Ho 45 anni, sono giudice del Tribunale di Roma. Ho svolto funzioni di giudice del Riesame e delle misure di prevenzione.
Attualmente svolgo la funzione di giudice del dibattimento, occupandomi di reati contro la P.A.
Sono stata in applicazione extradistrettuale a Vibo Valentia, dove, unitamente alle funzioni dibattimentali, di riesame e prevenzione, ho svolto anche le funzioni di giudice delle indagini preliminari.
Dal 2019 sono stato nominato magistrato formatore decentrato per il distretto di Roma, con delega alla magistratura onoraria ed ai magistrati ordinari in tirocinio, ruolo che mi ha permesso di apprezzare ulteriormente, sotto una diversa prospettiva, la delicatezza e l’importanza della formazione iniziale nella quale, negli anni, mi ero già cimentata sia in veste di magistrato coordinatore che di magistrato affidatario.
Ho sempre creduto nell’importanza della partecipazione alla vita associativa perché ritengo che la gestione degli uffici e la possibilità di esprimere una giurisdizione costituzionalmente orientata, capace di garantire e salvaguardare i diritti di cui siamo i custodi, nasca dal contributo di ciascuno.
È a questi valori che mi sono ispirata anche quando ho ricoperto il ruolo di presidente della sezione distrettuale di Roma dell’ANM.
La mia candidatura nasce dalla profonda consapevolezza che in questo particolare momento storico sia indispensabile contribuire a rilanciare, a partire dal sistema dell’autogoverno, la funzione sociale della giurisdizione e di un CSM che la tuteli, anche rispetto a crescenti sentimenti di delegittimazione che, ove provenienti da fronti interni, tendono ad imporre una visione burocratica della magistratura e corporativa della vita associativa annichilendo anche l’entusiasmo della magistratura più giovane, vero e proprio valore da preservare.
Ritengo che il Consiglio Superiore sia e debba rimanere il presidio della indipendenza dei magistrati resistendo sia alle pressioni gerarchiche provenienti dall’interno ed amplificate dalle recenti modifiche normative ed ordinamentali, sia alle crescenti e ripetute campagne di delegittimazione.
Ciò sarà possibile anche attraverso la valorizzazione di una comunicazione costante e trasparente della propria attività, con cui parlare della giurisdizione e mantenendo e salvaguardando il contatto con gli uffici ed il dialogo con i colleghi al fine di raccoglierne le istanze e le aspettative e contribuire a rilanciare l’idea della Magistratura come potere diffuso.