Riformare senza ripetere errori del passato: obiettivi chiari e strumenti idonei a perseguirli

Intervento svolto da Giuseppe Cascini nel Plenum straordinario del 21 giugno 2019 alla presenza del Capo dello Stato

Desidero rivolgere un ringraziamento non formale al Presidente per la sua presenza qui oggi e per le sue parole che ci confortano e ci danno la forza per continuare nel difficilissimo compito di ricostruire credibilità e fiducia nell’Istituzione.

Vorrei provare ad avviare una riflessione di carattere più generale sulle ragioni profonde di una vicenda che, al di là delle responsabilità dei singoli, chiama in causa e coinvolge tutti noi.

Tutti oggi siamo consapevoli della necessità di interventi di riforma e di autoriforma e tutti citano la necessità di intervenire sulla legge elettorale del CSM e sulle procedure di nomina dei dirigenti degli Uffici.

Sono d’accordo.

Ma per evitare di ripetere errori del passato, occorre una riflessione seria ed approfondita sulla eterogenesi dei fini che ha caratterizzato le riforme approvate in passato su questi temi.

La legge elettorale del 2002 fu approvata con la dichiarata intenzione di limitare il peso delle correnti all’interno del CSM e di dare maggiore potere alle scelte degli elettori. Il risultato prodotto è stato esattamente l’opposto. Sin dalla prima elezione il numero dei candidati selezionati dalle correnti è stato di poco superiore, quando non addirittura pari, al numero di eleggibili. Le rare candidature “indipendenti” non hanno ottenuto risultati. L’effetto è stato di togliere di fatto agli elettori la possibilità di scelta e di rafforzare il potere delle correnti. Anzi di rafforzare, all’interno delle correnti, localismi, individualismi, cordate elettorali. Abbiamo cioè ridotto la parte buona delle correnti, il collante ideale, i programmi collettivi e rafforzato la componente negativa, quella cioè più legata alla gestione del potere e alla raccolta del consenso su base individuale e clientelare.

Nel 2006 è stata approvata una riforma dell’ordinamento giudiziario, con la quale è stato eliminato il peso dell’anzianità nella scelta dei dirigenti con l’obiettivo di premiare la professionalità e il merito. Una riforma sostenuta e voluta anche da noi magistrati, ma che, dobbiamo riconoscerlo, ha prodotto una pericolosa trasformazione del rapporto dei magistrati con la carriera. Un’ansia di arrivare che ha colpito anche i migliori tra noi e che ha finito per alterare il senso del fondamentale principio di eguaglianza tra tutti i magistrati stabilito dall’art.107 della Costituzione per il quale i magistrati si distinguono soltanto per funzioni.

Questo mutamento si è andato a saldare con la trasformazione dei metodi di raccolta del consenso, accentuandone gli aspetti deteriori di tutela di interessi particolari.

La recente abolizione del divieto per i componenti uscenti del CSM di conseguire incarichi direttivi nell’anno successivo alla scadenza (in origine erano due anni) ha contribuito a rafforzare il peso degli individui a discapito dei gruppi e a favorire logiche di scambio.

Infine, con la riforma del 2006, è stato radicalmente modificato l’assetto delle Procure della Repubblica, rafforzandone la struttura gerarchica e concentrando tutti i poteri in capo al Procuratore. Il giusto obiettivo di assicurare uniformità nell’esercizio dell’azione penale è stato perseguito al prezzo di rinunciare in parte consistente, per gli uffici inquirenti, al carattere diffuso del potere giudiziario, che però è un connotato ineludibile del suo esercizio democratico.

L’accentramento di poteri in capo al Procuratore ha così accentuato in maniera esponenziale il peso delle nomine per questi incarichi, determinando su di esse, come abbiamo visto, anche gli interessi della politica.

Le riforme sono dunque necessarie, ma occorre avere chiari gli obiettivi e ragionare a fondo e a mente fredda sugli strumenti per perseguirli, rifuggendo da soluzioni emotive o estemporanee.

Una riforma della legge elettorale è certamente necessaria. Ma sarebbe illusorio e pericoloso pensare di poter abolire con legge le libere associazioni di magistrati. L’obiettivo da perseguire deve essere piuttosto quello di rafforzare il potere di scelta degli elettori e di ridurre il potere degli apparati, delle cordate, dei comitati elettorali.

Sulle nomine dei dirigenti noi abbiamo il dovere di dare subito un segnale chiaro di inversione di rotta.

In questa direzione è già la scelta della V Commissione di rispettare rigorosamente il criterio cronologico della vacanza per la trattazione delle pratiche e di dare trasparenza al calendario settimanale dei lavori.

Ma dobbiamo andare oltre. Sul tema delle nomine abbiamo il dovere di restituire serenità ai magistrati e credibilità al CSM.

Alcune modifiche del Testo Unico della dirigenza sono possibili subito; ripristinare le fasce di anzianità; eliminare la moltitudine di titoli e medagliette; rafforzare il peso della esperienza professionale maturata nel settore da ricoprire; prevedere un rigoroso procedimento di verifica della idoneità del dirigente in sede di conferma.

Ho già detto nel primo Plenum successivo alla emersione di questa vicenda che un evento drammatico può trasformarsi in una grande opportunità.

Sono convinto che all’interno di questo Consiglio, grazie anche all’apporto dei nuovi componenti ai quali rivolgo un sincero benvenuto, ci siano le energie e le intelligenze per risalire la china e restituire al CSM la credibilità e la autorevolezza di cui la magistratura ha bisogno.

Con la Sua guida e il Suo sostegno, Signor Presidente, sono certo che ci riusciremo.

21 giugno 2019