Accesso alla magistratura e prima formazione: la magistratura che verrà
La disciplina del concorso per la magistratura, l’impostazione del tirocinio dei M.O.T. e la mancata adozione di misure che consentano al magistrato di prima nomina l’effettiva gradualità di inserimento negli uffici di destinazione sono aspetti che condizionano la formazione dei nuovi magistrati. Ciascuno di questi aspetti, attualmente, presenta delle criticità.
1. IL CONCORSO
La procedura di selezione per l’accesso alla magistratura richiede che i candidati, oltre alla laurea in giurisprudenza, posseggano un ulteriore titolo, per conseguire il quale devono impiegare almeno altri due anni. Questo sistema ha determinato:
- un significativo incremento dell’età media dei vincitori di concorso, circostanza che condiziona non solo la scelta della sede da parte dei nuovi magistrati, ma anche le determinazioni relative ai tempi di permanenza nella stessa, con ricadute negative su uffici giudiziari già in affanno, quali quelli cui tendenzialmente sono destinati i magistrati di prima nomina;
- una selezione basata sul censo: il lungo periodo di studio non retribuito rende estremamente difficile l’accesso in magistratura per coloro che, pur essendo preparati e meritevoli, non dispongono di risorse economiche che consentano loro di dedicarsi esclusivamente allo studio per un arco temporale di almeno sette anni (cinque anni per il corso di laurea e due anni per il titolo ulteriore);
- prove di concorso che richiedono lo svolgimento di tracce estremamente nozionistiche, che privilegiano mere capacità mnemoniche, anziché l’attitudine al ragionamento critico dei candidati;
- il fallimento delle Scuole di Specializzazione per le professioni legali istituite presso le Università, che non sono state in grado di offrire una formazione adeguata: gli aspiranti magistrati preferiscono, infatti, frequentare corsi privati per la preparazione al concorso in magistratura.
Il ritorno ad un concorso di primo grado consentirebbe a giovani laureati meritevoli di accedere alla magistratura ed altresì di conservare l’eterogeneità di estrazione sociale e culturale di coloro che la compongono.
2. IL TIROCINIO DA MOT
Dovrà avere una durata non inferiore a 18 mesi, mantenendo l'attuale rapporto tra formazione presso la S.S.M. E formazione "sul campo", presso gli uffici.
Il periodo di formazione presso la Scuola, non dovrà articolarsi solo in lezioni frontali e si dovranno evitare impostazioni eccessivamente teoriche, che non rispondonon alle esigenze dei MOT, i quali già posseggono una buona e solida preparazione teorica ed hanno invece bisogno di apprendere gli aspetti pratici e concreti del lavoro.
E’ opportuno che la Scuola divenga sempre più il luogo in cui si offrono ai MOT gli strumenti per affrontare e gestire il lavoro e, quindi, in cui possano apprendere da colleghi più esperti buone prassi, protocolli di indagine, metodi e tecniche di organizzazione del lavoro, di gestione del ruolo, di redazione di provvedimenti.
3. LA SEDE DI PRIMA DESTINAZIONE
Per consentire ai colleghi di prima nomina di proseguire il percorso formativo, di approcciarsi adeguatamente al lavoro e per evitare che a questi ultimi si riservino trattamenti deteriori è necessario che i Dirigenti adottino azioni positive volte a garantire l’effettiva gradualità inserimento dei nuovi magistrati nella prima sede e che queste vengano poi vagliate dai Consigli Giudiziari in occasione della valutazione delle capacità organizzative dei Direttivi.
In particolare, dovrebbe darsi concreta attuazione a quanto previsto dall’art. 14 del regolamento del tirocinio circa la designazione da parte del CSM, già al momento dell’individuazione della sede per ciascun MOT, di un magistrato collaboratore nell’ufficio di destinazione, in quanto tale disposizione al momento non ha trovato attuazione se non in sporadici casi.