Intervento di apertura
Benvenuti all’assemblea generale di AreaDG.
L’assemblea convocata è la nostra assemblea ordinaria statutariamente prevista con cadenza annuale, fissata quest’anno nel mese di dicembre dal momento che la densità e la rilevanza degli appuntamenti degli ultimi mesi - la elezione per il rinnovo dei componenti del CSM e il forte impegno dedicato alla organizzazione delle primarie e della campagna elettorale e lo svolgimento del congresso nazionale dell’ANM nel mese di ottobre – hanno reso necessario uno slittamento dei tempi di fissazione e la individuazione della prima data utile in questo fine settimana di dicembre.
Assemblea nazionale da svolgersi a Milano: la convocazione dell’assemblea nella città di Milano non è stata casuale, ma frutto di una precisa e consapevole scelta del Coordinamento per testimoniare sostegno al gruppo di AreaDG Milano che ha vissuto momenti difficili negli ultimi mesi e per dimostrare concretamente con la nostra presenza la nostra fiducia nel rinnovato coordinamento locale, un coordinamento giovane e vitale che ha già offerto prova di capacità umane e politiche.
Un ringraziamento, dunque, al gruppo milanese per la accoglienza offertaci.
A me spetta aprire i lavori di questa assemblea per rappresentarvi e condividere con voi le ragioni per le quali abbiamo pensato di organizzare questi due giorni da trascorrere insieme come avete avuto già modo di vedere nel programma.
È questa un’assemblea ordinaria che si colloca, tuttavia, in un momento di cambiamenti importanti e forti che, come tali, richiedono l’adozione di decisioni consapevoli e condivise e il luogo del confronto e della condivisione spero possa esser proprio questa assemblea, un vero contenitore di idee e di pensieri che diano vita ad un dialogo costruttivo in ragione delle molteplici sollecitazioni che provengono dall’esterno e dall’interno della magistratura.
Sicuramente la prima sollecitazione proviene dall’esterno e dal mutato quadro politico istituzionale con il quale a seguito delle elezioni politiche ci siamo dovuti confrontare.
Il nuovo governo, il mutato clima politico: sono pochi i mesi trascorsi e appare chiaramente prematuro esprimere giudizi e comprendere quali saranno le concrete ricadute sulla magistratura in ragione del mutato assetto politico istituzionale.
Le prime impressioni ci suggeriscono un ridimensionamento del modello costituzionale di magistrato. Penso ad alcuni segnali. Mi preoccupa, ad esempio, la volontà di riforma del reato di abuso di ufficio, visto come una delle principali cause della paralisi dell’attività della pubblica amministrazione e considerato un reato scivoloso nelle sue applicazioni; al giudizio espresso in relazione alla misure cautelari valutate come “ben scritte” ma “male applicate”; alle indicazioni programmatiche in campagna elettorale rispetto alla separazione delle carriere e all’idea di un pubblico mistero sempre più compresso e sacrificato rispetto ai poteri riconosciutigli in tema di coordinamento delle forze di polizia, indispensabile per l’esercizio delle sue prerogative.
Ma penso anche a segnali meno evidenti, ma egualmente significativi quali quelli della riduzione delle spese di giustizia in tema di intercettazioni in ragione di un principio in astratto senz’altro condivisibile quale quello della razionalizzazione dell’impiego delle risorse, ma in tal caso utilizzato in maniera strumentale senza una reale attenzione alle questioni concrete se solo si pensa che solo il 2% dello stanziamento delle risorse per la giustizia è destinato allo strumento intercettizio, pacificamente indispensabile per le attività di indagine.
E guardo, consentitemi, con seria preoccupazione al tema dei diritti, alla tutela dei diritti rispetto ai quali non è possibile alcun arretramento perché è lì che si misura il tasso di democraticità di una comunità.
Come coordinamento abbiamo avvertito forte la necessità alcuni giorni fa di un comunicato del gruppo sul tema dei migranti; se l’essere umano, la persona nel tradursi in parola diventa “carico residuale”, il rischio di spazzare via il lungo lavoro di tutela e di sensibilizzazione verso i fragili, verso gli ultimi è molto alto.
Così come altrettanto urgente e forte è stata l’esigenza di comunicare il nostro pensiero per segnalare l’attacco ad alcune libertà fondamentali realizzatosi, attraverso l’improprio utilizzo della decretazione di urgenza e della norma penale rispetto alla fattispecie incriminatrice di cui all’art.434 bis cod. pen., priva di quei requisiti di tipicità e di stretta legalità, richiesti e indispensabili nel mondo del penalmente rilevante.
Ma le sollecitazioni arrivano anche dal fronte interno della magistratura attraverso forti spinte in senso efficientista, produttivistico, accompagnate dal diffuso timore della sanzione disciplinare.
Prima ancora del mutato clima politico istituzionale, il confronto con la riforma Cartabia è stato serrato e si è tradotto in momenti di frizioni e di contrasto nell’interlocuzione con il Ministero.
Il fronte più teso è stato senz’altro quello legato alla legge elettorale per il CSM, ma anche quello più strettamente ordinamentale quanto alla riforma dell’ordinamento giudiziario e da ultimo alla riforma del processo penale la quale , nel contenere senz’altro disposizioni da accogliere con favore che molto spesso rappresentano la normativizzazione di approdi giurisprudenziali, dall’altro ha spinto verso un sempre crescente controllo della figura del Pubblico Ministero in un’ottica di gerarchizzazione sempre più accentuata.
Penso “all’inequivocabile e non giustificato ritardo nell’iscrizione nel registro delle notizie di reato” e ai controlli previsti, espressione che si traduce in una negligenza rimproverabile all’inquirente e ad un parametro che evoca il disciplinarmente rilevante; alla difficoltà del giudice ad acta e dunque del giudice per le indagini preliminari, nel controllo giurisdizionale in tema di retrodatazione; al farraginoso sistema di controllo della tempestività della conclusione delle indagini e dell’esercizio dell’azione penale e ai poteri di avocazione del Procuratore generale, norme mosse dall’apprezzabile intenzione di evitare ingiuste giacenze di procedimenti penali, ma che si rivelano indirettamente espressione di poteri di controllo verticale sempre più accentuati.
Richiamo infine l’art.127 bis disp. Att. Cp.p. e al flusso informativo settimanale dalle Procure della Repubblica alle Procure Generali definito da qualcuno una sorta di “ispezione permanente”.
Questo è il quadro in cui si inserisce la prima sessione: Areadg nel futuro della magistratura.
La coerenza ci impone di essere fedeli ad un modello di magistrato impegnato negli uffici, attento alla qualità della giurisdizione e alla tutela dei diritti e dunque interlocutore critico di tutte le iniziative che si pongano in contrasto o sviliscano tale modello e che oppongano e valorizzino l’efficientismo che non è efficienza, produttività ad ogni costo dimenticando la qualità, una magistratura sempre più verticistica dimenticando l’idea del potere giudiziario diffuso e orizzontale che pensavamo fosse divenuto patrimonio comune della magistratura.
E invece sembra che questa idea non rappresenti più un valore fondamentale.
Mi riferisco non solo all’atteggiamento dei magistrati ormai maturi, ma anche a quello dei più giovani. Potremmo dire che il clima generale che li circonda ha inevitabilmente condotto ad una conformazione delle coscienze.
Non credo che per noi più grandi, al tempo del nostro ingresso in magistratura, potesse porsi in discussione il modello costituzionale del magistrato. Ma se nel muovere i primi passi, il messaggio che in maniera più o meno esplicita è percepito è quello di “tenere le carte in ordine”, rispettare scadenze e termini perché altrimenti c’è il rischio del disciplinare, a prescindere da tutto, anche se il tenere le carte a posto può significare un calo della qualità della giurisdizione, è inevitabile un atteggiamento difensivo dei giovani colleghi.
Da qui deriva o il completo disinteresse per l’impegno associativo e per i gruppi perché percepiti unicamente come luoghi di gestione di potere e in cui si decidono le sorti dei magistrati in base a logiche tutt’altro che trasparenti o l’aspirazione a far parte di un gruppo associativo che, lontano da forti caratterizzazioni identitarie, possa rassicurare e proteggere dai rischi legati a incidenti di percorso, assicurare informazioni e garantire tutela sul versante strettamente retributivo e previdenziale.
I giovani magistrati vanno accolti e aiutati.
Credo innanzitutto attraverso l’esempio nei momenti formativi individuali del singolo affidatario e nei momenti della formazione collettiva.
Non credo, è una mia personale opinione, nella fidelizzazione dei giovani colleghi e non mi piace: credo fortemente nel messaggio che arriva ai più giovani attraverso i nostri comportamenti negli uffici, le nostre decisioni, la realizzazione in concreto del tipo di magistrato cui aspiriamo.
In questo ciascuno di noi come singolo e come aderente al gruppo ha una grande responsabilità nella qualità dei comportamenti e nella rinnovata capacità di ascolto delle esigenze concrete dei colleghi nei territori e negli uffici.
Ascoltare è difficile: richiede tempo, disponibilità ed empatia con l’interlocutore; tutte qualità difficilmente conciliabili con il compiaciuto ascolto di sé stessi che è innegabilmente una forte tentazione.
Ebbene, portare avanti un tale progetto ed immaginare in tale direzione il percorso di Areadg è una bella sfida.
Essere voce ed interlocutore critico rischia di condurre all’isolamento, in primo luogo all’interno della magistratura come abbiamo già toccato con mano in occasione della critica alla iniziativa legislativa che ha portato alla introduzione dell’art. 434 bis cod. pen.
Abbiamo assistito alla scelta delle componenti in ANM diverse da quella di Area, del silenzio a fronte della proposta dei nostri eletti di un documento, così soffocando in radice la partecipazione al dibattito pubblico e il confronto con le altre istituzioni e con gli operatori del diritto, confronto al quale, a prescindere da qualunque parte o gruppo politico provengano le proposte, l’ANM non si è mai sottratta.
Pensare di dovere nuovamente spiegare che cosa significhi politicità del magistrato, di dovere ribadire che cosa ne pensiamo nei rapporti tra magistratura e politica, di sottolineare la necessità di fare sentire la nostra voce che, nel caso della norma sul rave party, si traduceva in un punto di vista tecnico ed argomentato, di fronte a norme che appaiono in contrasto con i principi e le libertà costituzionali è destabilizzante, ma anche inquietante perché manifesta una involuzione rispetto a traguardi raggiunti e una chiusura in chiave fortemente conservatrice.
Del resto, anche la proposta di un’apertura di una pratica in sesta Commissione al CSM in relazione alla nuova norma penale si è scontrata con un netto rifiuto dei consiglieri di Magistratura Indipendente.
Al netto di giudizi, vi è l’obiettivo di ostacolare la magistratura nelle sue più autorevoli rappresentanze, nella partecipazione al dibattito pubblico.
Le considerazioni svolte da ultimo mi consentono di introdurre le ragioni della scelta della seconda sessione “L’azione del prossimo CSM: prospettive e proposte”
Abbiamo espresso apprezzamento sincero per il lavoro svolto dalla componente di AREADG nella consiliatura che ormai volge al termine. Ne abbiamo apprezzato in un momento tra i più difficili della storia del nostro autogoverno la capacità di creare un rapporto tra la base e i consiglieri improntato alla eticità e al rispetto reciproco: fondamentale il rispetto della libertà dei consiglieri nella trattazione delle pratiche individuali, senza la pressione da parte dei singoli rispetto alle situazioni che interessano ciascuno.
Il punto di forza della consiliatura rispetto al gruppo lo abbiamo sentito nella sinergia con il coordinamento, nella interlocuzione con i territori e con la rappresentanza in ANM. Abbiamo seguito il difficile percorso nell’opera di ricostruzione degli uffici, della gestione sul versante disciplinare delle indagini di Perugia, del lavoro in tema di valutazioni di professionalità e della dirigenza, ma anche rispetto a numerosi altri temi.
Le scelte sono state rese note e condivise rendendo possibile valutarle, apprezzarle, ma anche criticarle, se necessario.
Il passaggio del testimone tra vecchi consiglieri, che ringraziamo per quanto fatto, e i nuovi a cui vanno ancora le nostre congratulazioni, speriamo possa realizzarsi in una sostanziale continuità e condivisione delle linee politiche positive e apprezzate dal gruppo.
Speriamo però che dal dibattito libero della seconda sessione emerga con chiarezza ciò che abbiamo apprezzato e ciò che invece vorremmo cambiare o migliorare. Un suggerimento che propongo come spunto è quello di individuare una comunicazione efficace del gruppo consiliare che riesca a spiegare nel modo più diretto il lavoro svolto. E’ necessario che tutti noi comprendiamo e conosciamo il lavoro che si svolge all’interno dell’organo di autogoverno ma che non è conosciuto da tutti.
E da ultimo la terza sessione.
Non vorrei che il nostro dibattito si concentrasse e si esaurisse sui temi della terza sessione e dunque sulle mozioni e sulle modifiche statutarie.
È sicuramente, come abbiamo rilevato dagli esiti delle assemblee distrettuali, un tema urgente rispetto al quale è richiesto un “PQM”.
L’ultimo documento del coordinamento ha cercato di sintetizzare il percorso degli ultimi anni, percorso particolarmente sofferto per chi lo ha vissuto in prima persona e ne è stato inevitabilmente protagonista; percorso invece subìto tra la indifferenza e la comprensibile insofferenza di chi è nativo di AreaDG, di chi è arrivato dopo, sentendosi sin da subito appartenente ad Area democratica per la giustizia.
Non voglio ripetere i contenuti del nostro documento che conoscete; qualche passaggio saliente però vorrei riprenderlo per offrire ulteriori spunti al dibattito di domani a cui seguirà la illustrazione delle mozioni e la votazione.
Gli ultimi due anni sono stati gli anni della scissione interna. Dapprima in occasione delle elezioni dei componenti dell’ANM nelle GES di Napoli e Roma e poi in occasione delle ultime elezioni del CSM, Magistratura democratica ha scelto autonomamente i propri candidati e i propri rappresentanti.
Gli esiti delle elezioni per l’organo di autogoverno, per una serie di circostanze su cui abbiamo a lungo discusso e sulle quali in questa sede non vi è tempo per tornare, sono state nel complesso favorevoli garantendo una numerosa e qualificata rappresentanza consiliare.
Ma la prosecuzione della convivenza è divenuta realmente difficile e le anime di Magistratura Democratica e di Area Democratica per la giustizia sono emerse nella loro diversità/inconciliabilità.
Il modello ideale che immaginavamo era quello per il quale in gruppo a vocazione pluralista ed inclusivo le opinioni dissenzienti, assolutamente legittime se non necessarie, costituissero una minoranza interna in una dialettica tendenzialmente virtuosa. Ciò non è avvenuto. E il dibattito si è fatto sempre più asfittico, avvitato su se stesso, tra persone che ormai non si capiscono e non si vogliono più capire.
E allora parliamone con chiarezza per l’ultima volta perché non se ne parli più.
È la più frequente critica rivoltaci che ormai emerge nei luoghi di dibattito. I rapporti tra Area democratica per la giustizia e Magistratura democratica sono il principale se non unico argomento di discussione fagocitando completamente qualsiasi altro tema. Anche qui vi pregherei vivamente di non parlare solo di questo e di dar vita ad un dibattito che sia ricco di contenuti.
Troviamo sul tema una soluzione che ci consenta di andare avanti. Siamo circondati da forze che rischiano di porre in serio pericolo la qualità e il modello di giurisdizione in cui crediamo fortemente.
Non possiamo consentirci di non fare sentire la nostra voce e di contribuire concretamente con le nostre idee ai prossimi scenari che coinvolgeranno la magistratura tutta.
Vi ringrazio.