Riforma della giustizia: via pagelle e sanzioni per i magistrati

Sono offensive e non servono: i tempi del processo si accorciano riducendo i reati, semplificando i riti, aumentando le risorse, non certo stravolgendo i principi

È necessario accantonare dal dibattito sulla riforma della giustizia le proposte sulle “pagelle” ai PM, sul coinvolgimento degli amministratori locali nella definizione delle priorità dell’azione penale e sulle sanzioni disciplinari per i magistrati che non rispettano i tempi stabiliti dal legislatore per i singoli gradi del procedimento penale.

Si tratta di iniziative che non hanno alcun impatto sulla durata dei processi e suonano persino offensive nei confronti dei magistrati, additati all’opinione pubblica come i responsabili dei ritardi della giustizia.

AreaDG esprime ferma contrarietà su queste proposte: le prime due informali – perché solo la stampa ne ha parlato, attribuendole al PD – l’ultima, contenuta in una delle prime bozze della riforma proposta dal Ministro Bonafede.

Il Ministro continua a dire che l’intesa sulla riforma è vicina e si parla di possibili convergenze, ma non si hanno notizie precise sul merito delle proposte e quelle trapelate sin qui sono preoccupanti. Si dice che gli operatori della giustizia saranno coinvolti e chiamati a dare il loro contributo, ma il tempo stringe, e ci domandiamo quando ciò potrà avvenire. Sarebbe grave se ancora una volta ci si limitasse ad interlocuzioni meramente formali.

È singolare, poi, che, in un dibattito che si propone di affiancare alla riforma della prescrizione strumenti per velocizzare il processo, vengano immaginate norme che nulla hanno a che vedere con l’argomento. Ad esempio, la proposta di valutare i PM in base ai risultati dell’azione penale sembra una reinterpretazione in chiave normativa di una frase pronunciata qualche tempo fa dal Ministro della Giustizia: “il processo è quella cosa che comincia con le indagini e finisce con la condanna”. Quella frase, e la proposta di cui si parla, sono frutto della stessa mentalità e dello stesso errore. Il processo serve ad accertare se una persona è colpevole o innocente, il PM non deve ottenere la condanna, ma contribuire all’accertamento della verità sostenendo in giudizio le ragioni dell’accusa. Le “pagelle” per i PM, dunque, sono in contrasto con i principi fondamentali che governano il processo e possono produrre effetti distorti. Ad esempio, sarebbe più conveniente per i PM dare corso ai processi facili dall’esito scontato e accantonare le indagini più complesse. Per coerenza, poi, i giudici di primo grado dovrebbero essere valutati sulla base dell’esito dell’appello e i giudici d’appello sulla base dell’esito della Cassazione: uno scenario che ha del surreale, perché non tiene conto del fisiologico diverso andamento dei processi (a presidio del quale – appunto – sono previsti più gradi di giudizio), né del fatto che eventuali dati anomali nel numero degli annullamenti, già adesso, vengono rilevati e valutati.

Quanto alla proposta di coinvolgere gli amministratori locali nella definizione delle priorità dell’azione penale, essa sembra ignorare che già oggi i criteri di priorità sono definiti attraverso procedure trasparenti e disciplinate dalla legge. L’indicazione è affidata, infatti, al Procuratore della Repubblica, che deve sentire il Presidente del Tribunale; è soggetta al vaglio dei Consigli Giudiziari, dove siedono i rappresentanti dell’avvocatura; deve essere ulteriormente valutata (e definitivamente approvata) dal CSM dove siedono, oltre ai componenti togati, componenti laici indicati dal Parlamento. In tutti questi passaggi si tiene conto delle caratteristiche del territorio e delle dinamiche della criminalità che vi opera. Con la proposta che la stampa attribuisce al PD si introdurrebbero in questa procedura gravi anomalie di dubbia costituzionalità.

V’è poi un problema di fondo: i criteri di priorità servono perché le risorse sono poche e i reati sono troppi. Governo e Parlamento possono dunque eliminare il problema riducendo i reati, semplificando il processo e aumentando le risorse così da consentire alla magistratura italiana – la più laboriosa d’Europa – di trattare con prontezza ed efficacia tutti i procedimenti.

Eugenio Albamonte
Segretario di AreaDG