Nomina del Procuratore di Perugia: le ragioni del voto
Ieri il Plenum ha nominato il nuovo Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Perugia.
La Commissione aveva formulato due proposte: una per il dott. Raffaele Cantone (votanti, Benedetti, Cerabona, Suriano) e una per il dott. Luca Masini (votanti, Davigo, Miccichè); astenuto il cons. Mancinetti.
In esito ad ampia discussione è stato nominato il dott. Cantone (a favore del dott. Cantone: Cascini, Suriano, Zaccaro, Chinaglia, Dal Moro, Benedetti, Cerabona, Donati, Gigliotti, Lanzi, Basile, Cavanna; a favore del dott. Masini: Davigo, Marra, Pepe, Ardita, Di Matteo, Miccichè, Braggion, D’Amato; astenuti: Mancinetti, Ciambellini e Grillo).
Spieghiamo le ragioni del voto, nonché la posizione sulla questione, in generale, della valutazione del “fuori ruolo” in occasione delle nomine, in particolare per posti direttivi.
Nel programma per le elezioni CSM i candidati di Area si sono impegnati per una riforma della normativa secondaria in materia di dirigenza, che prevedeva in particolare la valorizzazione dell’esperienza professionale, in ragione dei risultati conseguiti, e, quanto al valore da attribuire alle esperienze fuori ruolo, l’analisi di specifici aspetti (il metodo con cui si è stati chiamati ad assumere l’incarico; la maggiore o minore “vicinanza” alla politica dell’incarico stesso; la tipologia dell’incarico con riferimento a maggiore o minor affinità con le funzioni giudiziarie e la rilevanza dell’esperienza dal punto di vista dell’acquisizione di capacità organizzative; la durata dell’incarico). Ci si era altresì presi l’impegno di modificare la previsione nel senso che l’esperienza fuori ruolo fosse validata, quale presupposto per il conferimento di incarichi direttivi al rientro in ruolo, da un congruo periodo di lavoro nella giurisdizione.
L’impegno assunto in campagna elettorale si è concretamente tradotto in un'effettiva proposta, da parte nostra, di modifica del Testo Unico sulla dirigenza, nel senso sopra indicato, proposta che auspichiamo sia al più presto trattata e approvata. Si tratta, peraltro, dell’unica proposta di modifica del TU che sia stata sinora presentata.
Nelle more, è evidente che occorre, nell’esercizio della discrezionalità, applicare le norme attualmente vigenti. Non possiamo disapplicare le norme se non le condividiamo; possiamo cercare di cambiarle, ma, sino al cambiamento, dobbiamo applicare quelle vigenti. E, dunque, in assenza di una regola che escluda dalla partecipazione al concorso per direttivi i magistrati provenienti da recente fuori ruolo, è doveroso procedere alla valutazione del loro profilo in comparazione con quello degli altri candidati.
La coerenza dell’esercizio della discrezionalità deve essere verificata sulla base del metodo di valutazione dell’esperienza fuori ruolo e non certo sulla base dell’esito, favorevole o sfavorevole per “il fuori ruolo”, della procedura.
Ed allora, quanto al fuori ruolo, l’attuale TU prevede, all’art. 6, tra gli indicatori generali dell’attitudine, anche “altre esperienze organizzative maturate anche al di fuori dell’attività giudiziaria”.
L’art. 13 a sua volta prevede che “L’attitudine organizzativa e le esperienze ordinamentali maturate attraverso attività professionali fuori del ruolo organico della magistratura sono valutate in concreto apprezzando: la natura e le competenze dell’ente conferente l’incarico, con particolare riguardo al Ministero della giustizia e agli organi costituzionali; l’attinenza del contenuto dell’incarico alla funzione giudiziaria; l’idoneità dell’incarico fuori ruolo all’acquisizione di competenze utili all’amministrazione della giustizia e i risultati effettivamente conseguiti”.
L’art. 17 prevede gli indicatori specifici per gli Uffici direttivi giudicanti e requirenti di primo grado di piccole e medie dimensioni, così individuati: a) le esperienze maturate nel lavoro giudiziario, tenuto conto della pluralità dei settori e delle materie trattate nella giurisdizione, e i risultati conseguiti in termini qualitativi e quantitativi valutati in base agli elementi di cui all’articolo 8, considerando anche la durata delle esperienze quale requisito di validazione; b) le pregresse esperienze direttive e semidirettive in uffici omologhi per funzioni, valutate in base agli elementi di cui all’articolo 7, tenendo conto anche della loro durata quale requisiti di validazione, nonché le esperienze di collaborazione nella gestione degli uffici di cui all’art. 9.
La circolare fissa poi i criteri per la valutazione comparativa dei candidati, allo scopo di individuare il candidato “più idoneo” per l’ufficio. Il giudizio deve essere complessivo e unitario sull’intero profilo professionale del magistrato.
Quanto specificamente al profilo attitudinale, il giudizio comparativo attribuisce “speciale rilievo” alla valutazione degli indicatori specifici in relazione a ciascuna delle tipologie di ufficio, fermo restando che gli indicatori generali devono essere sempre valutati quali ulteriori elementi costitutivi del giudizio condotto secondo gli indicatori specifici.
A normativa secondaria invariata, ci siamo sempre attenuti al rispetto delle norme del Testo Unico, sopra indicate, calate nella specificità delle singole vicende e delle concrete comparazioni di volta in volta effettuate. Nelle procedure di nomina ciò che rileva è il giudizio complessivo sul percorso professionale dei singoli candidati e la valutazione comparativa tra gli stessi. All’interno del giudizio complessivo sul percorso professionale dei singoli candidati assume rilievo anche il periodo trascorso fuori ruolo senza che, però, possa derivarne alcun automatismo né in un senso né nell’altro. Nessun candidato è stato, quindi, mai escluso in ragione delle sue esperienze fuori ruolo, che sono state considerate e valutate, sia positivamente che non positivamente, secondo le norme del Testo Unico, in unione agli altri elementi emergenti dai curricula.
Basti considerare i casi in cui sono stati nominati magistrati che avevano percorsi fuori ruolo, anche recenti, nei quali l’esperienza fuori ruolo è stata positivamente valutata in quanto estremamente vicina alla giurisdizione, sia sotto il profilo dell’esercizio della giurisdizione che sotto il profilo dell’organizzazione.
In altri casi, pure evocati nel dibattito, il magistrato con esperienza fuori ruolo non è stato ritenuto più idoneo sulla base di una comparazione complessiva dei profili e non in ragione della esperienza fuori ruolo.
Quanto agli indicatori specifici di cui all’art. 17, occorre considerare che:
- il criterio principale di valutazione è quello della qualità del lavoro giudiziario svolto, che non deve essere valutato acriticamente in base alla durata dell’esperienza, ma in relazione ai “risultati conseguiti”;
- non esiste una gerarchia degli indicatori che imponga di attribuire prevalenza in sede comparativa a chi abbia svolto funzioni direttive o semi-direttive in una sorta di verticalizzazione della carriera dei magistrati.
Nel caso del dott. Cantone, l’applicazione delle norme vigenti del Testo Unico dirigenza porta a ritenere, secondo il nostro giudizio, che egli sia il candidato più idoneo per l’ufficio.
Nello specifico.
- Esperienza svolta quale Pubblico Ministero per oltre 15 anni: dal 1992 al 1996 presso la Procura della Repubblica presso la Pretura di Napoli, assegnato alla sezione che si occupava di criminalità comune (tra cui usura e colpa professionale); dal 1996 al 1999, presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Napoli, dove il dott. Cantone, assegnato alla sezione criminalità economica e finanziaria, ha coordinato le investigazioni di importanti procedimenti che in quel periodo venivano istruiti dall’ufficio inquirente napoletano, relativi a reati societari e bancari commessi dagli amministratori e sindaci di istituti bancari o di società assicurative, alcuni con profili giuridici di diritto comunitario e rogatorie all’estero (Themis); dal 1999 al 2007, presso la Procura della Repubblica di Napoli, assegnato alla Direzione Distrettuale Antimafia, dove il dr. Cantone ha svolto indagini di assoluta eccellenza riguardanti la ricostruzione degli organigrammi dei principali sodalizi operanti nel casertano, e ha istruito numerosi processi riguardanti le infiltrazioni delle organizzazioni malavitose nelle amministrazioni locali, occupandosi, altresì, delle ampie collusioni con esponenti delle forze dell’ordine e di altre istituzioni pubbliche. A lui si deve l’avvio dei principali filoni di indagine relativi al gruppo camorristico casalese. I risultati conseguiti nello svolgimento della funzione requirente per 15 anni sono, con tutta evidenza, di altissimo livello. Del resto, proprio l’efficacia dell’attività svolta in quell’ufficio – e la conseguente esposizione personale – hanno costretto il dott. Cantone al trasferimento per ragioni di sicurezza in presenza di concreti progetti di attentato nei confronti suoi e dei suoi familiari.
- Esperienza svolta presso l’Ufficio del Massimario della Corte di cassazione, ove il dott. Cantone ha prestato servizio: dal 2007 al 2011 presso il settore civile, dal 2011 al 2013 nel settore penale. Dal 2013 è stato coordinatore del settore penale, con importantissima attività di massimazione e di approfondimento scientifico e di studio. Respingiamo la visione per cui il periodo di lavoro al Massimario dovrebbe essere non valutato ai fini dello svolgimento dell’attività di Procuratore della Repubblica: al contrario, secondo l’idea per la quale il Pubblico Ministero appartiene e deve appartenere alla giurisdizione, si tratta di esperienza di estrema importanza per consentire di acquisire una visuale completa delle funzioni giudiziarie anche nella prospettiva del giudicante e di quella del giudice dell’impugnazione; fondamentale per una visione complessiva delle funzioni requirenti in relazione alla possibile tenuta processuale delle opzioni investigative e processuali.
- Esperienza svolta presso l’Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) della quale il dott. Cantone è stato Presidente dal 2014 al 2019.
Tale ultima attività va valutata alla stregua dell’art. 13 del Testo Unico sulla dirigenza. In proposito osserviamo.
a) Quanto alla “natura e le competenze dell’ente conferente l’incarico, con particolare riguardo al Ministero della giustizia e agli organi costituzionali":
- l’ANAC è un’autorità indipendente che si occupa della vigilanza in materia di anticorruzione, conflitti di interesse, trasparenza ed appalti pubblici; le autorità indipendenti si caratterizzano per l’indipendenza, che le sottrae al rapporto di subordinazione sussistente tra tutte le amministrazioni statali e il governo; godono di piena indipendenza di giudizio e di valutazione; il Governo non può esercitare nei loro confronti la tipica funzione di indirizzo e di coordinamento, e quindi non può influire sui poteri tecnico discrezionali di loro spettanza;
- la nomina avviene con Decreto del Presidente della Repubblica previa deliberazione del Consiglio dei Ministri e parere favorevole delle Commissioni parlamentari competenti espresso a maggioranza dei due terzi dei componenti: una maggioranza, quindi, particolarmente qualificata;
- non può dirsi che si tratta di incarico “politico” né per modalità di nomina né per regole di svolgimento;
- nel corso dello svolgimento, in concreto, dell’incarico non si sono rilevate criticità di alcun genere o dubbi di parzialità.
b) Quanto alla “attinenza del contenuto dell’incarico alla funzione giudiziaria”:
- è evidente la connessione tra l’attività giudiziaria e l’attività (di natura amministrativa) dell’ANAC, attività di vigilanza e contrasto in materia di corruzione, che si sostanzia anche in un’attività ispettiva e nell’adozione di sanzioni;
- plurimi sono gli ambiti di interferenza tra l’attività dell’ANAC e quella dell’Autorità giudiziaria nel contrasto (in senso ampio) dell’attività illecita nella pubblica amministrazione; lo testimoniano, tra l’altro, i plurimi accordi conclusi dall’ANAC con gran parte delle Procure e delle Procure Generali, al fine di “massimizzare l’efficienza e la tempestività della collaborazione” in materia, per lo scambio di atti e documenti e per la collaborazione su materie di competenza contigue, come pure la gestione e il raccordo tra l’attività dell’ANAC e quella del nucleo della Guardia di Finanza (nucleo anticorruzione) con sede a Roma e dei referenti (nuclei territoriali) in ogni regione;
- la stretta interferenza dell’attività dell’ANAC con la funzione giudiziaria nell’attività di contrasto ai reati contro la pubblica amministrazione appare evidente non solo dal punto di vista teorico – afferendo entrambe all’attività in senso ampio di repressione dei reati contro la pubblica amministrazione – ma anche dal punto di vista strettamente operativo, sia in relazione alla trasmissione di informazioni utilizzabili in sede penale che nel coordinamento degli interventi investigativi volto a non vanificare la reciproca attività;
- non pare dunque discutibile l’attinenza alla funzione giudiziaria dell’incarico espletato dal dott. Cantone quale Presidente dell’ANAC. Peraltro, è da evidenziare come tale attività è stata svolta in relazione ad uno dei settori dell’attività requirente – reati contro la pubblica amministrazione – sicuramente più complessi anche in considerazione dell’articolata normativa (anche comunitaria) in materia di lavori pubblici.
c) Quanto alla “idoneità dell’incarico fuori ruolo all’acquisizione di competenze utili all’amministrazione della giustizia” e ai “risultati effettivamente conseguiti”:
- dal punto di vista strettamente organizzativo l’ANAC presenta una struttura complessa composta, a seguito dell’incorporazione di altra autorità (l’Autorità di vigilanza dei contratti pubblici), da oltre 300 dipendenti, al cui vertice siede un organo collegiale (Consiglio) composto di 5 persone. Quale Presidente dell’ANAC il dott. Cantone ha redatto un complesso piano con cui ha riorganizzato la struttura dell’Autorità e i suoi uffici interni dopo l’incorporazione dell’AVCP, ristrutturazione che ha consentito un risparmio di spesa di gestione del 20%;
- egli ha raggiunto risultati di assoluta efficienza, dando prova di eccellente capacità organizzativa, acquisendo altresì una straordinaria e unica professionalità in materia di contrasto alla corruzione, da una visuale assolutamente privilegiata e complessiva dell’intero Paese, oltre che con riflessi internazionali;
- la complessità dell’organizzazione, i positivi risultati conseguiti, la connessione con l’attività delle Procure, dimostrano la sicura acquisizione di competenze utili all’amministrazione della giustizia, soprattutto con riferimento al complesso e rilevantissimo settore delle indagini in materia di reati contro la pubblica amministrazione ed economici.
La valutazione complessiva del percorso professionale del dott. Cantone e dei risultati conseguiti, anche a volersi limitare al periodo svolto nella giurisdizione, rende, a nostro avviso, indiscutibile la sua prevalenza nei confronti degli altri candidati, i cui profili, certamente di rilievo, non presentano quelle caratteristiche di eccellenza che connotano l’esperienza del dott. Cantone.
I risultati conseguiti nell’attività svolta come Pubblico Ministero, in particolare nel periodo svolto presso la DDA di Napoli, sono di eccezionale rilevanza, avendo egli contribuito in maniera decisiva alle indagini sulla pericolosissima organizzazione criminale di stampo mafioso denominata “clan dei casalesi”. Si tratta in ogni caso di una attività significativa anche sotto il profilo quantitativo (15 anni).
Di particolare rilievo anche l’attività svolta, per otto anni, presso l’Ufficio del Massimario, ove è stato nominato, a seguito di interpello, quale coordinatore del settore penale. Emerge un profilo di eccellenza sul piano dello studio e dell’approfondimento scientifico, corroborato dalle importanti attività svolte nel campo della formazione e della produzione normativa.
Infine, assume un rilievo particolarmente significativo, alla luce dell’art. 13 del TU, l’esperienza di Presidente dell’ANAC.
Appare, invero, inequivocabile “l’attinenza del contenuto dell’incarico alla funzione giudiziaria; l’idoneità dell’incarico fuori ruolo all’acquisizione di competenze utili all’amministrazione della giustizia e i risultati effettivamente conseguiti” e ciò con riferimento a costanti e continui contatti con l’attività delle Procure della Repubblica; alla collaborazione con il Nucleo anticorruzione della GdF; alle materie trattate e alle competenze specifiche acquisite nella materia del contrasto alla corruzione; alle capacità organizzative dimostrate in relazione alle dimensioni della struttura e alla riorganizzazione della medesima con indubbi risultati positivi.
Abbiamo ritenuto impossibile sostenere che un'esperienza del genere abbia valore inferiore a quella, per un tempo equivalente, di semi-direttivo presso una Procura di medie dimensioni.
In conclusione, per escludere il dott. Cantone, secondo noi, sarebbe stato necessario disapplicare l’art. 13 del TU e dichiarare la propria avversità, sempre e comunque, all’attribuzione di incarichi direttivi a magistrati provenienti dal fuori ruolo, forzando l’interpretazione e l’applicazione delle altre disposizioni del TU sulla base di tale orientamento pregiudiziale. Operazione che, secondo noi, non si può fare in assenza di una norma esplicita ed anzi, in presenza di una norma che impone di valutare anche il periodo fuori ruolo.
Questo è ciò che noi intendiamo per coerenza: proporre la modifica delle norme che non ci piacciono; applicare sempre allo stesso modo e sulla base degli stessi criteri tutte le norme vigenti, anche quelle che non ci piacciono.
Giuseppe Cascini, Elisabetta Chinaglia, Alessandra Dal Moro, Mario Suriano, Giovanni Zaccaro
18 giugno 2020