Giulio Aristide Sartorio, Fregio nella Camera dei deputati (particolare)
Commento

Il Parlamento umiliato

Donatella Salari
membro del Coordinamento Nazionale di AreaDG
Giustizia e diritti fondamentali di fronte alla crisi della democrazia rappresentativa

Come una sfinge malvagia la vicenda dell’approvazione della manovra di bilancio di questo 2018, che ha visto etichettata come “terroristica” la reazione delle opposizioni, mostra anche per il futuro, le incertezze e i guasti di certe scelte politiche e della deriva burocratica del Parlamento, privato non solo di possibilità di dibattito, ma anche di conoscenza.

La temperatura altissima del c.d. termometro politico mostra, innanzitutto, che il problema enorme di un Parlamento non più centrale nella dinamica delle istituzioni democratiche non sembra collegato solo alla spregiudicatezza di chi firma il canovaccio di questa ineffettività, ma indica la catena causale che conduce fino ad una legge elettorale non ben meditata e via, via, all’essenza stessa della rappresentanza, paradossalmente rafforzando i protagonisti del nuovo corso politico, forti di una loro lontananza da quelle scelte, oggi cariche, per tutti, di conseguenze negative.

È da credere, allora, che le umiliazioni del Parlamento e della Costituzione c’impongano di riflettere non solo sulla capacità rappresentativa dei singoli, ma anche sul sistema elettorale che li ha designati producendo i frutti avvelenati della sfiducia da parte dell’elettorato, dell’insofferenza verso altri centri di potere o di controllo, fino alla distruzione dei corpi intermedi e del loro contributo indispensabile al dibattito pubblico, ma che, soprattutto, ha separato, forse irreversibilmente, la politica “alta”, dalla semplice governance dove ogni conflitto, per la debolezza del tessuto connettivo sociale, rischia di divenire  destabilizzante e manipolabile mediaticamente.

Le prove generali si erano già tenute sui temi della sicurezza e dell’immigrazione dove, non solo le Camere sono state ridotte al silenzio conquistato a colpi di fiducia, ma il corpo elettorale si è estraniato dal dibattito sul rispetto dei diritti fondamentali degli immigrati e sulle pratiche di solidarietà, tranne le proteste di magistrati giuristi e operatori

Non sappiamo quanto sia stata determinante la decantazione definitiva della paura trasformata in odio rancoroso verso “l’altro”, ma un uso spregiudicato dei social ha fatto molto, criminalizzando l’opposizione nel dibattito parlamentare che sta per affrontare, per l’anno 2019, temi cruciali che riguardano la giustizia.

Si avverte, allora, la sensazione di una rinuncia alla dialettica come se nel discorso pubblico si sia fatta strada l’idea che qualcun altro possa ragionare per noi sollevandoci dalla fatica di elaborare un pensiero critico di cui, sembra, abbiamo perduto il controllo, esattamente come il Parlamento silenziato da un deficit progressivo di rappresentatività e dalla mancanza di un coerente disegno politico di contrasto.

Anche le ultime ed eclatanti violenze negli stadi affondano le loro ascendenze culturali nella perdita, in situazioni contingenti, di un’attitudine razionale dell’uomo a reagire per elaborare un comportamento conseguente ai suoi bisogni anche relazionali o di semplice passione sportiva.

Disgraziatamente lo spazio di riflessione è oggi saturo di rumori comunicativi, di messaggi, di tweet, ossia di stimolazioni continue che stordendo il singolo con una falsa velocità ne intorbidiscono il pensiero e lo rendono succube del pensiero mediatico dominante.

Non sappiamo quanto abbia influito su questo arretramento del discorso pubblico quella scelta di legge elettorale non ponderata, ma è certo che i contatti con i territori si sono logorati e, con essi, i corpi sociali intermedi marginalizzando il dibattito su temi cruciali come i diritti fondamentali.

È quello che è accaduto con la legge Salvini su immigrazione e sicurezza, in particolare, sulla protezione umanitaria oggi abrogata in nome della sicurezza e della paura, allontanando dalla percezione dei cittadini gli obblighi costituzionali ed internazionali che impegnano l’Italia a garantire allo straniero l’effettivo esercizio delle libertà fondamentali come previste dalla nostra Costituzione italiana agli artt. 2,  3, 10, 13 della Carta fondamentale e dalla Convenzione europea dei diritti umani all’art. 8.

Anche in questo caso il rumore comunicativo ha fatto sì che il percorso della paura sia potuto divenire rancore e poi razzismo perché è svanita anche la linea di confine tra informazioni vere e non, ossia  quelle false verità alle quali tutti possono adattarsi senza soverchia fatica, forse lusingati da quel dilagante “gentismo” che offre la variante più pericolosa del populismo e che funge da ghiotta sponda alla comunicazione mediatica dei leaders divenuti influencers protagonisti di uno spazio virtuale che tutto livella nella visibilità: diritti fondamentali, morte, povertà, precariato, legittima difesa e pistole elettriche… in  un coacervo di norme che tradiscono il principio di omogeneità e specificità delle materie da decretazione d’urgenza sotteso al comma 2 dell’art. 77 della Costituzione e sancito dall’ art. 15, comma 3, della L. 23 agosto 1988, n. 400 contenente la disciplina dell'attività di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri.

8 gennaio 2019