In memoria di Nicolò Lipari
Nicolò Lipari è stato uno dei primi civilisti non cinici dell’epoca moderna; fin dagli anni settanta, la sua idea riformista del diritto traeva le sue basi dalla preminenza dei valori sul dato positivo, sul nudo testo, sulla fredda articolazione delle disposizioni e sulla loro connessione logica.
Lipari (insieme a lui certamente Rodotà) ha cambiato per sempre l’immagine del diritto civile, il suo metodo, la sua missione.
L’immensa (ma sempre originale) produzione scientifica di Lipari ha seguito sempre un fil rouge, fino agli scritti degli ultimi anni: i giudici non sono meri esecutori della «volontà» del legislatore, ma «creano», sostanzialmente, il diritto, cercandolo e trovandolo nei valori costituzionali e nella loro attuazione. Nel suo lavoro, fin dai primi anni settanta, si può trovare la premessa culturale dell’idea – oggi condivisa da molti, sebbene non da tutti – secondo cui i giudici, di fronte a un legislatore costituzionalmente inerte se non resistente, debbano leggere il diritto in modo conforme alla Costituzione e ai suoi principi, aprendo così a quella interpretazione costituzionalmente orientata divenuta patrimonio naturale degli interpreti. Un diritto civile perennemente esposto a contaminazioni: politiche, sociali, europee, economiche; un diritto civile aperto, non chiuso di cui la «patrimonialità» non è più il baricentro.
Alla magistratura Lipari ha dedicato grande attenzione guardando ai giudici non già come meri esecutori di una inafferrabile, e inutile, voluntas del legislatore, bensì come a liberi interpreti del sociale, dei valori emergenti, delle istanze (di protezione) provenienti dalla società.
Le idee di Lipari – molto legate a quel cattolicesimo democratico protagonista degli anni settanta – hanno determinato, sul piano soprattutto della giurisdizione, un radicale cambiamento di mentalità e di approcci, affermato da intere generazioni di magistrati formatasi con Lipari e con il suo magistero.
Le Costituzioni e i loro valori non sono mai scontate, non sono mai definitive, ma vivono nella sensibilità degli interpreti; la Costituzione – lo dimostrano i tempi che viviamo – serve a «bloccare» certi valori, imponendoli anche di fronte a «maggioranze» che, ipoteticamente, se ne discostino o non ne condividano i contenuti; e i giudici, in questo contesto, possono dover effettuare scelte di «minoranza», se giustificate dalla necessità di garantire diritti o valori costituzionalmente fondati, perché è la Costituzione a rappresentare l’unico punto fermo, l’unica costante invariabile, di fronte al possibile mutevole contesto dei mutamenti politico-sociali; e i giudici sono “garanti” di tutti, rispetto a qualunque “potere” che, nel suo esercizio, voglia attentare.
C’era ancora bisogno di Nicola Lipari e del suo coraggio di sostenere opinioni controcorrente, in un mondo che sembra oggi divenuta preda di ogni sorta di squallido estremismo.
Il suo esempio, però, rimarrà nella coscienza di chi continua a credere nella prevalenza del diritto sulla violenza, sull’individualismo cieco e sfrenato, sui rapporti di forza.
Alberto Maria Benedetti
professore ordinario Università Genova già componente CSM
2 agosto 2024