La crescita di AreaDG e l’autogoverno
Sono passati quasi cinque anni dalla prima assemblea nazionale di Area. Nel novembre del 2012 si parlava per la prima volta della struttura di questa nuova aggregazione di magistrati che sentiva la forte necessità di un raccordo tra le avanzate esperienze territoriali e le nuove rappresentanze consiliari e associative. Oggi il gruppo si è consolidato, con un coordinamento rappresentativo e autonomo, un segretario ed una capacità e responsabilità politica decisamente in crescita. Ne sono prova le riflessioni di AreaDG su temi che spaziano dai diritti fondamentali alla amministrazione della giustizia, dalle questioni internazionali a quelle associative e di autogoverno, e la capacità di approfondimento che emerge dalle tematiche di questo primo congresso.
Non paiono invece essersi attenuate le difficoltà che attraversavano gli organi di autogoverno e lo stesso Consiglio alla vigilia di quella prima assemblea, emerse allora in maniera dirompente nel dibattito. Ed è difficile potere affermare che l’impegno collettivo preso in quella sede di “perseguire un modello di autogoverno che rifiuta con fermezza la logica delle appartenenze” abbia consentito di ottenere i cambiamenti sperati.
Il confronto in questo congresso dovrà essere franco e dovrà essere capace di segnare la strada per proseguire con determinazione e maggiore efficacia in quell’impegno non dimenticando della assoluta necessità di muovere dall’intuizione originaria di AreaDG di un progetto inclusivo e trasversale che coinvolga anche magistrati non iscritti intorno ai temi che, fin dalla nascita del gruppo, costituiscono il centro della sua azione: garantire la qualità della risposta di giustizia e l’efficienza del servizio; tenere lontano interessi corporativi e di carriera; svolgere il mestiere di magistrato come “servizio”.
Contesto “esterno”
Sappiamo che oggi i maggiori pericoli per la giurisdizione, per i diritti del cittadino e per il sistema della giustizia hanno a che fare con la dimensione sovranazionale assunta dagli scambi economici, dall’estensione globale della rete dell’informazione, dall’internazionalizzazione degli stessi fenomeni criminosi. Occorre dunque una grande attenzione alla dimensione internazionale anche da parte della magistratura e un forte impegno nel seguire e promuovere il necessario cammino di riforma per la costruzione della nostra comune casa europea, dimensione indispensabile a superare le sfide sempre più complesse poste alla nostra società.
Il Rapporto Annuale Istat 2017 ci consegna un paese diverso da quello che abbiamo conosciuto nell’ultimo scorcio del secolo che ci siamo lasciati alle spalle. Assistiamo a una disgregazione delle classi sociali e una iniqua distribuzione dei redditi che penalizza sempre più famiglie, anche quelle che solo vent’ anni fa avremmo fatto rientrare nella “piccola borghesia”. Basti dire che il 6% delle famiglie (circa 4,5 milioni di persone) sono in stato di povertà assoluta, oltre il 28% a rischio di povertà o esclusione sociale e che il 70% degli under 35 vive ancora con i genitori.
La grave crisi economica ha avuto riflessi sulla struttura della società, sui corpi intermedi del paese (siano essi partiti politici o sindacati) e su tutte le forme associative. Essa richiede per questo, a tutte le istituzioni, un salto di qualità collettivo per essere affrontata.
L’esclusione sociale e la solitudine della persona, in una società in crisi e allo stesso tempo ad alta competitività che spesso non permette ai singoli di identificarsi in qualcosa di più grande del proprio destino individuale, sottraggono la speranza e il futuro, specie nei giovani, creando risentimenti che rischiano di lasciare i cittadini in balia di forze populiste e antisistema.
L’impegno di AreaDG non può che partire dalle diseguaglianze, ragionando su quelle da tempo esistenti e sui nuovi fattori di disparità, contrastando il formalismo giuridico che non consente di leggere le differenze tra le persone e le difficoltà dei più deboli. Un quadro questo che deve invece essere posto al centro della azione di tutela dei diritti, con una riflessione sulla giurisprudenza ispirata al compito che l’art. 3 della Costituzione affida alla Repubblica: perseguire l’uguaglianza come condizione di libertà e reale partecipazione alla vita economica, sociale e politica del paese.
Giurisdizione e magistratura
Alle difficoltà di comprensione dei cambiamenti sociali, al mutamento del ruolo del giudice nella interpretazione, all’aumento degli spazi della giurisdizione dovuti, nel nostro paese, anche alla debolezza del quadro politico, si aggiungono la complessità e la quantità della domanda di giustizia, difficilmente gestibili in un sistema che necessita di forte innovazione e ammodernamento. Ne seguono il ritardo nelle risposte e i danni economici e sociali che questo ritardo comporta.
Non deve quindi stupire che nella XIX edizione dell'Osservatorio su gli italiani e lo Stato, la fiducia nella magistratura, così come quella nei confronti delle altre istituzioni, sia in calo. Nella graduatoria lo Stato perde 10 punti percentuali e la magistratura 12, seguita solo dalle istituzioni della rappresentanza: Parlamento e partiti. La sfiducia nelle istituzioni e nella giustizia può condurre le persone a ritenere “inutile” il ricorso alla giurisdizione per la tutela dei diritti, portando a giustificare pericolosi atteggiamenti di “autotutela”.
In questo quadro AreaDG deve promuovere la consapevolezza del ruolo, l’alta professionalità del magistrato, che costituiscono il fondamento della legittimazione sociale della magistratura e sono il primo presupposto della sua indipendenza, intesa non come privilegio corporativo ma come garanzia per i cittadini.
La credibilità della magistratura potrà trovare sostegno nel miglioramento della efficienza del sistema, ma anche nel forte senso di responsabilità e deontologia degli appartenenti all’ordine giudiziario nonché nella capacità di confronto con le altre categorie professionali e la politica, in un dialogo che sappia unire alla critica, anche dura, la proposta e faccia del rispetto dell’interlocutore il primo elemento da cui le istituzioni possano trarre reciproca legittimazione.
Magistratura e politica. Gli incarichi fuori ruolo
Sappiamo che dopo la “popolarità” della lontana epoca di Tangentopoli, la fiducia nella magistratura è andata calando fino ad arrivare al 30% rilevato da Demos nel 2016. La causa di questo mutamento di opinione, al netto delle ragioni legate ai ritardi e alle inefficienze del sistema, è in gran parte “politica”: l’attività di contrasto all’illegalità svolta in quel periodo è stata vista dall’opinione pubblica come un opera di controllo e moralizzazione di un sistema compromesso e poco credibile. Successivamente, anche in ragione della discesa in campo politico di pubblici ministeri che hanno goduto della notorietà e fiducia acquisita nel corso dell’esercizio delle funzioni giudiziarie, nell’opinione pubblica si è diffusa la tendenza a percepire l’ingresso in magistratura come scelta finalizzata a “fare politica”.
Ma come ben sappiamo spesso la realtà e la sua percezione non coincidono.
Può essere senz’altro utile intervenire legislativamente per chiarire e integrare la disciplina di accesso alla candidatura e di rientro in ruolo dei magistrati alla fine del mandato, ma pensare che questo basti a ripristinare la “imparzialità percepita” della magistratura è una illusione.
Occorre piuttosto esser capaci di smentire una falsa “realtà”, promuovendo un serrato rispetto delle regole deontologiche (penso ad esempio al rispetto dell’art. all’art.6 del codice deontologico della ANM nella parte in cui limita in termini ristrettissimi l’intervento pubblico su procedimenti nei quali il magistrato abbia avuto parte, a qualunque titolo).
Anche AreaDG può offrire un decisivo contributo al recupero della credibilità della magistratura prendendo costantemente e pubblicamente le distanze da inopportune condotte di quei magistrati che, attraverso una esasperata esposizione mediatica approfittano dell’autorevolezza loro derivante dallo svolgimento dell’attività giudiziarie utilizzano nel confronto politico le conoscenze acquisite e le convinzioni maturate in quel contesto. Sappiamo infatti che la deontologia si colloca su un piano diverso rispetto al sistema disciplinare, individuando norme di comportamento ispirate all’attuazione dei valori etici fondamentali propri della categoria e pur utilizzando una “sanzione debole” essa è efficace essendo capace di censurare un’ampia gamma di comportamenti attraverso la disapprovazione dell’ambiente professionale di riferimento.
È inoltre opportuno pensare al miglior modo di “governare” lo strumento del collocamento fuori ruolo, impedendone l’abuso e non creandone uno stigma.
Occorre tuttavia ragionare fuori da ogni spinta demagogica e di ricerca di consenso dentro e fuori la categoria, concentrando la valutazione della bontà del collocamento fuori ruolo sul ritorno di “utilità” alla giurisdizione e soprattutto sulla crescita di professionalità non personale ma della magistratura stessa, possibile solo nell’osmosi dei saperi e nella acquisizione di competenze in relazione della tipologia di incarico in altre istituzioni.
Non può essere certo sottovalutato come lo spirito di servizio finalizzato al miglior funzionamento della giustizia e alla tutela dei diritti e delle situazioni di diseguaglianza, che dovrebbe improntare l’agire di ogni magistrato, specie se progressista, possa essere speso anche nell’esercizio di incarichi di fuori ruolo.
È un dato di esperienza, maturato in questo nostro periodo presso il Ministero della Giustizia, che l’amministrazione per conoscere le esigenze degli uffici giudiziari abbia necessità di avere al suo servizio magistrati, che conoscano quella realtà e, dunque, abbiano maturato un adeguato percorso professionale nella giurisdizione. Allo stesso tempo è di grande utilità la conoscenza della struttura, delle funzioni e delle attività del Ministero da parte non soltanto dei dirigenti, chiamati a sempre più delicate incombenze, ma di tutti i magistrati, a partire da quelli in tirocinio (e la scuola superiore della magistratura ha aggiornato l’offerta formativa in tal senso).
Pensiamo che l’attività svolta con passione e impegno presso il Ministero, in questa ultima legislatura, da tanti magistrati che avevano analizzato problemi e pensato progetti per gli uffici durante il loro percorso professionale nella giurisdizione, anche all’interno di elaborazioni associative o di gruppo, abbia contribuito a ottenere risultati che, se non possono dirsi soddisfacenti avuto riguardo alle condizioni dei singoli uffici giudiziari, sono comunque di grande rilievo se parametrati alle condizioni di partenza.
Solo qualche esempio: 1.770 persone assunte attraverso processi di mobilità e scorrimento di graduatorie di concorsi banditi da altre amministrazioni e stabilizzazioni; 1.400 le unità di personale che saranno assunte grazie al concorso che si sta svolgendo in questi giorni, il primo dopo 20 anni di blocco assoluto; avvio dopo anni dei processi di riqualificazione del nostro personale amministrativo e di una seria contrattazione con i sindacati. Tantissimo rispetto al dato di partenza e alle difficoltà organizzative della amministrazione alla sua prima esperienza concorsuale, di formazione e riqualificazione dopo un ventennio. Certo ancora poco rispetto ai vuoti d’organico degli uffici giudiziari creati da anni di immobilismo.
E ancora si pensi anche ai nuovi indirizzi nella azione dell’ispettorato, ai processi di innovazione tecnologica, agli interventi e cospicui investimenti per l’estensione del processo civile telematico, per il potenziamento delle infrastrutture e dei sistemi di assistenza e per il completamento del SICP, alla modifiche delle piante organiche della magistratura dopo anni di attese, al cambiamento di rotta nelle politiche del ministero in ambito di esecuzione penale.
Oltre 1.600 milioni di euro per risorse aggiuntive, tra i quali il recupero di anni di FUG arretrato, destinati in gran parte ai processi organizzazione degli uffici.
Concludiamo con l’auspicio che AreaDG organizzi una serie di incontri tematici volti a far conoscere ai magistrati l’attività svolta dalla amministrazione della giustizia, favorendo un dialogo utile a sensibilizzare le politiche del Ministero alle più pressanti necessità degli uffici giudiziari.