipendenza, le prime vittime sarebbero i cittadini più indifesi. Per ragionare su questi temi, ed anche altro, ospitiamo sul sito di Area DG una nuova rubrica, che sarà poi meglio strutturata nelle prossime settimane.
Giovanni Ciccio Zaccaro
La nomina di un Procuratore della Repubblica e l’attenzione della politica come si conciliano con l’autonomia della giurisdizione da ogni potere ed interferenza esterna?
Vi ricordate dell’Hotel Champagne?
Vi ricordate dell’Hotel Champagne? Quell’albergo di terz’ordine che ha dato il nome ad uno degli scandali più gravi della storia della Magistratura e del CSM?
Li in piena notte un gruppetto di consiglieri si riuniva per decidere assieme alla politica e a qualche magistrato che gestiva un ruolo di mediazione, quali dovessero essere i candidati più idonei a garantire che le Procure, ove sarebbero stati dislocati, avessero, secondo le previsioni dei richiedenti, l’atteggiamento più attento nella gestione di specifici importanti procedimenti giudiziari che chiamavano in causa politici di primo piano.
E c’era tra gli interlocutori anche chi, avendo appreso che l’allora Procuratore di Firenze rischiava di rimanere fuori dal giro di poltrone, chiedeva che venisse comunque rimosso per essere destinato ad altro incarico, affinché i processi che interessavano, gestiti allora ed oggi da quell’ufficio, fossero proseguiti con minor impegno e maggior tolleranza.
Quello che è successo ieri al Csm sulla nomina del Procuratore di Firenze dimostra che le istanze più opportunistiche di certa politica oggi trovano attenzione e riscontro nell’emiciclo dove vengono prese le decisioni. Alla luce del sole e senza notti insonni.
Accade infatti che nel confronto tra più candidati, a prescindere dai loro effettivi intendimenti, uno venga prescelto ipotizzando un suo ruolo di moderatore delle azioni giudiziarie già intraprese dall’ufficio, quelle che più disturbano i sonno di certa politica, e l’altro venga inteso come acceleratore.
E che su questa percezione, sganciata dalla realtà, e non sui titoli specifici dei contendenti, si aggreghi il consenso dei componenti del CSM. Candidati valutati non per ciò che sono e che hanno fatto ma per ciò che si presume faranno una volta assunta la carica.
Un fattoide che diventa fatto e verità e che muove in senso opposto le varie anime del CSM, aggregando un fronte compatto di laici espressi dalla maggioranza e di segmenti conservatori della magistratura, animati dalla ferma intenzione di mostrarsi affidabili interlocutori dei primi, verso uno dei candidati. E inducendo persino il Vice Presidente del CSM, il cui voto vale doppio, ad intervenire nell’agone, violando una prassi costante, seguita da predecessori ben più addentro alle dinamiche politiche quotidiane, per far spostare definitivamente la bilancia in favore di chi si suppone, senza peraltro alcun elemento di fondatezza, possa amministrare l’ufficio in modo più “avveduto”.
E’ l’ingresso della politica politicante e dei suoi interessi più inconfessabili all’interno dell’organo di governo autonomo dei magistrati. Non più passando dalla porta posteriore degli accordi notturni ed inconfessabili, ma dall’ingresso principale, con calpestio di tappeti rossi ed osservanza fedele del cerimoniale.
Ma non è questo il CSM che i magistrati vogliono. Non è per arrivare a questo che abbiamo protestato contro lo scandalo dell’Hotel Champagne. Non è questo il risultato al quale volevamo arrivare operando per un profondo rinnovamento etico dell’associazionismo e del Consiglio. Contro questa nuova edizione dell’interferenza politica sul CSM e sulla indipendenza della magistratura dobbiamo continuare a protestare ed a reagire. Chiedendo conto a chi ha piegato la sua funzione a logiche esterne e intervenendo immediatamente sulla ridefinizione del ruolo del Procuratore della Repubblica, oggi fornito di straordinari poteri, sganciati da qualsiasi responsabilità; ruolo che ogg costituisce il vero punto debole dell’autonomia della giurisdizione da ogni potere ed interferenza esterna.
Area democratica per la giustizia è un’associazione di magistrati che sono convinti che la giurisdizione, come gli altri poteri dello Stato, debbano attuare non solo le norme ma anche i valori espressi nella nostra Costituzione. Il sistema del governo autonomo della magistratura, tutelando la autonomia e l’indipendenza dei magistrati, serve proprio a garantire la funzione che la Carta assegna alla giurisdizione. La magistratura ed il suo governo autonomo vivono un periodo difficile, schiacciati fra il revanscismo della politica e la difficoltà di fare giustizia nell’epoca dei “poteri selvaggi” che sfuggono alla sovranità nazionale e rispondono solo all’interesse di chi li esercita. Conosciamo i limiti ed i difetti del potere giudiziario e di chi lo amministra ma siamo certi che, se non ne fosse garantita l’autonomia ed l’indipendenza, le prime vittime sarebbero i cittadini più indifesi. Per ragionare su questi temi, ed anche altro, ospitiamo sul sito di Area DG una nuova rubrica, che sarà poi meglio strutturata nelle prossime settimane.
Giovanni Ciccio Zaccaro