L’amministrazione della giustizia: il ruolo del CSM, le buone prassi ed i protocolli di collaborazione tra uffici giudiziari ed enti

di Antonello Ardituro, Caterina Interlandi Domenico Pellegrini, Angelica Scozia

1. L’apertura al territorio e alle partnership: dalla necessità alle opportunità

Negli ultimi anni si è verificata una forte apertura degli uffici giudiziari nei confronti di enti, pubblici ma in parte anche  privati,  e delle altre istituzioni,  operanti nei circondari e nei distretti nonché verso il mondo dell’avvocatura con la costruzione, spesso, di vere partnership: si tratta di un vero mutamento culturale, di un cambiamento di prospettiva nell’operare dell’autorità giudiziaria, e di un nuovo modo di lavorare.

Tale innovazione ha in realtà radici antiche e costituisce l’ultima declinazione del concetto di giustizia come servizio per la società che la magistratura progressista ha sempre coltivato ed infuso nel patrimonio culturale della magistratura tutta.

Già dai tempi del congresso di Gardone (1965), con il rifiuto della «concezione che pretende di ridurre l’interpretazione della legge ad una attività puramente formalistica indifferente al contenuto e all’incidenza concreta della norma nella vita del paese» la magistratura aveva indicato la strada con cui definire il vero ruolo della giurisdizione. Proprio tale concezione della giurisdizione portava ad aprire il confronto agli avvocati, ai professori ed al mondo politico sul tema dell’Uguaglianza dei cittadini e la giustizia (Trieste 1970) e successivamente a riflettere sulla  questione della funzionalità dell’apparato giudiziario e al collegamento tra questione dell’efficienza e valori della giurisdizione (“Strutture giudiziarie e politica delle riforme” - Bari 1976).

In anni molto successivi, in un momento politico e sociale molto diverso, quando la magistratura si trovava a dover gestire le conseguenze del referendum sulla responsabilità civile, ed era soggetta al suo interno a forti spinte di chiusura corporativa, non si rinunciava  (Congresso di Genova 1987)  a sottolineare con forza che il risultato del referendum era anzitutto il segno della condanna da parte dei cittadini delle lentezze e delle inefficienze della giustizia italiana. A tale sottolineatura seguiva un piano di interventi urgenti proposto dalla ANM nel 1988 per ridare funzionalità alla giustizia, piano che peraltro non trovava adeguato riscontro in sede politica.

A tale riflessione interna si affianca, a partire dagli anni 90, una riflessione esterna, soprattutto europea, sul rapporto tra giurisdizione e società. In alcuni Paesi europei, già dalla fine degli anni ’80, si fa spazio l’idea che anche l’amministrazione della giustizia debba "rendere conto" rispetto ai criteri di efficienza e qualità del servizio erogato ai cittadini [Le “service public de la justice”, un concept nouveau, 1989]; emergono nuovi linguaggi, concetti e metodologie per analizzare l’organizzazione  di tutta l’Amministrazione, e quindi anche del sistema giustizia, e misurarne l’efficienza e l’efficacia [influenza del “New Public Management”]. Tale movimento culturale trova approdo in standard e raccomandazioni a livello europeo [Istituzioni e network (Eurojust, ENCJ, ecc.)]

La questione organizzativa, fin dai primi anni 90 ma  soprattutto tra  la fine degli anni '90 e l'inizio del 2000 diventa la “questione” del sistema giudiziario: se non è più in discussione il ruolo della giurisdizione nella tutela dei diritti diventa oggetto di attenzione la non effettività di tale tutela.

A rendere così centrale tale questione nel dibattito politico è la sommatoria di vari fattori endogeni e esogeni al mondo giudiziario che vanno dall’aumento del tasso di litigiosità, all’evidente allungamento dei tempi di risoluzione delle controversie (anche connesso alla scomparsa dell’uso dell’amnistia in sede penale), alla carenza di risorse umane, finanziarie e strumentali (connesse al blocco del turn over e ai tagli di bilancio imposti a tutta la pubblica amministrazione), all’emergere di un clima di profonda sfiducia di cittadini ma anche delle imprese (che entrano forse per la prima volta nel dibattito politico), alla azione degli organismi internazionali/europei (con le prime pronunce in tema di risarcimento per la lunghezza dei processi che daranno poi origine a tutta la problematica della legge Pinto).

È poi molto rilevante in tale contesto l’effetto delle varie riforme dell’organizzazione giudiziaria  che, a partire dagli anni 90, trasformano profondamente il volto della macchina giudiziaria. Di fatto si passa da una struttura giudiziaria imperniata su un diffuso e parcellizzato sistema di preture mandamentali al Giudice Unico (quasi) provinciale: gestire oggi un Tribunale richiede competenze ed iniziative ben diverse da quelle richieste 30 anni fa quando questi uffici, nominalmente uguali, avevano dimensioni ben diverse in proporzione ad ogni territorio.

La questione organizzativa diventa, alla fine, oggetto di prescrizioni normative: da un lato il Consiglio Superiore comincia ad introdurre un concetto di programmazione dei risultati che presuppone la progettazione del modello organizzativo dell’ufficio (Documento organizzativo generale che accompagna il progetto tabellare), dall’altro il legislatore interviene prevedendo i programmi annuali di gestione (art. 37 d.l. 98/2011).

Da qui lo svilupparsi a livello locale, ancor prima che nazionale, di soluzioni specifiche per migliorare la produttività individuale, del collegio, di Sezione e dell’Ufficio, nell’ottica di impiegare al meglio le risorse a disposizione e il tempo lavoro dei singoli, utilizzando efficacemente gli strumenti in dotazione e ripensando le modalità di gestione dell’utenza privata e professionale e di relazione con gli altri Uffici Giudiziari e più in generale con il territorio e con gli avvocati.

La nascita di risposte a livello locale è inizialmente una necessità in quanto, a fronte della molteplicità di richieste verso gli uffici, difetta indubbiamente un intervento centrale attributivo di risorse materiali e umane: ma in realtà, ben presto, alla necessità si sostituisce l’opportunità in quanto gli uffici stessi scoprono una occasione non solo per reperire risorse ma anche per creare una nuova legittimazione dell’attività giudiziaria.

E questa forse l’eredità più preziosa di tale processo innovativo. Le istituzioni giudiziarie non devono infatti ricercare consenso, ma costruire legittimità. Il consensoè invero la ricerca di approvazione mentre la legittimità è la  base dell’autorevolezza, che si caratterizza in modo diverso per ciascun tipo di istituzione, ma che nel caso della giustizia coincide con l’efficienza e l’efficacia della risposta giudiziaria. Dalla legittimità, per un processo di sedimentazione nasce la legittimazione del sistema giustizia che viene riconosciuto dagli altri interlocutori e dai cittadini come costituente fondamentale del territorio

L’apertura al territorio permette quindi agli uffici giudiziari di scoprire il loro “ambiente di riferimento” rendendo gli uffici stessi come “istituzioni sempre meno opache”. La legittimazione dell’ufficio è poi il fondamento della richiesta di risorse anche economiche, materiali e umane ma, nel contempo, impone una attenta analisi dell’organizzazione interna e una particolare attenzione alle esigenze e necessità del territorio. Verso cui l’ufficio giudiziario è chiamato a farsi più prossimo.

Nascono quindi nuovi modelli organizzativi: accanto alla analisi dell’organizzazione degli uffici nasce l’analisi dell’organizzazione tra uffici: e diventa importante l’accountability, il saper rendere conto delle proprie scelte e dei propri risultati.

Tra le tante iniziative adottate dagli uffici giudiziari quelle che più direttamente determinano un contatto con il territorio hanno suscitato anche critiche  per il pericolo connesso alle istanze  e alle sponsorizzazioni dei privati e quindi per la indipendenza della magistratura. Queste critiche devono essere prese attentamente in considerazione quando si valuta il coinvolgimento economico, a sostegno di un progetto, si soggetti che possono essere nel contempo destinatari di provvedimenti giudiziari, penali ma anche civili.

Ma l’apertura degli uffici giudiziari agli utenti e al territorio è nel contempo in sintonia con la nuova visione della attività giudiziaria come servizio reso alla comunità, argomento particolarmente caro ad Area e oggetto di questo convegno.

2. La varietà delle esperienze, il loro monitoraggio e  valorizzazione da parte del CSM

Il  Consiglio Superiore della Magistratura, partendo  dalla osservazione del proliferare di queste esperienze che partivano da situazioni molto differenti pur avendo  spesso  con le medesime finalità, ha elaborato (delibera 7.7.2016) un progetto mirato al monitoraggio e alla analisi delle Buone Prassi, nell’ambito di un complesso lavoro di innovazione ed organizzazione degli uffici giudiziari,  che ha consentito di verificare il fenomeno, di catalogare queste esperienze che costituiscono un patrimonio storico e di conoscenza per la magistratura,   e di selezionare le Buone Prassi che per continuità, replicabilità, sostenibilità, possono essere proposte per una diffusione su tutto il territorio nazionale.

Questo patrimonio di interventi può essere classificato in cinque aree di intervento:

3. La domanda di giustizia e di servizi da parte del territorio

3.1. URP, gli Sportelli per il cittadino e l’Ufficio PCT, consulenze professionali nelle biblioteche

Gli Uffici Relazioni con il Pubblico sono sparsi ormai su tutto il territorio italiano e vedono la loro funzione principale nella diffusione di informazioni generali e/o raccolta di segnalazioni sui disservizi degli uffici pubblici.

Gli Sportelli per il cittadino, ove istituiti, sono, invece, delle vere e proprie cancellerie per il pubblico: il cittadino può depositare in proprio le istanze (relative al settore della Volontaria Giurisdizione) e ritirarle direttamente allo Sportello, essendovi personale interno dedicato alla lavorazione della richiesta; alcuni Sportelli sono attivi anche nel settore delle esecuzioni mobiliari e del settore fallimentare, ma la lavorazione dell’istanza avviene nella cancelleria di riferimento (così prevede lo Sportello per il Cittadino presso il Tribunale di Torino.

Le ricadute sull’organizzazione interna sono positive, perché diminuisce l’afflusso indistinto del pubblico presso gli uffici del Tribunale, inoltre le risposte all’utenza non qualificata sono fornite da personale preparato a gestire richieste spesso dettate da bisogni concreti ed immediati.

Gli Uffici PCT sono il necessario collegamento tra il Tribunale e gli avvocati: spesso finanziati dagli Ordini degli Avvocati, hanno avuto una importanza fondamentale al momento dell’avvio del PCT, dando le informazioni all’utenza qualificata soprattutto in caso di errori di sistema e/o interruzione di servizi al momento del deposito degli atti telematici.

Il Servizio di Consulenza nelle Biblioteche è altro servizio che si avvicina alle necessità del cittadino, dando la possibilità di una consulenza mirata di professionisti (avvocati, notai, commercialisti, architetti…), gratuita e volontaria, presso le Biblioteche della città, luoghi da riscoprire e da sfruttare per le enormi potenzialità che offrono in relazione alle moderne tecniche di catalogazione dei testi ed accesso ad essi in modalità informatica.

Il progetto torinese vede coinvolti il Comune e l’Ordine degli Avvocati e presto verrà esportato nei comuni limitrofi, utilizzando come luoghi di incontro le circoscrizioni, centri di servizi fondamentali per avvicinare il cittadino all’amministrazione pubblica.

3.2. Dall’Ufficio per le assistenza al cittadino  al Front Office avanzato 

La stessa denominazione di alcuni nuovi uffici ormai diffusi nei palazzi di giustizia, è indicativa del mutato atteggiamento dell’Istituzione Giustizia nei confronti di chi entra nei palazzi ove si esercita la attività giudiziaria: l’Ufficio per la Assistenza al Cittadino, inizialmente denominato Ufficio per le Relazioni con il Pubblico, è la  strutturazione della cooperazione tra soggetti interni ed esterni agli uffici giudiziari (magistrati,  personale amministrativo, personale informatico, avvocati, enti istituzionali  sul territorio – come Comune, Camera di Commercio – con l’ausilio delle Università) finalizzata a  semplificare le procedure di lavoro in modo da rendere più efficiente l’utilizzo delle risorse disponibili nei rapporti con il pubblico, con l’obiettivo di:

 

Per la realizzazione di un Front Office operativo sono necessarie:

Lo sportello per le relazioni con il pubblico può evolversi fino a diventare un ufficio che svolge diverse funzioni in precedenza assegnate alle cancellerie delle singole sezioni  di Tribunale e  alle segreterie delle Procure, attraverso la creazione di sportelli polifunzionali che costituiscono un interfaccia unico con  il cittadino per erogare  informazioni, assistenza e servizi. 

Metà circa delle persone che ogni giorno accedono ai palazzi di giustizia non sono operatori professionali (Avvocati, Consulenti Tcnici), ma cittadini che richiedono servizi e informazioni.

Attraverso il Front Office è possibile  non solo fornire una guida ai servizi (con l’ausilio anche dei siti web  degli uffici giudiziari ed eventualmente con monitor interattivi), o informazioni agli utenti per l’orientamento nel palazzo di giustizia in relazione a specifiche pratiche, ma anche  rilasciare certificati e consentire il deposito di documenti, con l’utilizzo di una rete intranet e di software dedicati. 

È possibile per esempio centralizzare: in materia di volontaria giurisdizione  il rilascio di informazioni procedurali, la asseverazione di perizie, il deposito  di rendiconti, inventari  e  atti notori; la richiesta e il ritiro dei certificati penali e dei carichi pendenti (soddisfacendo in tempi più rapidi anche le richieste massive di pubbliche autorità, attraverso appositi fogli Excel); le richieste e il ritiro dei permessi di colloquio con detenuti.   

È inoltre possibile integrare l’offerta di servizi agli operatori professionali con le funzionalità web, consentendo per esempio  richieste on line da parte degli avvocati, attraverso un indirizzo di posta elettronica certificata, non solo  di rilascio di certificato penale o di autorizzazione al  colloquio con  detenuti, ma anche il rilascio di copia di verbali, di atti e delle sentenze informatizzate (tramite la  compilazione di moduli reperibili sul sito del Tribunale e la trasmissione, attraverso il medesimo sito, alle cancellerie, previo  pagamento dei diritti indicati); è possibile   la verifica dello stato del procedimento e delle liquidazioni dei compensi   tramite indirizzo dedicato di posta certificata attivato dal Ministero, rispettando tempi  decisamente più brevi rispetto a quelli necessari per i medesimi adempimenti con  accesso fisico agli uffici.

È anche  possibile gestire on line l’albo dei CTU, con immediate ricadute positive (una volta introdotte le anagrafiche) sulla gestione razionale delle domande di iscrizione all’albo e degli aggiornamenti, ottenendo nel contempo la possibilità di pubblicare  sul sito dell’ufficio giudiziario l’albo, la cui  consultazione    diviene più rapida e più facile da parte degli utenti qualificati e generici, interi ed esterni alla amministrazione giudiziaria, in ottemperanza al criterio di trasparenza dell’azione amministrativa.

È possibile pubblicare sul sito dell’ufficio giudiziario, per esempio con cadenza settimanale, l’elenco degli incarichi conferiti ai CTU, al fine di garantire trasparenza nelle nomine e rotazione negli incarichi ai professionisti iscritti all’albo. 

Si tratta di  buone prassi applicabili anche agli  uffici giudiziari  di piccole dimensioni, con beneficio sia per gli utenti sia per gli operatori  interni agli uffici.

Il Front Office può essere organizzato in collaborazione tra più uffici giudiziari (per esempio tra Tribunale e Procura della Repubblica di un medesimo circondario in relazione ad adempimenti che ricadono sui diversi uffici a seconda della fase processuale, come i permessi di colloquio).

L’istituzione del Front Office per le relazioni con il pubblico è quindi auspicabile in tutti gli uffici giudiziari, anche in grave carenza di risorse.

Al fine di rendere il progetto duraturo e standardizzato, occorre:

3.3. Gli sportelli di prossimità

Gli sportelli di prossimità potrebbero essere definiti come “l’ultima frontiera” del sistema giudiziario o come la manifestazione concreta della giustizia come di un “bene del territorio”.

Dal punto di vista del sistema giudiziario si tratta di  sportelli decentrati dell’ufficio giudiziario, che permettono ai cittadini  di avere un riferimento vicino al luogo dove vivono e di usufruire di un servizio completo di orientamento e di consulenza.

Dal punto di vista del territorio sono la risposta del sistema, più propriamente del welfare state, al cittadino in difficoltà che non deve rivolgersi a più interlocutori per fruire di un servizio, ma che può accedere ad un unico punto di contatto in grado di fornire risposte univoche e nel luogo più vicino.

Gli sportelli di prossimità vengono nel contempo incontro alla  esigenza degli uffici giudiziari di delocalizzare i punti di accesso alla giustizia, riducendo l’impatto sulle cancellerie e nello stesso tempo aumentando la possibilità di fornire informazioni ai cittadini avvicinando il Tribunale al territorio.

Non è un caso che queste esigenze si siano incontrate a metà strada: da un lato il Tribunale era alla ricerca di luoghi di mediazione con il territorio, che riducessero la distanza anche fisica tra il cittadino e l’ufficio giudiziario; dall’altro i servizi sul territorio, ma anche il volontariato, erano alla ricerca di una casa comune ma, soprattutto, di una interlocuzione forte e continuativa con il sistema giudiziario, anzi proprio con il giudice tutelare di cui avevano necessità di conoscere orientamenti e prassi .

Va segnalata, a parte, l’esperienza milanese che ha introdotto la possibilità di videoconferenze per il giudice tutelare in fase di audizione dei beneficiari delle misure: in tale modo la persona fragile, soprattutto se anziana, viene sentita al domicilio senza che il giudice debba spostarsi su numerose sedi e quindi con un netto guadagno di tempo.

L’ambito in cui tali iniziative sono nate ed operano è quello delle amministrazioni di sostegno, tutele (anche di minori) e curatele, ossia il settore della giurisdizione più prossimo alle esigenze delle persone fragili.

Gli obiettivi degli sportelli sono:

 

La normativa di riferimento è costituita, oltre che dalla Legge statale 9 gennaio 2004 nr. 6 istitutiva dell’Amministrazione di sostegno, dalle numerose leggi regionali (Legge Regionale Friuli-Venezia Giulia 16 novembre 2010, n. 19 “Interventi per la promozione e la diffusione dell'amministratore di sostegno a tutela dei soggetti deboli”; Legge Regionale Liguria 28 gennaio 2015, n. 2 “Norme regionali per la promozione e la valorizzazione dell'amministrazione di sostegno, istituto previsto dalla legge 9 gennaio 2004, n. 6” ; Legge Regionale Emilia-Romagna  24 luglio 2009,  n. 11 “Norme per la promozione e la valorizzazione dell'amministrazione di sostegno, istituto previsto dalla legge 9 gennaio 2004 nr. 6; Legge Regionale Lombardia 12 marzo 2008, n. 3 “Governo della rete degli interventi e dei servizi alla persona in ambito sociale e sociosanitario”) di interventi per la promozione e la diffusione dell’amministrazione di sostegno.

Gli sportelli di prossimità sono inattuabili senza un serio investimento degli Enti Territoriali.

Per la loro realizzazione occorre:

  1. la costituzione di tavoli di coordinamento (tramite accordi, protocolli, leggi regionali etc.) che istituzionalizzino la collaborazione tra i diversi attori tra cui l’ufficio giudiziario;
  2. la predisposizione di luoghi fisici (anche presso enti già operanti, come servizi sociali, asl etc.) per l’apertura degli sportelli;
  3. la selezione di personale degli enti territoriali che devono presidiare tali sportelli;
  4. la eventuale integrazione di tale personale con volontari;
  5. la formazione di tale personale e dei volontari con la collaborazione di tutti gli attori coinvolti;
  6. la predisposizione di modulistica standard per le varie tipologie di atti che i cittadini possono presentare al giudice tutelare con pubblicazione di tale modulistica su un sito web;
  7. la realizzazione di un canale di interlocuzione diretta tra il personale degli sportelli di prossimità e le cancellerie degli uffici giudiziari o comunque un punto di contatto presso il Tribunale;
  8. l’attivazione di sistemi informatici di trasmissione dei ricorsi e delle istanze dagli sportelli di prossimità al Tribunale attraverso l’utilizzo del pct e, nelle forme più evolute, dei punti di accesso al pct;
  9. l’attivazione di servizi di teleconferenza per l’audizione a distanza dei beneficiari delle amministrazioni di sostegno.

 

Il percorso che ha generato tali occasioni di incontro è stato diverso da sede a sede.

La prima esperienza, pensata nel territorio di Pordenone, prevedeva una rete tra i servizi del territorio.

A tale esperienza si è ispirato il progetto di Monza che ha ideato e progettato gli sportelli di prossimità nel Tavolo Giustizia della Provincia di Monza e Brianza.

Sia il progetto di Vicenza che quello di Genova sono nati dalla stipula di protocolli. Quello di Vicenza è nato da un protocollo siglato direttamente tra il Tribunale e i più importanti comuni del circondario. Quello di Genova è nato da una valutazione dei risultati cui era giunto l’Urp e dall’intenzione del Comune di avviare percorsi formativi ed informativi sul territorio giungendo a coinvolgere intorno ad un tavolo istituzionale numerosi soggetti oltre al Comune (Regione, Asl, volontariato).

Il progetto torinese è stato invece pensato in collegamento con il progetto per l’ufficio del processo. Infine il progetto bolognese è nato, come quello di Monza, all’interno di un  percorso di collaborazione continuativo (Patto per la Giustizia) con gli Uffici giudiziari, le Istituzioni regionali e locali, l'Università degli studi, le Associazioni imprenditoriali e quelle del Terzo settore, gli Ordini professionali: quest’ultimo progetto si è peraltro avvalso di una progettazione informatica avanzata con la realizzazione di un punto di accesso informatico aperto a tutti i cittadini, punto di accesso di cui peraltro si è dotato anche il Tribunale di Torino.

Ma qualunque sia stato il percorso il punto di approdo è un servizio condiviso che offre al cittadino una risposta multidimensionale che comprende anche il momento di accesso alla giustizia.

Ovviamente il giudice mantiene il suo ruolo per cui la decisione sul ricorso rimane una decisione giudiziaria che esprime l’applicazione della legge al caso concreto: ma il sistema giudiziario, in tali progetti, mette in gioco la sua capacità di progettare e rendere un servizio attraverso quello che è uno dei valori più importanti della giurisdizione, la prevedibilità delle decisioni.

Invero gli uffici giudiziari collaborano a tali iniziative fornendo:

  1. una modulistica standard che già di per sé impone il rispetto di alcune regole nella descrizione dei fatti e nella produzione dei documenti;
  2. un percorso formativo per gli operatori che forniscono informazioni presso gli sportelli: attraverso tale percorso vengono veicolati gli orientamenti del Tribunale e quindi il cittadino può già farsi una chiara idea se il suo caso rientri o meno tra quelli per cui può essere chiesta una amministrazione di sostegno;
  3. un canale diretto con l’ufficio giudiziario che permette una rapida interlocuzione in tutti quei casi in cui occorre approfondire, con ulteriori passaggi, i contenuti della richiesta.

D’altro canto la realizzazione di tali sportelli di prossimità viene incontro alle problematiche delle persone e delle famiglie in quanto:

  1. offre uno spazio di accoglienza e ascolto dei problemi sia di fronte alla scelta di chiedere l’AdS che nella gestione dell’AdS;
  2. permette una interlocuzione diretta o indiretta con tutti gli attori della procedura senza sopportare file e mancanze di risposte in momenti della vita che sono sempre legati a situazioni di fragilità e quindi sono già di per sé difficili.

 

La replicabilità di tale progetto dipende dal coinvolgimento degli Enti Territoriali in quanto, a carico degli uffici giudiziari, vi sono solo oneri di formazione e di standardizzazione delle proprie procedure e modulistiche.

I benefici per l’ufficio giudiziario sono peraltro elevati sia in termini di miglioramento della qualità dei ricorsi, sia in termini di minor afflusso di persone presso le cancellerie.

Il Ministero ha inserito tali progetti nell’ambito della progettazione PON 2014-2020.

4. La partnership con Enti e Istituzioni del territorio

4.1 I Protocolli con enti rappresentativi di interessi e le Convenzioni con Pubbliche Amministrazioni

La Cooperazione con il territorio non li limita al coordinamento delle attività amministrative che si svolgono all’interno dei palazzi di giustizia.

I numerosi protocolli con soggetti esterni e le convenzioni con le Pubbliche Amministrazioni sono sintomatici della nuova volontà di:

 

Le convenzioni con altri enti territoriali sono previste dall’art. 15 della L. 7 agosto 1990, n.41 (legge sul procedimento amministrativo), che prevede che le Amministrazioni Pubbliche possono concludere accordi per disciplinare lo svolgimento, in collaborazione, di attività di interesse comune.

Va ricordato  che l’art. 1, comma 787, L. 28 dicembre 2015, n. 208, ha previsto che “le convenzioni, anche diverse da quelle di cui ai commi 784 e 785, stipulate dai Capi degli uffici giudiziari con amministrazioni pubbliche devono essere preventivamente autorizzate, a pena di inefficacia, dal Ministero della giustizia e devono essere realizzate senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica”.

Si tratta della concertazione di modelli di governo dell’attività giudiziaria in sinergia con altre strutture esponenti delle varie espressioni della società. I tratti comuni del modello risiedono nel reperimento di personale che viene utilizzato in attività di supporto alla cancelleria o in attività di digitalizzazione ed archivio.

Il L.Lgs n.486/1997 consente l’utilizzazione, presso Pubbliche Amministrazioni, di lavoratori in cassa integrazione  e in mobilità che percepiscono trattamento di integrazione salariale. Simili disposizioni si rinvengono in diverse leggi regionali e sono attualmente in effetti applicate.

Altro tratto comune è lo strumento convenzionale, adottato per attuare forme di mobilità interne all’amministrazione pubblica o comunque ricollocamento di risorse umane provenienti dal settore privato.

Del tutto variegata può essere invece la normativa di riferimento e la tipologia di ente coinvolto.

Le convenzioni possono essere siglate con organizzazioni di volontariato; o finalizzate per l’impiego di giovani in servizio civile, o  per la fruizione di borse di studio e di tirocini presso le cancellerie.

Si segnalano inoltre esperienze di applicazione dell’istituto del lavoro esterno dei detenuti presso uffici giudiziari  e quella di riorganizzazione del personale amministrativo, per esempio quello delle Province.

Sono numerose anche le convenzioni stipulate dagli uffici giudiziari per accedere on line alle banche dati contenenti i dati anagrafici, in mancanza di una anagrafe nazionale accessibile al sistema giudiziario. L’acquisizione di servizi si coniuga talvolta anche con il reperimento di personale dedicato: in tal senso l’esperienza del Tribunale di Gela (BP 3048) che ha stipulato un  protocollo di intesa con la Camera di Commercio per l’acquisizione di dati sensibili del registro delle imprese, prevedendo il distacco di una unità di personale  a ciò dedicato.

In tale ambito merita di essere segnalata l’esperienza, risalente e strutturata dal 2009, del Tavolo per la Giustizia della Città di Milano, che si proponeva di ottimizzare l’insieme dei servizi giudiziari ed  offrire maggiori garanzie di efficienza, trasparenza e semplificazione burocratica, nell’ambito di un protocollo d’intesa tra  il Ministro della Giustizia, il Dipartimento della Funzione Pubblica, la Regione Lombardia, la Prefettura, il Comune, la Provincia, la Camera di Commercio, l’Ordine degli Avvocati di Milano e gli uffici giudiziari milanesi, tra i quali il Tribunale di Milano assunse il ruolo di presidente.

Analogamente può essere citato il  “Patto per la Giustizia Civile” della città di Bologna del 2012, siglato dagli uffici bolognesi, dagli enti locali e da una serie di istituzioni del territorio.

Più recentemente, va ricordata l’istituzione del Gruppo di Lavoro denominato “Ufficio Sicurezza e manutenzione” con il compito di avviare l’interlocuzione tra tutti i rappresentanti degli utenti dei palazzi di Giustizia al fine di censire i fabbisogni ed agire con l’Amministrazione Centrale per il miglioramento del sistema sicurezza negli Uffici (per esempio BP 2767,  presso la CA di Roma).

Non si tratta quindi più solo di richieste da parte degli uffici giudiziari al Ministero della Giustizia, e di risposte di quest’ultimo secondo la tradizionale catena burocratica, ma di una attiva collaborazione dei singoli uffici giudiziari -con larghi margini di autonomia sia pure nella doveroso rispetto di  coerenza del sistema da parte del Ministero- con le istituzione e gli enti presenti sul territorio.

5. La partnership con gli Avvocati

5.1. I Protocolli degli Osservatori della Giustizia Civile: la collaborazione tra Giudici, Cancellieri e Avvocati: dai protocolli d’udienza alle linee guida sulla redazione di atti e provvedimenti ed in materia di diritto di famiglia

La cooperazione in ambito amministrativo interno (U.R.P. e Front Office) ed esterno (mediante convenzioni con le Pubbliche Amministrazioni locali) è uno degli aspetti più significativi del rinnovamento degli Uffici Giudiziari, necessario per rispondere ad una domanda di giustizia che, ormai, è diventata di massa.

Tale cooperazione si indirizza anche e soprattutto verso i primi catalizzatori delle istanze dei cittadini, ovvero gli avvocati ed i loro organi rappresentativi.

Esempio di sinergia riuscita e fruttuosa è l’esperienza degli Osservatori della Giustizia civile, che nasce dalla collaborazione e dallo scambio di soggetti che parlano “diverse lingue” (espressione di Luciana Breggia, coordinatrice nazionale degli Osservatori): magistrati, avvocati, funzionari di cancelleria e professori universitari. La diversità dei rispettivi ruoli e il confronto costruttivo tra gli operatori nel settore Giustizia sono la ricchezza degli Osservatori, che si sono dedicati in modo particolare al processo al fine di recuperare e valorizzare il colloquio tra giudici e avvocati.

Dallo studio delle prassi nei singoli uffici giudiziari sono nati i protocolli d’udienza, ormai diffusi a livello capillare sul territorio nazionale, che – pur non avendo valore vincolante – fanno fronte alla mancanza di coordinamento tra le regole codicistiche e le esigenze concrete di applicazione della giustizia (tutti i protocolli sono raccolti e pubblicati sul sito degli Osservatori e si possono trovare sul siti internet dei Tribunali e Ordini degli Avvocati che li hanno sottoscritti).

L’attività degli Osservatori non si è fermata allo studio del buon funzionamento del processo, è proseguita andando oltre, ovvero applicandosi alla semplificazione della materia processuale tramite la valorizzazione dell’oralità ed il raccordo tra gli atti delle parti ed i provvedimenti del giudice.

Il dialogo nel processo passa attraverso gli scritti difensivi degli avvocati: se essi rispettano i requisiti di chiarezza e sinteticità collaborano a renderlo efficiente; infatti il giudice individuerà l’area del non contestato, l’istruttoria sarà più celere e gli scritti conclusionali potranno essere il telaio della futura sentenza.

Si ispirano a questo processo civile “virtuoso” i protocolli sulla redazione degli atti e provvedimenti degli Osservatori, in particolare i protocolli di Torino, di Milano e di Reggio Emilia per il processo di primo grado ed i protocolli di Torino e di Bologna per il processo di appello.

Anche il Ministero ha avviato il percorso di riflessione sul principio di sinteticità degli atti processuali – con riferimento al giudizio di legittimità – istituendo il Gruppo di Lavoro ad esso dedicato con Decreto 9 febbraio 2016, cui hanno partecipato anche gli Osservatori; sulla base di successivi decreti del 28 luglio 2016 e 19 ottobre 2016 il Gruppo ha proseguito l’elaborazione riguardo ai giudizi di merito, con attenzione precipua a quelli sull’impugnazione.

Nella relazione ministeriale del 1 dicembre 2016, a conclusione dei lavori, si legge: “l’eccessiva lunghezza degli atti processuali danneggia, in primo luogo, la parte che ha ragione: essa, nel ritardo, vede leso il suo diritto di difesa, ma danneggiata è anche – indirettamente – la collettività, poiché la giurisdizione è risorsa limitata, della quale occorre razionalizzare l’impiego”.

All’ultima Assemblea nazionale degli Osservatori della Giustizia civile, tenutasi a Roma presso la Corte di Cassazione il 19-21 maggio, sono state approvate le Linee Guida per la redazione di atti e provvedimenti in maniera chiara e sintetica, rivolte al processo di primo grado: in esse, oltre al richiamo ormai inevitabile alle tecniche di redazione degli atti secondo le regole del PCT (sommario e link ipertestuali) è indicato che “la discussione tra le parti ed il giudice verbalizzata in udienza è essenziale ai fini della concentrazione del processo” (punto 7) e che “i provvedimenti decisori seguono lo schema degli atti di parte ed il dispositivo risponde ai principi di liquidità ed eseguibilità” (punto 10).

Infine, in tale ultima occasione l’Assemblea nazionale ha altresì approvato le Linee Guida sul contributo al mantenimento dei figli, la cui concreta attuazione dipenderà dalla auspicabile ricezione di esse, anche per relationem, nei protocolli adottati nei vari Tribunali. Il documento è stato redatto confrontando tutti i protocolli sul tema e mira ad individuare in via preventiva nel prioritario interesse dei figli le modalità per determinare la misura dell’assegno di mantenimento, il più comprensivo possibile di voci di spese caratterizzate dalla ordinarietà, riducendo le occasioni di richiesta al coobbligato e di possibile conflitto.

L’attenzione degli Osservatori ai diritti fondamentali della persona riflette la convinzione del ruolo etico e sociale del giurista, come giurista della prevenzione: è un processo di autoresponsabilità e contaminazione culturale di un’idea di giustizia che non inizia e non finisce con il processo ma si realizza anche prima ed oltre il processo con l’obiettivo di riattivare le condizioni secondo le quali i diritti vanno preventivamente riconosciuti e non richiesti (dalla relazione di Laura Garofalo, avvocata, all’apertura dei Lavori dell’Assemblea nazionale 2012 in Catania).

6. Dall’organizzazione degli uffici all’organizzazione tra uffici

6.1. La  Cooperazione tra uffici giudiziari

Così come gli uffici giudiziari si sono aperti al territorio, hanno manifestato anche una nuova capacità di collaborazione tra loro: esiste  oggi più dialogo, tra uffici civili e penali, tra procure e enti detentori di informazioni specifiche necessarie per le indagini.

 

6.1.1 Così  per esempio sono più proficui gli scambi informativi tra procura e sezione fallimentare.

Nel concepire questa iniziativa si è partiti  dalla premessa che il PCT, che si applica anche alle procedure fallimentari, soffre della lacuna informatica relativa alla gestione di flussi informativi e documentali a beneficio della Procura della Repubblica, competente  -ovviamente- in materia di reati fallimentari.

La gestione di tali flussi si riflette, notevolmente, sulla efficacia dell’azione investigativa di una Procura, poiché appare evidente che il ritardo della iscrizione  a Mod. 45 della sentenza dichiarativa di fallimento cui segue l’iscrizione a Mod. 21 con la trasmissione della relazione del curatore fallimentare, è foriero di ulteriori ritardi nell’avvio delle indagini, il cui obiettivo primario consiste proprio nel disporre un vincolo sui beni del debitore dichiarato fallito.

 Non va sottaciuta la circostanza che, sovente, è proprio l’Ufficio requirente ad avanzare la richiesta di fallimento, a fronte dell’accertata sussistenza di uno stato di insolvenza, che l’imprenditore insolvente, generalmente, cerca di paralizzare, attraverso la presentazione al giudice fallimentare di proposte concordatarie. In questi casi, la tempestiva comunicazione, dal Tribunale fallimentare alla Procura, della proposta concordataria può consentire addirittura al Pubblico Ministero l’avvio di indagini prefallimentari (art. 238 LF).

Dunque la tempestiva gestione di flussi documentali ed informativi  fra il Tribunale fallimentare e la Procura è funzionale all’efficacia ed all’efficienza delle indagini preliminari e consente di  aumentare il numero dei provvedimenti cautelari reali relativi alle procedure penali per bancarotta o per reati in materia tributaria ascrivibili ad imprese che hanno proposto o sono state ammesse a concordato preventivo.

 

6.1.2 Per raggiungere tale obiettivo, gli uffici Giudicante e requirente possono concordare la reciproca trasmissione di comunicazioni e/o atti relativi ad una serie di procedure concorsuali, e la visibilità da parte dei pubblici ministeri degli atti digitali contenuti nei fascicoli informatici.

Si tratta di una visione organizzativa orientata al di miglioramento del servizio giustizia che, partendo da prassi virtuose di revisione dei moduli organizzativi del lavoro del magistrato e delle cancellerie, consente di supportare i processi di innovazione negli uffici giudiziari.

 

6.1.3 Per la realizzazione del modello di base sono necessari:

  1. Risorse informatiche: l’installazione, con l’ausilio del CISIA, sulle postazioni di tutti i pubblici ministeri che si occupano della materia fallimentare (in genere quelli addetti alla sezione specializzata “Criminalità economica”, del programma informatico “Consolle del magistrato” nella funzionalità “Assistente”, sicchè tutti quei pubblici ministeri sono configurati come “Assistenti” di tutti i giudici della “Sezione fallimentare”. Tale sistema consente di evitare la stampa degli atti presenti nella procedura fallimentare - attività che vanificherebbe la filosofia del PCT.
  2. Risorse umane: registrato l’estratto della sentenza dichiarativa di fallimento, il PM titolare del relativo procedimento invia una comunicazione, attraverso la posta elettronica al giudice delegato, richiedendo l’accesso agli atti digitali della procedura fallimentare;
  3. ricevuta tale comunicazione, il giudice delegato provvede ad abilitare, sulla propria consolle, il pubblico Ministero richiedente alla consultazione di quel determinato fascicolo informatico; se adottate, il Pubblico ministero inoltra, con posta elettronica, le misure cautelari, personali o reali ed ogni altro atto di indagine ostensibile.

In pendenza di procedura pre-fallimentare:

il Tribunale fallimentare provvede a fornire al Pubblico Ministero ogni notizia di procedure pre-fallimentari da cui emergano gravi motivi che, ai sensi dell’art. 238 LF, determinano i presupposti per l’avvio dell’indagine prima della sentenza dichiarativa di fallimento (ad es. atti di spoliazione dell’azienda).

Per le procedure relative ad accordi di ristrutturazione dei debiti o a concordati preventivi:

  1. In tema di concordati preventivi, il Tribunale fallimentare inoltra copia di tutti i provvedimenti di rigetto e/o revoca delle proposte di concordato preventivo nonché delle relazioni dei commissari giudiziali, sempre avvalendosi della posta elettronica, limitatamente a quelle procedure che dovessero presentare profili di interesse per la Procura.
  2. In tema di accordi di ristrutturazione ai sensi dell’art. 182-bis RD 267/42, il Tribunale fallimentare inoltra alla procura la comunicazione ogni volta che venga depositata una richiesta in tal senso

 

6.1.4 Più in generale i protocolli prevedono la trasmissione degli atti dal giudice civile alla Procura: attraverso  protocolli stilati fra la Procura ed  il Tribunale, volti a semplificare la trasmissione telematica dei provvedimenti del giudice civile, in particolare  in materia di famiglia e persone,  dal Tribunale civile alla Procura della Repubblica, per l’apposizione del visto o la formulazione del parere, colmando la lacuna del PCT che non copre gli affari civili delle Procure.

 

6.1.5 La Consolle del Pubblico Ministero  è uno strumento informatico di prossima attuazione, mirato proprio ad attuare telematicamente queste funzioni,   concepite negli uffici giudiziari come esperienza nata dal basso e qualificabile come Buona Prassi.

 

6.1.6 Archiviazione digitale e trasmissione telematica delle sentenze tra il Tribunale e la Procura Generale: è un’altra virtuosa tendenza dei dirigenti degli uffici giudiziari, che consiste  nell’impiego dello strumento informatico (tecnologico) per realizzare, con apprezzabile risparmio di tempo e di risorse, umane a materiali, scambi documentali tra il Tribunale e la Procura Generale.

Si tratta di pratica virtuosa, che passa necessariamente attraverso la predisposizione di piani di collaborazione e coordinamento fra Tribunale e Procura Generale,  tra le più diffuse negli uffici, accomunate dalla necessità di eliminare la trasmissione della carta e dall’esigenza di formare un archivio sempre disponibile delle sentenze da trasmettere per via telematica.

Tale buona prassi è stata estesa anche alla trasmissione delle sentenze  e dei provvedimenti verso la Pubblica Amministrazione,  agli organi di Polizia Giudiziaria,  agli organi di Pubblica Sicurezza o l’Amministrazione penitenziaria, anche attraverso la stipula di appositi protocolli, che tengano altresì conto della disciplina del DM 44/2011.

 

6.1.7 La trasmissione telematica degli atti al Tribunale del riesame è un’altra applicazione del medesimo principio: adottata una misura cautelare, da parte dell’Ufficio del Giudice per le indagini preliminari del Tribunale, essa viene trasmessa al Pubblico Ministero per l’esecuzione. Successivamente all’esecuzione, in caso di impugnazione, la Procura deve trasmettere al Tribunale del Riesame l'ordinanza cautelare impugnata e gli atti posti a suo sostegno: con notevoli spese in termini di risorse materiali e umane (dal lavoro di fotocopiatura al trasporto a mezzo autovettura) che concernono l'impiego. Pertanto, in sostituzione di tale adempimento, gli Uffici di Procura redigono appositi protocolli con il Tribunale, in particolare il Tribunale del Riesame, finalizzati a realizzare la trasmissione telematica delle ordinanze cautelari e degli atti posti a base della richiesta.

La volontà di superare i limiti della gestione cartacea dei documenti è quindi l’obiettivo comune a tali protocolli.

Il cuore di tali attività è rappresentato dalla introduzione di momenti di dematerializzazione degli atti processuali. Pertanto la tecnica sperimentale passa per i seguenti punti:

 

Quindi i protocolli adottati, oltre che disciplinare l’impiego di un sistema telematico di comunicazione, attraverso regole convenzionali che vincolano i vari uffici coinvolti (e cercano di risolvere, ove possibile, le carenze normative), disciplinano anche aspetti organizzativi, dettando regole che incidono sulle stesse modalità di lavoro e sulla qualità sia della comunicazione sia del materiale oggetto di comunicazione.

Il software TIAP, adottato infine dal Ministero per tutto il territorio nazionale, è nato come Buona Prassi negli uffici giudiziari per consentire una più veloce trasmissione e la consultazione informatica dei provvedimenti giudiziari che devono circolare tra Tribunale e Procura, Tra Ufficio per le indagini Preliminari e Tribunale del riesame, tra Tribunale e Procura Generale.

6.2. Le comunicazioni tra Uffici Giudiziari e Avvocatura

Più veloce e agile  è anche la comunicazione tra uffici giudiziari e avvocatura: le esperienze,  nate  spontaneamente negli uffici giudiziari, di dematerializzazione dei fascicoli, di comunicazione dei verbali di udienza in formato digitale, di uffici dedicati al deposito di atti e alla loro dematerializzazione, hanno anticipato funzioni di Consolle per nulla scontate fino a pochi anni fa, la cui attuazione è ancora in via di perfezionamento per il campo civile e in fase di prima attuazione per il settore penale.

La comunicazione dei verbali di udienza in formato digitale è nata all’interno degli uffici per permettere la comunicazione dei verbali di udienza dal Tribunale al Pubblico Ministero;  progressivamente, hanno finito per rappresentare anche una modalità di invio degli atti ai difensori.

6.3. La trasmissione delle notizie di reato dalla Polizia giudiziaria agli uffici di Procura

Standardizzata, più efficiente, più rapida e immediatamente reperibile a posteriori    diviene anche la trasmissione delle notizie di reato dalle diverse forze di Polizia giudiziaria agli uffici di Procura.

Tali prassi virtuose passano necessariamente per un proficuo rapporto di cooperazione fra l’Ufficio

giudiziario  e la Polizia Giudiziaria, ovvero con altre agenzie territoriali come le articolazioni territoriali dell’amministrazione finanziaria (Agenzia delle Entrate), ovvero dell’INPS ovvero ancora della Direzione territoriale del lavoro, ovvero ancora con aziende sanitarie locali.

È così possibile individuare modelli organizzativi volti ad accelerare  tempi e migliorare la qualità delle comunicazioni tra gli enti sia attraverso l’uso di strumenti telematici, sia mediante un coordinamento delle rispettive modalità di lavoro.

Tali protocolli organizzativi consentono, contestualmente, di perseguire l’altro obiettivo (di assoluto rilievo) di evitare dispersioni di elementi investigativi di prova nella fase di avvio delle indagini, poiché, in genere, contengono anche delle guide lines per gli operatori di polizia giudiziaria per esempio dell’ASL (servizi PSAL) che intervengono sulla scena del crimine (incidenti sul lavoro), con la qualifica di ufficiale di polizia giudiziaria.

Su questo tema si registrano complessivamente le prassi organizzative fondate su protocolli e/o convenzioni fra Procure della Repubblica ed Uffici INAIL ed ASL, dirette a semplificare, non solo la trasmissione della notitia criminis, ma anche la immediata registrazione ed iscrizione della notizia medesima e la comunicazione del numero di procedimento alla polizia giudiziaria intervenuta ed agli altri enti, ai fini, precipui, di individuare il numero del procedimento ed il Pubblico Ministero assegnatario. Appare evidente l’enorme risparmio di risorse che si riesce a realizzare evitando, da parte del personale amministrativo, affannose ricerche dei precedenti per inserire i cd. seguiti. Conseguono evidenti riflessi positivi sui tempi di definizione dei procedimenti e, dunque, anche sull’abbattimento dell’arretrato.

Tali prassi coniugano due aspetti: i profili informatici, connessi all’uso di strumenti telematici (ove possibile) per trasmettere le informazioni e i profili organizzativi, rappresentati dall’adozione di standard nella trasmissione dei contenuti. Gli aspetti informatici saranno oggetto di totale revisione nell’ambito dell’evoluzione del processo penale telematico. In particolare con l’adozione del nuovo portale delle notizie di reato, già in fase di distribuzione, e con l’estensione della possibilità di trasmettere anche i documenti tramite il portale, ogni forma di notizia di reato passerà necessariamente da tale unico canale di comunicazione. Resteranno invece validi gli aspetti delle buone prassi che disciplinano gli standard nella trasmissione dei contenuti.

Da ultimo, novità interessante è costituita dal protocollo tra le Procure del distretto  di Palermo e la Procura Regionale della Corte dei conti per regolare rapporti di collaborazione tra pubblici ministeri ordinari e contabili a seguito dell’entrata in vigore il 7 ottobre 2016 del D. Lgs. 26 agosto 2016 n. 174 (Codice della giustizia contabile), che prevede la facoltà per  il pubblico ministero contabile  di richiedere alla autorità giudiziaria l’invio di atti e documenti, che rimangono –secondo le modalità  regolate dal protocollo - coperti da segreto investigativo.

6.4. I protocolli per le indagini preliminari

I protocolli per le indagini preliminari, decenni fa sperimentati con tanta efficienza per le indagini ripetitive con moduli cartacei  consentono, in modalità telematica, di rendere più efficienti e molto più spedite le indagini sui reati di semplice definizione.

Rientrano in quest’ambito tutti gli accordi volti a semplificare gli accertamenti e a rendere più spedite le indagini verso alcune categorie di reati in funzione dell’azione penale come quelli concernenti le fasce deboli, minorenni e donne; le convenzioni con Università o Aziende Sanitarie Locali per l’espletamento di indagini chimiche, ai fini del pronto reperimento di consulenti tecnici con fissazione di compensi una tantum nel rispetto del Testo Unico delle Spese di Giustizia;  i protocolli organizzativi in materia di demolizioni di immobili abusivamente costruiti, con le convenzioni con gli enti locali per il reperimento di risorse; i protocolli organizzativi in materia di frodi alimentari.

La ragionevole durata del processo ed il contenimento delle spese di giustizia, da perseguire anche attraverso l’adozione di criteri uniformi di liquidazione dei compensi ai consulenti tecnici del Pubblico Ministero, rappresentano gli obiettivi di simili protocolli fra l’Ufficio giudiziario ed altre agenzie esterne all’amministrazione della giustizia che operano sul territorio.

7. L’accountability: i bilanci sociali

L’impatto di  questa molteplice attività è rendicontato nelle relazioni dei bilanci sociali, che illustrano,  con forme di comunicazione funzionali e agevoli, l’attività dell’Ufficio giudiziario nell’€ambito del territorio  in funzione delle esigenze e attese degli utenti.

Si tratta quindi della rendicontazione, alla cittadinanza e alle istituzioni del territorio, dell’impiego di risorse – anche finanziarie – e del personale, nonché della rendicontazione  delle attività annuali dell’ufficio al  fine di rappresentare, all’interno dell’Ufficio, i progressi  e i limiti dell’azione giudiziaria, consentendo quindi un confronto sul funzionamento della Giustizia.

Contribuisce a garantire trasparenza nell’azione amministrativa e nell’organizzazione giudiziaria.

Va precisato che costituisce un aspetto del modello Bilancio sociale la realizzazione della Carta dei Servizi, che illustra agli utenti in modo compiuto e analitico l’attività dell’Ufficio giudiziario nell’ottica di una migliore, se non ottimale, fruizione del servizio giustizia.

Sia la Carta dei Servizi che il Bilancio sociale sono pubblicati sul sito web dell’Ufficio, rappresentando forma elettiva di comunicazione con il pubblico e l’utenza e garanzia di trasparenza dell’attività amministrativa, in accordo con i principi di cui al D.lgs. n. 33/2013.

 

Dalle esperienze esaminate emerge che il Bilancio sociale è stato realizzato attraverso l’intervento di società o esperti specializzati con i fondi del progetto Best Practices - FSE ovvero con Fondi erogati dalle istituzioni territoriali (ad esempio, la Regione Trentino Alto Adige). Hanno stabilmente collaborato magistrati e personale dell’Ufficio giudiziario coinvolto, talvolta strutturati in Ufficio Innovazione.

La sua realizzazione è legata alla disponibilità dei relativi fondi. Peraltro, attesa la cadenza annuale del Bilancio, la mancata rinnovazione nel tempo costituisce rischio di vanificazione degli effetti ottenuti. La Carta dei Servizi certamente presenta caratteristiche più durevoli ma necessita anch’essa, in quanto strumento di servizio e di comunicazione all’utenza, dei necessari aggiornamenti.

A Milano l’ultimo bilancio sociale presentato il 5.5.2017, realizzato  grazie al sostegno economico di Assolombarda e alla partecipazione nella elaborazione scientifica dei dati della Università Bocconi, si è arricchita di una analisi comparativa internazione dei risultati, con particolare riferimento   alle ricadute della efficienza del sistema giudiziario per gli investimenti economici.

La considerazione che sta emergendo è che il bilancio sociale costituisca uno strumento di analisi della attività giudiziaria che potrebbe essere più strettamente correlato con le relazioni di inaugurazione dell’anno giudiziario e con gli eventi culturali, anche aperti alla cittadinanza e agli studenti, esplicativi del funzionamento del mondo della giustizia alla società civile.

 

Lo studio e l’attuazione di tali esperienze dovrà essere approfondito sotto il profilo dei concreti risultati raggiunti non tanto sotto il profilo della comunicazione con le istituzioni e cittadini ma, in particolare, sotto il profilo dell’analisi interna. Manca allo stato, infatti, una rendicontazione che consenta di acquisire, sotto il profilo dei risultati, la traduzione in positivo delle criticità rilevate attraverso la rendicontazione “ interna”.

8. La attività giudiziaria come bene comune

Nel complesso si tratta di un patrimonio  vasto nella varietà delle esperienze (circa 1700 sono le Buone Prassi analizzate), ricco nei contenuti, che testimonia la vitalità e vivacità degli uffici giudiziari nella attività di modernizzazione del servizio giustizia, spesso anticipando gli interventi del Ministero.

Si tratta di declinazioni di principi e valori costituzionali (buon andamento e imparzialità della pubblica amministrazione), con attenzione al valore – che discende direttamente dall’art. 97 Cost. –   della trasparenza della pubblica amministrazione  

Buona parte delle prassi analizzate sono ormai  storicamente superate, ma non devono  essere dimenticate, e verranno a breve  inserite in una apposita sezione della parte  dedicata alla organizzazione e innovazione  del nuovo sito del CSM.

Parecchie di queste Buone Prassi hanno costituito la base per la creazione di software  informatici del Ministero diffusi di recente o di prossima distribuzione negli uffici.

Alcune di quelle ancora  attuali, oggetto di valutazione e selezione da parte del CSM nell’ambito di scelte di politica giudiziaria che tengano conto delle caratteristiche di sostenibilità economica e nel tempo, e di replicabilità sul territorio, e della finalità di raggiungere la ragionevole durata del processo e lo smaltimento dell’arretrato, bell’ambito di una organizzazione efficiente  della attività giudiziaria attenta alla qualità della giurisdizione,  saranno oggetto di sostegno al fine di una loro diffusione su tutto il territorio nazionale.

9. Il ruolo del Consiglio Superiore della Magistratura

Il tema dell’organizzazione del lavoro giudiziario e della ottimizzazione delle risorse riveste carattere centrale nel quadro complessivo del recupero di efficienza del sistema giudiziario. Si tratta di un ambito nel quale sono complementari le competenze del Consiglio Superiore della Magistratura e del Ministro della Giustizia (cfr. art. 110 Cost.) e su cui hanno incidenza rilevantissima i provvedimenti di formazione primaria di carattere ordinamentale e finanziario.  Organizzazione e ottimizzazione delle risorse sono parte integrante del quadro di riferimento costituzionale che delinea il treno della giustizia in cammino su due binari paralleli, i principi di autonomia - indipendenza-imparzialità della magistratura e quello di efficienza - efficacia-buon andamento del sistema giudiziario

Il Consiglio Superiore della Magistratura ha inteso dare  priorità, nell’esercizio delle sue complesse funzioni di governo autonomo della magistratura, ad interventi regolamentari, di indirizzo e di diffusione di buone prassi,  che consentano alla magistratura di fare il massimo sforzo organizzativo per contribuire, nelle condizioni date, al miglioramento degli standard di efficienza del sistema.

Inoltre il CSM si è impegnato a fornire massima collaborazione istituzionale, con pareri e proposte, al Ministero della Giustizia, affinché le prerogative del Ministro possano svolgersi con l’apporto conoscitivo proveniente dalla magistratura attraverso il principale canale di comunicazione istituzionale. In questa ottica l’auspicio è che il comitato paritetico istituito in materia di organizzazione possa rivelarsi capace di trovare soluzioni condivise, tempestive ed efficaci.   

L’interlocuzione permanente, ispirata ad un atteggiamento di leale collaborazione è anche funzionale a salvaguardare l’indipendenza della giurisdizione, che verrebbe invece  intaccata da scelte gestionali sui servizi che unilateralmente incidessero sulle modalità di svolgimento dell’attività giudiziaria. 

In tale ambito con il progetto “buone prassi” il Consiglio ha inteso far conoscere i progetti di innovazione organizzativa e  le esperienze di buone pratiche realizzate, portando alla luce la grande vitalità che caratterizza gli uffici giudiziari italiani. A tale fine è stato realizzato un portale istituzionale nel quale è prevista una specifica sezione dedicata all’esposizione delle buone prassi raggruppate in aree omogenee. Seguirà la realizzazione di una Intranet nel quale verranno pubblicati i documenti specifici di ogni esperienza.

 

Ci si muove cioè nella consapevolezza che organizzazione, innovazione e informatizzazione rappresentano imprescindibili strumenti di rafforzamento dell’efficienza e di velocizzazione dei tempi della giustizia.

 Occorre però rifuggire dalla tentazione di intendere l’organizzazione come sostitutiva delle risorse, e non – invece – come un metodo di ottimizzazione e di migliore gestione delle stesse che – in ogni caso – devono essere costantemente assicurate in misura adeguata. Ciò che è fondamentale non è solo la copertura di organici e la fornitura di mezzi materiale ma la continuità di tale fornitura.

In oggi la pianta organica dei magistrati, che prevede 10.151 magistrati (cfr. l. 181/2008) è caratterizzata da una scopertura pari a 1417 unità.

Ma ciò che serve è soprattutto una programmazione della copertura degli organici, sia di magistrati che amministrativi, attraverso concorsi programmati e periodici.

Non può poi essere sottaciuto il fatto che gli interventi organizzativi non possono prescindere da riforme normative stante il forte vincolo di natura legislativa che caratterizza l’organizzazione giudiziaria: possono essere ricordate, a titolo esemplificativo, la rigidità introdotta nell’organizzazione dall’attuale assetto determinato dalla separazione delle funzioni e la disciplina anacronistica del regime giuridico previsto in caso di mutamento del giudice nel processo.

Va infine evidenziato che comunque tutti gli strumenti adottati devono essere governati con cura per evitare il rischio, del tutto opposto all’obiettivo prefissato, di diminuzione delle garanzie e delle concrete possibilità per i cittadini di accesso alla difesa ed alla tutela dei diritti, nonché di riduzione della centralità della funzione del giudice nel controllo e nell’esercizio della giurisdizione. 

 

Lo stesso Consiglio è peraltro oggetto di una autorivisitazione organizzativa sia  nel senso di una migliore organizzazione del lavoro del CSM e dei consigli giudiziari, improntato a moderni processi di istruzione e decisione delle pratiche, sia nell’ottica di un maggiore raccordo con il lavoro degli uffici giudiziari i cui dirigenti, ormai, sono parte integrante del sistema di autogoverno su tutti i suoi aspetti più qualificanti (organizzazione, valutazioni di professionalità e carichi di lavoro, mobilità, controlli disciplinari ecc...). Parte del miglioramento dipende dagli organi di autogoverno, centrale e locale; parte da utili modifiche normative e da risorse che vanno reperite.

A tale fine ha il CSM ha avviato un progetto di reingegnerizzazione che, nelle intenzioni del  Consiglio, permetterà di conoscere e di gestire al meglio:

Si tratta di un grande progetto di innovazione che può radicalmente cambiare il funzionamento del governo autonomo della magistratura improntandolo a dati affidabili e facilmente estraibili.

Tale progetto si dovrà pero accompagnare anche ad una rivisitazione della stessa struttura del CSM che si occupa dell’organizzazione.

Oggi l’analisi dell’organizzazione degli uffici giudiziari rientra tra le competenze della VII Commissione che, peraltro, assomma anche la attività di approvazione delle tabelle, attività che assorbe la maggior parte delle forze disponibili.

Ciò che servirebbe è una rivisitazione della struttura organizzativa interna del CSM con la creazione di una struttura ad hoc (una sorta di dipartimento per l’organizzazione)  per lo studio e l’analisi dell’organizzazione degli uffici giudiziari con il supporto della Sto e dell’ufficio statistico al fine di contribuire alla modellizzazione di forme organizzative vincenti.

10. Conclusioni

Le buone prassi sono complessivamente la migliore risposta dei magistrati che operano negli uffici alla necessità di modernizzazione, culturale ed organizzativa,  della attività giudiziaria e alla necessità quindi di trovare modalità nuove di interazione e colloquio, all’interno degli uffici e con il territorio stante anche l’incapacità del Ministero e della Pubblica Amministrazione in genere di fare sistema.

La bontà della risposta delle Buone Prassi  è attestata dal fatto che il Ministero stesso ne sta accogliendo alcune come strumenti di organizzazione (TIAP, Consolle del PM, eccetera), cercando di dare risposte alla richiesta di formazione del territorio.

È un bene che questa risposta venga dall’interno degli uffici, perchè l’alternativa sarebbe una direzione manageriale esterna pericolosa per l’indipendenza della magistratura.

 

Il vero successo di tali buone prassi verrà però certificato dalla loro trasformazione in prassi ordinarie.

L’organizzazione deve diventare una parte del lavoro del giudice.

A sua volta l’organizzazione deve diventare uno strumento per migliorare la stessa prevedibilità delle risposte giudiziarie, prevedibilità che non rappresenta una limitazione all’autonomia del giudice.

A tale fine è necessario ribadire l’importanza che l’organizzazione degli uffici sia il frutto di un processo elaborativo partecipato, a sua volta espressione di una dirigenza partecipata e che si affermi una dirigenza partecipata tra uffici (cfr. delibera 11 maggio 2016 sulle priorità).

È quindi  un bene, ed è coerente con i valori di Area, alla quale  nei suoi componenti del  CSM va il merito politico del progetto,  che queste iniziative provengano dalla base della magistratura, dagli operatori negli uffici, in funzione di una organizzazione condivisa e partecipata  (37, tabelle, ma anche RID e Magrif, GOP) attraverso non solo deleghe, ma per  mezzo una vera ripartizione diffusa delle competenze,  coordinate tra loro.

Ciò che occorre ora è creare dei modelli stabili e riconoscibili da proporre sul territorio.