Comunicato

Contagi triplicati. Subito vaccini in carcere

In un luogo in cui il distanziamento non è possibile, la vaccinazione è indispensabile. 150.000 dosi sarebbero sufficienti a tutelare il personale e i detenuti, soggetti verso i quali lo Stato ha un preciso obbligo di garanzia

I dati recentemente diffusi dal Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria sui contagi da coronavirus nella seconda ondata della pandemia all’interno delle carceri appaiono allarmanti e tali da richiedere immediati interventi, anche attraverso l’inserimento dei detenuti e del personale di polizia e civile operante in carcere tra le categorie destinatarie in via prioritaria delle vaccinazioni.

Nonostante gli sforzi messi in atto in questi mesi dal DAP, i dati segnalano che nella seconda ondata della pandemia i casi di contagio sono triplicati e negli ultimi giorni si è registrata un’impennata: a Bollate dai 36 contagi del 7 gennaio si è passati ai 109 di qualche giorno fa; a San Vittore da 17 contagiati del 7 gennaio scorso si è registrato un incremento in misura pari a 59 contagiati, mentre preoccupano i dati in crescita in varie carceri italiane. Allarmanti sono pure i numeri dei contagiati tra la Polizia penitenziaria.

La misura principe per arginare la pandemia, ossia il distanziamento sociale, non è chiaramente praticabile in carcere e il sovraffollamento carcerario, pur ridottosi rispetto alla prima ondata, resta tuttora alto con oltre 3.500 esuberi.

La pandemia rende il carcere un luogo insicuro e aggrava la condizione di isolamento e marginalità, perché i rapporti con l’esterno sono fortemente limitati: sono sospese le attività di volontariato e di formazione professionale, la stessa DAD è difficilmente praticabile. La pandemia limita anche la quantità e la qualità dei colloqui con i familiari, perché, pur proseguendo, essi sono resi più difficili dalle limitazioni generali, che precludono o complicano gli spostamenti, e meno agevoli per l’esigenza di assicurare il rispetto delle norme sanitarie.

La vaccinazione delle persone detenute e del personale dipendente, che riguarda un numero complessivamente contenuto di destinatari, pari a circa 150.000 persone, sarebbe il miglior strumento di tutela della salute e della sicurezza in carcere di persone verso le quali lo Stato ha un preciso obbligo di garanzia, a maggior ragione verso chi, privato della libertà, non può liberamente disporre e decidere in ordine alla tutela della propria vita e della salute.

 

20 gennaio 2021