Un passo avanti da fare insieme
Lavoro al Tribunale di Modena e mi sono a lungo impegnato nella vita associativa, anche nell’Associazione Nazionale Magistrati.
Negli ultimi 4 anni mi sono dedicato prevalentemente al lavoro presso la sezione penale che presiedo e allo sforzo, condiviso con gli altri colleghi del dibattimento, di riportarla ad un livello almeno sufficiente di risposta all’elevata domanda di giustizia locale.
Ho accettato adesso la candidatura per il nuovo coordinamento nazionale perché questo è un passaggio decisivo per Area Democratica per la Giustizia, di cui per prima cosa mi piace il nuovo nome, che ci definisce meglio e che ci apprestiamo ad approvare.
Dobbiamo infatti fare insieme un passo avanti.
Nella direzione che ci indicano in primo luogo i giovani magistrati, cui opportunamente abbiamo dato uno spazio adeguato di parola nell’assemblea di Area tenutasi a Roma nel novembre scorso, e che ci è stato chiesto in questo congresso dalla collega Nadia Caruso nel suo intervento di ieri sera, quando ormai eravamo rimasti in pochi a sentirla.
Dobbiamo a Nadia alcune risposte per vincere le perplessità che finora l’hanno indotta a non iscriversi ad Area Democratica per la Giustizia.
La prima risposta è che vogliamo il ritorno al concorso di primo grado per l’accesso in magistratura per le ragioni che ha spiegato bene Lucia Spirito nel suo intervento congressuale di venerdì e che formano anche oggetto di una mozione in questa assemblea.
La seconda risposta è che dobbiamo essere come magistrati all’altezza della sfida di sviluppare nei giovani colleghi le giuste aspettative nella fase iniziale del loro e nostro difficile e bellissimo lavoro; essere esempi professionalmente e moralmente affidabili nell’esercizio della giurisdizione e nel modo in cui organizziamo gli uffici, a cominciare dalla tabelle; consentire loro di formarsi in un contesto che non chieda immediatamente numeri, ma soprattutto consapevolezza e qualità nel dire il diritto.
La terza e non ultima risposta è che dobbiamo porci seriamente, nell’interesse della difesa del valore dell’indipendenza della magistratura, il problema della credibilità dell’autogoverno e della prevedibilità delle sue decisioni (tema trattato su un piano generale nell’intervento congressuale del prof. Ferrari) nel cruciale settore delle nomine dei dirigenti.
Occorre in proposito costituire per il prossimo Consiglio Superiore della Magistratura un rapporto di responsabilità politica tra i nuovi eletti in CSM e Area Democratica della Giustizia, il suo coordinamento e i suoi iscritti.
Dobbiamo ancor prima optare per la massima trasparenza delle procedure in seno al CSM e, quanto alla sostanza, per una piccola ma rivoluzionaria scelta, anche fra noi magistrati, nel senso del valore del merito, sempre; chiedendo a chi si candida per il Consiglio di rispettarla.
Nella costruzione di questo percorso di responsabilità politica il nuovo coordinamento dovrà a mio avviso essere capace (magari appoggiandosi ad un apposito gruppo di lavoro e sapendo raccogliere le sollecitazioni degli iscritti) di proposte innovative per il prossimo CSM e di incidere sul percorso di selezione delle candidature, perché chi si candida sia il rappresentante di tutti noi e non solo e, comunque prima, del territorio che lo propone o dell’insieme delle persone che lo hanno votato nelle primarie.
Nel minuto che resta dei cinque a mia disposizione vorrei raccontarvi un episodio.
Abbiamo anche in questo congresso ricordato i 25 anni dalla morte di Giovanni Falcone.
L’episodio lo riguarda.
Ebbene mi trovai a suo tempo a partecipare al Consiglio nazionale di Magistratura Democratica nel quale si discusse a lungo della posizione da assumere in CSM sulla scelta del capo dell’Ufficio istruzione del Tribunale di Palermo, tra Falcone e Meli.
Il contesto ordinamentale era molto diverso da quello attuale e c’erano, se ben ricordo, 16 anni di anzianità di differenza tra i due candidati.
Più d’uno intervenne in quel dibattito a favore della proposta di Falcone per le sue straordinarie capacità che avevano contribuito a cambiare i processi di mafia.
Ad un certo punto prese la parola Pino Borrè che, senza mettere in discussione i particolari meriti del collega, manifestò le sue perplessità per il rischio che si correva di cadere in una logica bonapartista, di fare come Napoleone che promuoveva generali sul campo i tenenti che si erano distinti in modo speciale in battaglia.
Borrè disse di preferire la certezza democratica delle regole, rispetto alla quale non voleva si creasse un precedente pericoloso, e la sua opinione fu decisiva nelle scelte dell’assemblea.
Sapete poi come andò a finire in CSM.
Quanto a MD, Giancarlo Caselli votò per Falcone; altri votarono diversamente.
(Forse) commettemmo allora un errore di merito.
Ma io vorrei che Area Democratica per la Giustizia sapesse ripartire nelle scelte da prendere per il prossimo CSM da questo livello di approfondita e condivisa discussione, basata sulle norme e sui principi, e non su criteri personali.
Facciamolo insieme.