Aumento dell’organico: un’occasione per ripensare la distribuzione delle risorse e renderla più flessibile
L’aumento dell’organico della magistratura è una grande opportunità per il funzionamento della giustizia in Italia e di questo va dato atto al Ministro per l’importante risultato ottenuto.
Dobbiamo però essere consapevoli del fatto che, da un lato, l’intervento sugli organici della magistratura da solo non basta, dall’altro, che sarà decisivo, per la buona riuscita dell’intervento, il come avverrà la distribuzione degli aumenti sugli uffici giudiziari
È essenziale che l’aumento di organico sia accompagnato da ulteriori investimenti sulla giustizia, in termini di personale amministrativo, dotazioni di mezzi e di strutture: più magistrati senza un corrispondente aumento del personale amministrativo rischia di tramutarsi in uno spreco di risorse; oggi, infatti, molti dei ritardi della giustizia sono da imputarsi alla mancanza di personale amministrativo. E allora a che serve avere più giudici se, come già oggi avviene in molti uffici giudiziari, non c’è il personale amministrativo che possa curare il deposito delle sentenze o che si occupi di mettere in esecuzione le condanne penali (come drammaticamente dimostra il caso di Torino), o che si occupi del recupero delle spese e delle sanzioni dai condannati?
Di ciò il Ministro e il Governo sono ben consapevoli, come si legge nella relazione tecnica sul progetto su cui oggi diamo il parere, considerato che nella manovra economica l’aumento di organico dei magistrati è stato accompagnato dallo sblocco delle assunzioni di personale amministrativo, in deroga al turn over per 2.903 unità nel triennio 2019 -2021 (cui si accompagna analoga previsione di assunzione “in deroga” di personale “a contratto” per l’Amministrazione minorile, essenziale per l’esecuzione penale esterna, e di personale “a contratto” per l’Amministrazione penitenziaria). La capienza finanziaria, inoltre, data dal turn over del 2018 consentirà, si dice, l’assunzione di ulteriori 2000 unita, per un totale nel triennio di 5000 nuove assunzioni.
Sarà, però, essenziale seguire con attenzione gli effetti della riforma pensionistica, pure varata con la manovra economica, sugli organici del personale amministrativo della giustizia, al fine di verificare che i benefici derivanti dalle nuove assunzioni non siano vanificati da corrispondenti, se non addirittura maggiori, fuoriuscite. E in tal caso porre immediati rimedi.
Discorso analogo vale per le dotazioni di mezzi, soprattutto informatici, e per le strutture logistiche. Il tema delle infrastrutture della Giustizia, signor Ministro, sta diventando drammatico per gli Uffici giudiziari. I dirigenti degli uffici non hanno i mezzi e le competenze per occuparsi delle strutture edilizie e non esiste, nei nostri uffici, personale specializzato che possa farsene carico. Con il risultato che si naviga a vista, inseguendo le emergenze con rischi, anche personali, molto elevati. E’ un tema essenziale, perché involge (stravolgendola) la natura della dirigenza, la funzionalità degli uffici e anche il decoro della giustizia.
E’, poi, essenziale che contemporaneamente agli interventi sugli organici, sul personale e sulle strutture si avvii un processo riformatore che consenta, da un lato, di ridurre il contenzioso e dall’altro, di snellire le procedure. Sappiamo che il Ministro ci sta lavorando e attendiamo di leggere le proposte, sulle quali il CSM non farà mancare, come ha sempre fatto, in uno spirito di piena e leale collaborazione, il suo contributo di riflessione. È questa una necessità imprescindibile, perché non è solo questione di efficienza, ma anche di qualità della giurisdizione.
Oggi stiamo varando gli aumenti di organico per la Corte di Cassazione. Un aumento assolutamente necessario in ragione del pesantissimo carico di lavoro della Corte. Ma dobbiamo essere consapevoli del fatto che “siamo ai limiti”: una Corte Suprema non può lavorare con questi numeri e con queste dimensioni senza che vada in crisi, di fatto, l’essenziale funzione nomofilattica che la Costituzione le assegna.
Quanto alla distribuzione degli organici negli uffici di merito serve un intervento serio e lungimirante che deve tener conto delle tante diversità e delle tante e variegate esperienze che si registrano in una geografia giudiziaria per niente omogenea.
Innanzi tutto si deve evitare di cadere nella tentazione di adottare la soluzione più semplice: distribuire i maggiori posti in modo proporzionale, a pioggia, su tutti i distretti finendo così per reiterare le attuali asimmetrie negli organici e nei tempi di giustizia. Tutti sappiamo che esistono gravi sperequazioni in termini di carichi di lavoro tra uffici. E di questo abbiamo costantemente la prova in occasione dei bandi per i tramutamenti ordinari ove sedi (seppure immuni da difetti ambientali) sono da anni snobbate (Brescia, Venezia, Bari).
Serve dunque un’ analisi delle piante attuali ed una loro rimodulazione sulla base di un rapporto fra sopravvenienze e numero di magistrati che sia tendenzialmente uguale in tutti gli uffici e in tutto il territorio nazionale.
In particolare, devono considerarsi le sopravvenienze civili (valutate in un congruo numero di anni affinché abbiano un valore significativo, p. es. gli ultimi 7/8 anni) per determinare il numero ideale di posti di giudici civili, e di conseguenza il numero congruo di magistrati addetti al civile nelle Corti d’Appello; e le sopravvenienze penali (date dal numero di affari esitati dalla corrispettiva Procura: esercizi dell’azione penale più archiviazione) per determinare il numero ideale di giudici penali.
Il rapporto proporzionale tra magistrati del pubblico ministero e magistrati giudicanti addetti al penale deve essere costante su tutto il territorio nazionale. E lo stesso vale per il rapporto tra magistrati addetti al penale in Corte d’Appello e i magistrati giudicanti penali di primo grado nel distretto.
In altri termini ogni aumento riferito ad un determinato Ufficio dovrà sempre tener conto della necessità di rispettare il rapporto proporzionale con gli altri (Procura/Tribunale – Tribunali/Corte d’Appello). Ciò al fine di evitare, come è avvenuto con la recente riforma delle piante organiche, interventi che danno risposte simboliche (consistente aumento dell’organico di Procure) ma controproducenti, perché senza un aumento corrispondente in Tribunale le iniziative della Procura finiscono in nulla, compromettendo la funzionalità dell’ufficio giudicante. E lo stesso vale nel rapporto con la Corte d’Appello.
Noi chiediamo, quindi, che il Tavolo tecnico istituito con il Ministero presso la Settima Commissione – a partire dai dati statistici, e salva la valorizzazione degli indici c.d. di qualità (indice di litigiosità, indice di criminalità, numero imprese nel territorio, City user.)- lavori in via preliminare alla definizione di criteri condivisi e oggettivi per individuare i problemi e trovare la risposta più adeguata in sede di distribuzione della dotazione.
Nel contempo si dovranno affrontare anche alcuni nodi di “politica del personale” che la attuale situazione degli uffici pone, a cominciare dall’arretrato.
È chiaro che l’arretrato di un ufficio può dipendere da molteplici cause: un deficit di organizzazione; la natura e la qualità del contenzioso; le caratteristiche strutturali dell’ufficio (es. eccesso di turn over, frequenza di fattori di discontinuità organizzativa); una cronica inadeguatezza in difetto delle piante organiche.
Ed è solo cercando di risalire a dette diverse cause che può approntarsi la soluzione congrua.
È chiaro che i deficit organizzativi e funzionali non possono determinare benefici in termini di aumento delle dotazioni.
Ma allo stesso tempo chi ha responsabilità istituzionali deve necessariamente farsi carico dell’esigenza di garantire la funzionalità del servizio giustizia in tutti i territori e di dare una risposta alle istanze dei cittadini.
I piccoli uffici soffrono di una cronica carenza dell’organico effettivo e di un rilevante turn over, che costituiscono le principali cause di formazione di arretrato. Le sedi distrettuali hanno registrato un aumento di competenze delle sezioni specializzate (impresa, immigrazione, misure prevenzione) che, però, nella gran parte delle sedi non lo sono per nulla perché sono formate da giudici “in secondo incarico” ossia che sommano alle funzioni tabellari principali queste seconde attività.
Per cui occorrerà studiare soluzioni che, senza suonare come premio all’inefficienza e (per converso) come punizione per l’efficienza, consentano agli uffici più in difficoltà di recuperare il pesante arretrato, quali la previsione di una maggiore flessibilità delle piante organiche da attuare attraverso una stabile e periodica verifica delle esigenze degli Uffici.
Avendo sempre chiaro che l’effetto finale dell’intervento ricade sul cittadino e sulla sua domanda di giustizia e vale a migliorare le condizioni di lavoro dei magistrati in quanto serve a restituire un servizio giustizia che funzioni in modo dignitoso per tutti i cittadini.
22 aprile 2019