Gravi perplessità sulle nuove proposte del Governo
Il 3 agosto la Presidenza del Consiglio dei Ministri ha divulgato il testo di uno schema di Disegno di Legge per la riforma dell’Ordinamento Giudiziario nel quale sono state inserite anche nuove previsioni sul sistema elettorale per il rinnovo del CSM.
Abbiamo ritenuto di predisporre, anche in relazione a questa proposta, una scheda illustrativa volta a sintetizzarne il contenuto e a valutarne i vantaggi e gli svantaggi. Aggiungiamo ad essa alcune considerazioni “a caldo” che ci sembrano utili perché il testo che è stato diffuso contiene alcune variazioni significative rispetto alle bozze circolate per più di un anno e su alcune di queste variazioni è opportuno soffermarsi.
Appare evidente, fin dalla prima lettura, che la proposta tenta di affrontare il tema dell’equa rappresentanza di genere. Introduce, infatti, il voto a preferenza multipla (fino a quattro preferenze) purché di genere diverso e alternato.
Tale soluzione, funzionale all’obiettivo solo nel primo turno, ma improduttiva di effetti nel secondo turno (che potrebbe vedere assegnati tutti i collegi uninominali a candidati di un solo genere), si presta a potenziare gli aspetti meno nobili dei gruppi associativi e potrebbe indurli ad accordi per ottenere l’elezione nei diversi distretti di questo o quel candidato. Il rischio è, insomma, che i distretti finiscano per essere scambiati come figurine. L’obiettivo di riavvicinare l’organo di autogoverno al corpo della magistratura e contrastare il “correntismo” sarebbe quindi clamorosamente mancato.
Un’altra novità della proposta è rappresentata dalla previsione di un numero minimo di dieci candidati per ciascun collegio elettorale. Se non conseguito spontaneamente, questo numero minimo sarebbe raggiunto sorteggiando, tra i magistrati eleggibili del collegio elettorale, tanti candidati quanti sono quelli mancanti.
Ad una prima valutazione, l’imposizione di un numero minimo di candidati sembra contrastare con la scelta in favore di un forte frazionamento dell’elettorato (diviso in ben diciannove collegi). Tale opzione – per altro verso da noi già criticata – sembrava dover trovare giustificazione nell’esigenza di favorire candidature spontanee, e indipendenti dalle correnti, attraverso un riavvicinamento dell’elettorato ai candidati, ottenuto, appunto, con la previsione di piccoli collegi. L’esigenza di fissare anche un numero minimo di candidati, non appare coerente con questa scelta e non se ne comprende la ragione.
A questo si aggiunge la designazione per sorteggio delle candidature non presentate spontaneamente, che certo non favorisce il confronto tra diverse linee di pensiero, non arricchisce la competizione elettorale e, a ben guardare, non amplia neppure le possibilità di scelta degli elettori. Le modalità di presentazione delle candidature, infatti, sono particolarmente agili e consentono di candidarsi a chiunque, anche se non sostenuto da un gruppo organizzato. In tale contesto chi, non avendo deciso di candidarsi, fosse poi sorteggiato, rischierebbe di non apparire interessato e motivato e perderebbe, per ciò solo, capacità attrattiva. La sua presenza tra i candidati, dunque, non aggiungerebbe nulla alla competizione che rimarrebbe concentrata sulle candidature presentate e non sorteggiate.
Siamo quindi di fronte ad una soluzione che pone più problemi di quanti ne risolva e mantiene in campo, seppur con modalità differenti e di minor impatto sul sistema, il tema del sorteggio. Un tema che auspichiamo possa essere presto completamente abbandonato perché svilisce e umilia la magistratura e, anche in questa nuova forma, appare di incerta legittimità costituzionale.
7 agosto 2020