Le sfide di AreaDG
Come componente del coordinamento nazionale, sono testimone del lavoro e della passione con la quale tutti gli amici che ne fanno parte hanno lavorato in questi mesi per la costruzione di AREA Democratica per la Giustizia e, insieme al coordinamento di Napoli, per il successo di questo congresso. Anche a nome dell’esecutivo di Magistratura Democratica desidero per questo ringraziarli.
Si è aperta una nuova fase nella quale AreaDG potrà e dovrà esprimere appieno la vocazione che è nel suo “codice genetico”. AREA nasce da una “sfida” (creare una forma di aggregazione diversa dai gruppi tradizionali) e per realizzare una “sfida”: essere soggetto plurale, che non intende costruire intorno a sé nuovi steccati ma conservare, e anzi rafforzare, la sua capacità “inclusiva”, valorizzando i punti di incontro fra percorsi collettivi diversi e fra questi e quelli dei singoli.
AreaDG potrà e dovrà dare prova di una raggiunta maturità politica, che le consentirà di essere un luogo di confronto aperto, dove vogliamo creare un pensiero “forte” su valori condivisi, e in nome di questi valori ricercare la sintesi;dove è considerata una ricchezza e non un limite la pluralità di voci che appartengono a tutti coloro che in questo progetto hanno investito, al patrimonio di elaborazione dei gruppi che hanno dato vita ad Area, e a quanti, anche tenendo vivo questo patrimonio e la voce dei gruppi e dei singoli che ne sono portatori,intendono continuare nel percorso di Area.
Questa è stata la scelta fatta all’ultimo congresso da Magistratura Democratica, nella convinzione di dover e di poter concorrere alla crescita di AREA senza rinunciare alla sua soggettività e portando in Area i risultati della sua elaborazione e del suo impegno che oggi vuole confrontarsi con il tema delle nuove diseguaglianze, al quale è stato dedicato il congresso di Bologna. Un impegno culturale,per diventare giudici più “consapevoli” di quelli che oggi devono essere i nostri “compiti” nella giurisdizione; un impegno che guarda all’esterno, e alla creazione delle sinergie ed alleanze culturali necessarie per rendere la giurisdizione all’altezza di questi nuovi compiti.
L’esito del congresso di Bologna è stato interpretato da alcuni come un passo indietro rispetto al progetto di Area, o come una scelta comunque non compatibile con questo percorso.
Ai dubbi rispondono i fatti: oggi siamo tutti qui insieme per il primo congresso di AreaDG.
Penso che da oggi possiamo guardare avanti. Voltare pagina, archiviando anche il linguaggio, il metodo e i contenuti del nostro confronto interno sulle forme della soggettività di Area e sulla compatibilità di questa con quella dei gruppi fondatori.
Guardiamo avanti e voltiamo pagina, rilanciando il nostro progetto di impegno comune per una magistratura migliore, come premessa per una giustizia migliore.
Portiamo avanti l’aspirazione condivisa, che oggi dà senso alla nostra presenza in questo luogo e alla scelta di “stare insieme”: fare del nostro impegno associativo lo strumento per contribuire alla crescita e all’affermazione dei valori di fondo nei quali ci riconosciamo; operare perché la giurisdizione sia il luogo di effettiva tutela dei diritti; coltivare l’ambizione di voler rappresentare e promuovere un’idea dimagistratura aperta, pienamente consapevole del proprio ruolo, professionalmente attrezzata, attenta alle garanzie e ai limiti della sua funzione.
Un’aspirazione che deve oggi confrontarsi con la complessità dello scenario interno alla magistratura che, sotto il peso delle difficili e talvolta insostenibili condizioni di lavoro, della delegittimazione e della crisi di fiducia che l’inefficienza del servizio che rendiamo alla collettività comporta, appare ripiegata su stessa, percorsa da pulsioni che spingono verso la chiusura corporativa e verso logiche autoreferenziali e “protettive”; una magistratura agitata da sentimenti di populismo, fortemente sensibile alle prospettive individuali di carriera, non sufficientemente consapevole dei gravi rischi che si nascondono dietro il desiderio di “rivincita” rispetto all’azione di delegittimazione dall’esterno e alle manifestazioni di insofferenza al controllo giurisdizionale, e dietro la nostra tentazione di “riprenderci la scena” nel paese proponendoci come gli unici eroi senza macchia e senza paura.
Difficile e complesso è il contesto esternonel quale, se vogliamo ritrovare interlocutori, dobbiamo impegnarci ad essere interlocutori credibili, e a creare sinergie intorno a proposte forti e innovative che partono dalla convinzione che abbiamo voluto esprimere nella scelta dei contenuti e del titolo di questo congresso: la giustizia come bene comune. Vogliamo segnare un cambiamento di visione, di approccio, di prospettiva, di percezione per la collettività e per noi stessi del nostro impegno per la giurisdizione e nella giurisdizione, che deve essere alla base di un nuovo progetto e di un dialogo costruttivo all’interno della magistratura associata e con tutti i nostri interlocutori, a cominciare dai rappresentanti dell’Avvocatura.
Con idee e contenuti forti, e con il metodo dialettico ed inclusivo dobbiamo agire nell’autogoverno e nell’ANM, i luoghi dove da tempo AREA ci rappresenta.
In questi luoghi oggi più forte è l’esigenza di promuovere una visione “alta” del ruolo e della nostra funzione, che faccia da argine al rischio di derive burocratiche, correntizie e corporative alle quali non siamo estranei.
Sapremo essere un “argine” a queste derive se per questo obiettivo lavoreremo senza atteggiamenti e senza pretese di superiorità, con la coscienza dei nostri limiti, con una attenzione critica anzitutto alle nostre cadute e alla nostre incoerenze, con le scelte coraggiose che ci impone quella che deve essere la nostra aspirazione: non a volerci rappresentare all’esterno e neppure a sentirci NOI magistrati “migliori” degli ALTRI ma ad esigere prima di tutto “il meglio” da noi stessi.
Portiamo avanti il nostro impegno in ANM con il metodo del dialogo e del confronto costruttivo, che può aiutarci a recuperare un ruolo forte e significativo nel dibattito culturale e politico nel paese e di interlocutori credibili, anche quando dobbiamo essere molto critici; un metodo che ci tiene tutti nel recinto del confronto istituzionale, nel quale nessuno può scegliersi gli interlocutori e tutti possono pretendere reciproca legittimazione; il metodo con il quale possiamo essere promotori e compartecipi di un cambiamento culturale nell’ approccio ai temi della giustizia, del processo e delle garanzie: deporre le armi e ragionare di Giustizia come di una risorsa e di un bene comune. E’con questo approccio che potremo raccogliere imessaggi di forte apertura e le sollecitazioni venute anche dall’Avvocatura: l’ho già fatto in altre occasioni e voglio anche oggi ricordare le parole con le quali l’avv. Mascherin, nel suo discorso alla cerimonia di apertura dell’anno giudiziario del CNF, ha invitato tutti al dialogo e al linguaggio del dialogo, e l’Avvocatura ad un impegno politico per una democrazia solidale e per i diritti, ad acquisire e promuovere una alta “visione politica del suo ruolo in senso pieno”. Una grande sfida per l’avvocatura, una grande sfida per la magistratura.
E’ con questo metodo che possiamo recuperare una piena legittimazione anche interna, messa a dura prova dal diffondersi in magistratura dei sentimenti dell’”antipolitica”, e dai segnali di distacco verso la nostra Associazione da parte dei più giovani magistrati che abbiamo colto anche nella scelta di costituire un autonomo e distinto organismo rappresentativo.
Ancora più difficile è la sfida che AreaDG deve affrontare nell’autogoverno.
L’autogoverno sta vivendo una stagione molto complessa. Scontiamo oggi la mancanza di una forte progettualità di tutta la magistratura e la difficoltà a far ripartire una elaborazione comune su temi qualificanti, come quelli della professionalità e della dirigenza, a ritrovare una comune linea ispiratrice per governare il sistema riformato nel 2007 e a proseguire nell’azione di rinnovamento, correggendo le distorsioni che si sono prodotte, affinando e valorizzando gli strumenti a disposizione dell’autogoverno.
La magistratura oggi trasmette all’autogoverno, che le riceve, le sue istanze espressione di nuove forme di carrierismo, alimentate dalle prospettive di un più facile e “precoce” accesso agli incarichi direttivi, alle quali non abbiamo saputo contrapporre un forte investimento su quelli che potevano essere i meccanismi di rottura del “sistema” di carriera (le valutazione di professionalità, le conferme).
D’altro canto si colgono chiaramente i segnali di inquietudine, di sfiducia, di un cambiamento verso una pericolosa crescente distanza fra la magistratura e il suo sistema di autogoverno, che certamente si inquadra nel più ampio e complesso quadro di crisi delle istituzioni e della rappresentanza associativa ma che ci impone oggi di riflettere sulle criticità emerse in questi anni anche nella nostra linea di governo della magistratura e nel difficile esercizio delle accresciute prerogative discrezionali del Consiglio.
AreaDG crede nell’autogoverno, ed ha sempre messo al centro dei suoi progetti e dei suoi programmi la difesa dell’autogoverno e la promozione dei suoi valori. Siamo consapevoli che la sua legittimazione e la sua credibilità, interna ed esterna, sono le condizioni perché l’autogoverno continui ad essere garanzia per l’indipendente ed autonomo esercizio della funzione giurisdizionale e lo strumento attraverso il quale la magistratura deve e può mettere queste sue prerogative “al servizio” della giurisdizione, promuovendo responsabilità e professionalità dei singoli e dei dirigenti e facendosi carico delle condizioni di funzionalità ed efficienza degli uffici giudiziari.
Questo è l’autogoverno che vogliamo. Questa è la nostra promessa. Rispetto a questo ambizioso obiettivo noi vogliamo e dobbiamo creare aspettative nella magistratura, svolgere un ruolo di egemonia culturale e avere capacità di aggregazione negli uffici e in tutto il circuito dell’autogoverno.
Il nostro impegno passa oggi attraverso una riflessione e un’analisi sulla nostra capacità di essere ed essere percepiti come credibili interpreti di questo ruolo.
Dobbiamo chiederci se e in che misura siamo stati in grado di soddisfare queste aspettative.
Sarebbe un errore non cogliere, sottovalutare o minimizzare i segnali negativi che ci riguardano, e che anche in questi giorni sono arrivati dalle elezioni per l’ANM a Milano.
Sarebbe un errore rinviare a improbabili tempi “migliori” un confronto interno sulla coerenza delle nostre linee generali di azione e delle nostre scelte, negli uffici e in tutto il circuito dell’autogoverno, con i valori e i principi condivisi. Sarebbe un errore non comprendere che, se il nostro impegno qualificante di magistratura progressista è contrastare le istanze e le logiche della corporazione e quelle territoriali che pure ci riguardano, riconoscibile e rivendicata deve essere la nostra distanza dalle dinamiche nelle quali queste logiche e queste istanze trovano spazio. Sarebbe un errore non comprendere che questa presa di distanza deve essere credibileed esplicitata, ancheattraverso scelte di dissenso, quando necessarie, e motivazioni leggibili, attraverso il coraggio – in alcuni casi – di essere minoranza, agendo come pungolo e voce critica dall’interno del sistema ma sempre rimanendo “dentro” il sistema.
Dobbiamo dunque saper essere critici ed esigenti con noi stessi.
Questa è la strada obbligata per un gruppo che vuole mettere i suoi valori e principi condivisi al di sopra di tutto, al disopra del consenso e delle aspettative dei singoli. Questo è il compito non facile che ci aspetta e al quale non possiamo sottrarci se vogliamo operare come Area perché la magistratura intera torni a sentire forte il suo senso di appartenenza all’autogoverno e all’istituzione consiliare, conservando piena consapevolezza del valore di questo sistema di rappresentanza che ci ha consentito – con alti e bassi, e non senza cadute – di diventare ed essere magistratura “autonoma” e “indipendente”. Questo è il nostro compito se vogliamo difendere l’autogoverno dall’azione di delegittimazione, dagli attacchi dichiarati e da quelli più insidiosi derivanti da mutamenti interni, e se vogliamo credibilmente rivendicare le nostre scelte, le “cose buone” che facciamo e che abbiamo fatto nell’autogoverno, con l’impegno per il rinnovamento della dirigenza e per l’efficiente organizzazione degli uffici, nell’esercizio delle importanti prerogative del CSM relative all’attività consultiva.
Questo è il nostro compito se vogliamo operare per salvaguardare il ruolo del Consiglio di istituzione fondamentale che ha dato voce al pluralismo culturale, facendo della tutela dell’indipendenza e dell’autonomia un fattore culturale unificante e di crescita di tutta la magistratura e, nel paese, un “valore” della nostra democrazia.
Un compito non semplice ma, come ho detto, AreaDG nasce come una sfida e vuole essere una sfida.
E per vincere le sfide dobbiamo chiedere molto a noi stessi e, quando necessario, essere pronti ed avere il coraggio di rimetterci in discussione.