In ricordo di Luigi de Marco

Ci ha lasciato, quasi centenario, magistrato, maestro di generazioni di magistrati, protagonista della storia della magistratura associata italiana

Non è agevole ricordare Luigi De Marco, non tanto per il tempo lungo della sua vita professionale, ma per l’impegno non comune con cui visse la professione di magistrato che ritenne un "servizio", nel significato costituzionale del termine.

Il suo percorso professionale riguardò quasi tutti i ruoli della magistratura giudicante, ricoprendo anche l’incarico di componente del primo Consiglio superiore della magistratura. Ciò che più rileva è però il messaggio che ha lasciato per il modo con cui visse quei suoi 52 anni da magistrato.

Nel 1965 da uditore giudiziario ebbi la fortuna di incontrarlo a Bari in una delle prima riunioni del gruppo di magistrati che avevano scelto di ritrovarsi sotto la sigla di Magistratura Democratica, nella cui storia si identifica in buona parte quella di Luigi.

In quella occasione mi donò una edizione della Costituzione, raccomandandomi di comprenderla bene e di non tradirne mai i valori in particolare là dove pone a carico della Repubblica il dovere di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitando di fatto le libertà dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona.

La vita del magistrato Luigi De Marco fu di conseguenza tutt’altro che agevole perché svolgere il ruolo di magistrato “indipendente” con la consapevolezza e decisione di dovere assolvere ai compiti che la Costituzione impone all’intera Repubblica, soprattutto in quei primi decenni di vita della Carta, si dimostrò assai più difficile di quanto avremmo potuto immaginare. Magistratura Democratica di Luigi De Marco e di tutti noi che ne facemmo parte, non fu mai “gruppo di potere” secondo il principio costituzionale per cui non esistono poteri ma solo "funzioni" e che ogni rappresentante istituzionale è tenuto a svolgere per garantire un efficiente e giusto servizio assegnatogli.

Da tali premesse scaturiva l'impegno di porre le carriere dei magistrati al riparo da riconoscimenti di titoli extra professionali in grado di favorire nomine dirigenziali destinate a tradursi in centri di potere. 

In quegli anni, nonostante la Costituzione avesse quasi venti anni, la gran parte delle leggi che i magistrati dovevano applicare erano state varate nel ventennio fascista ed inoltre quasi tutti i dirigenti degli uffici, raggruppati della corrente denominata UMI, erano portatori di una cultura monarchico fascista.

Visse quindi la condizione di magistrato “scomodo” che rifiutava ogni e qualsiasi privilegio.

Fu per questo che dedicò grande impegno nella politica associativa con richieste esplicite al Parlamento di varare una legge che vietasse ai magistrati di accettare redditizi arbitrati extra giudiziari, finalizzati ad intaccare l’indipendenza di coloro che accettavano quei lucrosi incarichi. 

La legge che ora vieta di conferire ai magistrati in servizio incarichi arbitrali, rappresentò il risultato pregevole dell’impegno di cui Luigi De Marco fu uno dei più tenaci sostenitori.

Favorì l’avvio di una nuova giurisprudenza nei settori più delicati della vita sociale, dalla famiglia al lavoro che dalla Costituzione erano stati decisamente “rivoluzionati”.

Fu antesignano della una giurisprudenza che garantiva la parità dei coniugi con il superamento definitivo della figura del padre padrone, con le molteplici conseguenze sulla parità di genere su entrambi i settori del diritto civile e penale. 

Affrontò il tema fondamentale del lavoro secondo il nuovo impianto costituzionale che lo riconosceva come diritto fondamentale. Da ciò un modo nuovo di affrontare le controversie lavoristiche, affidate a sezioni specializzate la cui giurisprudenza veniva sistematicamente accusata di essere pregiudizialmente partigiana in favore del lavoratore. In realtà, i pretori del lavoro assolvevano al precetto costituzionale che “garantisce” la reale attuazione dei diritti. Vi furono, finalmente, giudici attenti al rispetto dei contratti di lavoro, alle garanzie previdenziali e di sicurezza personale, ed in particolare al diritto del lavoratore di ricevere una retribuzione adeguata a garantire il dignitoso sostentamento suo e della famiglia; tema su cui si continua a dibattere, anche oggi, in un clima decisamente mutato ed in termini spesso pre costituzionali.

Di particolare rilievo, fu pure il suo impegno per il rispetto dei diritti dei detenuti che venivano quasi interamente ignorati in un sistema carcerario fondato solo sulle finalità punitive e con strutture che rendevano del tutto irrealizzabili i principi costituzionali contenuti negli articoli 2 e 27. Anche in questo settore i risultati si fecero attendere ma l’impegno valse ad ottenere un ottimo ordinamento penitenziario.

Si occupò anche di giustizia minorile dove operò una radicale modifica della giurisprudenza, orientandola alla tutela dei minorenni. Simbolico, a tal proposito, è stato il suo impegno quotidiano per sottolineare che quel tribunale era il “Tribunale per i minorenni” e non già Tribunale dei minorenni, come generalmente veniva chiamato.

L’intero gruppo di Magistratura Democratico fu accusato spesso di partigianeria e di collusione con i partiti della sinistra di opposizione tanto che alcuni magistrati tra cui Luigi De Marco, furono sottoposti a procedimenti disciplinari per comportamenti ritenuti “lesivi del decoro della magistratura” solo per avere criticato alcune sentenze perché non rispettose delle previsioni costituzionali. Veniva così chiaramente non riconosciuto ai magistrati il diritto costituzionale alla libera manifestazione del pensiero.

La sua carriera fu per questo ritardata ed ostacolata ma nulla gli impedì di continuare ad essere un magistrato fieramente al servizio degli interessi dei cittadini, sempre e comunque lungo il percorso segnato dalla Carta costituzionale.

Alle accuse di partigianeria rivolte alla sua Magistratura Democratica, Luigi De Marco amava rispondere che l’imparzialità non equivale a neutralità  e che il giudice che decida interpretando le leggi, nel rispetto dei  principi e dei valori della Costituzione non può mai essere accusato di partigianeria.

Se oggi, con tutti i limiti e le difficoltà del sistema giudiziario, la magistratura italiana è consapevole del suo ruolo costituzionale, lo deve all’impegno ed al sacrificio dei tanti magistrati di cui Luigi De Marco è stato un antesignano e punto di riferimento. 

Alberto Maritati
già magistrato e parlamentare della Repubblica