Le criticità più significative e uno sguardo al futuro

Sintesi dei lavori del Seminario sulle Procure

Riepilogo dei rilievi e delle osservazioni del CSM nei progetti organizzativi del 2020/2023 e l’indicazione dei temi più sensibili che dovranno essere affrontati nella nuova prossima circolare consiliarre

A seguito del seminario del 22 giugno 2023 sulle Procure e i progetti organizzativi, essendo in corso l’elaborazione della nuova circolare sulla organizzazione degli uffici requirenti, abbiamo pensato possa essere utile – per tutto il circuito interessato dalle modifiche (Procuratori, Aggiunti, sostituti, Consigli giudiziari) – un documento che contenga:

1) un riepilogo delle tematiche più significative che nei progetti organizzativi del 2020/2023 hanno formato oggetto di rilievi e/o osservazioni del Consiglio, con l’illustrazione sintetica degli orientamenti consiliari assunti;

2) l’indicazione dei temi più sensibili che dovranno essere affrontati nella nuova prossima circolare consiliare.

1. Le principali criticità riscontrate nei progetti organizzativi e gli orientamenti consiliari

a) La valutazione dei flussi di lavoro, l’analisi della realtà criminale e l’individuazione degli obiettivi

In non pochi progetti si è rilevata la mancanza, totale o parziale, dei dati relativi ai flussi degli affari, all’analisi della realtà criminale nel territorio e alla individuazione degli obiettivi, di diverso tipo, cui fa rifermento la circolare.

In proposito il Consiglio ha più volte chiarito che tali carenze appaiono, innanzitutto, in contrasto con l’art. 7, comma 2, della circolare, secondo il quale “i criteri di organizzazione dell’ufficio sono stabiliti sulla base di una valutazione dei flussi di lavoro e dello stato delle pendenze, nonché di una analisi dettagliata ed esplicita della realtà criminale nel territorio di competenza individuando – ove le dimensioni dell’ufficio lo consentano ed in ogni caso negli uffici dotati della funzione semidirettiva – le articolazioni interne in gruppi di lavoro … nonché gli eventuali criteri di priorità nella trattazione dei procedimenti e gli obiettivi di smaltimento dell'arretrato. Con il progetto organizzativo il Procuratore della Repubblica individua gli obiettivi organizzativi, di repressione criminale e di produttività che l’ufficio intende perseguire, dando conto degli obiettivi che l’ufficio è riuscito a conseguire e di quelli che non è riuscito a conseguire nel precedente periodo”.

Ha, inoltre, precisato che la mancanza di tali indicazioni si espone ad ulteriori profili di criticità, in quanto, da un lato, non si tiene conto che solo l’insieme di tali dati (pendenze, sopravvenienze, definizioni, realtà criminale, obiettivi) è idoneo a riflettersi coerentemente sulle scelte organizzative compiute; dall’altro, non si considera che soltanto la effettiva esplicitazione di essi consente al Consiglio di valutare sia la ratio generale dei moduli gestionali adottati, sia la portata e la funzionalità delle specifiche articolazioni in cui l’ufficio è strutturato.

La mancata enunciazione in forma chiara dei predetti presupposti, infine, preclude al Consiglio di comprendere e valutare le scelte effettuate anche sotto il profilo del rispetto di alcuni irrinunciabili principi costituzionali, quali l’uniformità di trattamento dei magistrati in servizio, che impone una distribuzione degli affari equa e funzionale; l’obbligatorietà dell’azione penale, l’autonomia e l’indipendenza dei sostituti, la gestione trasparente ed efficiente dell’ufficio giudiziario, la ragionevolezza e trasparenza dell’azione organizzativa più in generale.

b) L’assegnazione dei sostituti ai gruppi di lavoro

Spesso è stata rilevata l’assegnazione dei magistrati ai gruppi di lavoro in difformità dagli artt. 4, comma 1, lettera f), e 7, comma 4, lett. b), della circolare. Si è, quindi, ripetutamente segnalato che tale assegnazione “deve avvenire, previo interpello, secondo quanto previsto nel progetto organizzativo in vigore ed adottando in ogni caso criteri diretti a garantire le esigenze di funzionalità dell’ufficio nonché la valorizzazione delle specifiche attitudini dei sostituti e la loro completa formazione professionale, anche attraverso la rotazione periodica nei gruppi di lavoro; l’interpello per l’assegnazione ai gruppi di lavoro dev’essere esteso – previa comunicazione anche in via telematica – ai magistrati destinati all’ufficio con delibera del C.S.M. che non abbiano ancora preso possesso, assegnando un congruo termine per presentare la domanda”.

c) La riserva esclusiva al Procuratore della trattazione di alcuni affari: i reati c.d. d’autore

La circolare del 16.12.2020 ha preteso che i Dirigenti si riservassero una quota di lavoro giudiziario, proporzionata agli impegni organizzativi connessi alle dimensioni e alle complessità dell’ufficio (art. 4, comma 1, lett. a, circ. proc.), distinguendo la “riserva” dall’”autoassegnazione” (la prima sottrae a monte i procedimenti “riservati” da quelli rimessi alla trattazione dei sostituti; la seconda interviene sui procedimenti che dovrebbero essere assegnati ai sostituti, derogando ai criteri individuati per la loro distribuzione).

Si è constatato che, di rado, i Procuratori si sono riservati una “quota di lavoro giudiziario” partecipando alle assegnazioni dei procedimenti in misura percentualmente ridotta rispetto ai sostituti: raramente, dunque, si è fatto ricorso al meccanismo che sarebbe stato il più apprezzato sia dai magistrati dell’ufficio, sia dal Consiglio in sede di valutazione dei progetti.

È accaduto, spesso, che il Procuratore abbia riservato a sé la trattazione di tipologie di reato individuate non con riferimento a “specifici settori di affari, … aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell’ufficio che necessitano di uniforme indirizzo” (art. 1 comma 4 del D.lvo 106/06)[1], bensì esclusivamente con riguardo al dato meramente soggettivo dell’appartenenza degli autori, di qualsivoglia reato, ad una determinata categoria (pubblici amministratori, polizia giudiziaria, avvocati, dipendenti degli uffici giudiziari, magistrati, ministri di culto).

Siffatte previsioni sono state ritenute dal Consiglio suscettibili di osservazioni critiche sul piano della ragionevolezza ovvero della conformità alla normativa secondaria.

In particolare, il Consiglio ha rilevato che tali “riserve” risultano indifferenti a ragioni di specializzazione, delicatezza e tecnica investigativa che ne suggeriscono la trattazione unitaria, essendo peraltro “obiettivamente in grado di fondare una sostanziale disparità di trattamento tra fattispecie analoghe, visto che, per esempio, un reato contro la pubblica amministrazione commesso, a causa del servizio, da un appartenente alla polizia giudiziaria o da un dipendente della Procura o del Tribunale non risulta diverso dall’analogo reato commesso da altra categoria di pubblico ufficiale, così come una violazione di domicilio, un reato contro la persona o un furto commessi dall’agente o ufficiale di p.g. o dal dipendente dell’ufficio giudiziario di riferimento semplicemente in occasione del servizio, non appaiono in alcun modo diversi dal medesimo reato ascritto al quivis de populo”.

L’organo di autogoverno centrale ha anche chiarito che “la necessità di garantire un’uniformità di trattamento o una particolare attenzione nello svolgimento delle indagini, ben potrebbero essere soddisfatte attraverso la predisposizione di un dovere di informazione da parte del singolo sostituto (ad esempio in termini di apposizione del visto di conoscenza o dell’obbligo di riferire), ferma restando l’attribuzione dei procedimenti iscritti secondo le generali regole di assegnazione previste nel progetto organizzativo.”.

In molti dibattiti di Plenum, inoltre, proprio la rappresentanza consiliare di Area ha sostenuto che, pur in assenza di diretto contrasto con la normativa primaria, queste previsioni determinavano, di fatto, un aggiramento delle disposizioni in materia di auto-assegnazione degli affari da parte del Procuratore. Invero, non trattandosi di aree omogenee o settori specifici, ma di assegnazioni determinate dalla qualità dell’indagato, di fatto si trattava di assegnazioni in deroga agli ordinari criteri di attribuzione degli affari, ma non effettuate con le modalità previste dall’art.10 della Circolare (provvedimento motivato e annotazione in apposito registro).

d) L’autoassegnazione e la coassegnazione

Le innovazioni più rilevanti introdotte con le modifiche alla Circolare approvate con delibera del 16.12.2020, hanno riguardato il tema delle assegnazioni dei procedimenti. Anticipando sul punto la riforma “Cartabia”, è stato introdotto il principio della assegnazione automatica degli affari come criterio principale, suscettibile di deroga solo in casi predeterminati e in base a specifica motivazione. Inoltre, è stato istituito un registro, da tenere presso la Segreteria del Procuratore, contenente i provvedimenti di assegnazione in deroga al criterio automatico, registro del quale il CSM può prendere visione in occasione della conferma del dirigente ovvero di altre decisioni che lo riguardano (ad es. conferimento di altro incarico). Si tratta di modifiche molto importanti, approvate nonostante le molte resistenze incontrate, a vari livelli, che però hanno certamente contribuito ad avvicinare sempre di più le regole di organizzazione degli uffici di procura a quelle degli uffici giudicanti, nella direzione, poi realizzata dalla legge con la riforma Cartabia, di un regime “tabellare” analogo per entrambe le tipologie di ufficio.

Il Consiglio, innanzitutto, ha ribadito il divieto per i sostituti di autoassegnarsi procedimenti, essendo l’assegnazione degli affari prerogativa che la normativa primaria riserva al Procuratore che può, al più, esercitarla mediante delega agli aggiunti.

Ha poi avuto modo di soffermarsi sulle criticità più ricorrenti che hanno riguardato la c.d. autoassegnazione successiva alla prima iscrizione.

Il procuratore, infatti, ben può, con provvedimento motivato, autoassegnarsi un fascicolo, in deroga ai criteri di assegnazione ordinari (art. 10 circ. proc.), ma può farlo soltanto all’atto dell’iscrizione e giammai dopo di essa, quindi, mai dopo che il sostituto ne abbia acquisito la titolarità, magari anche avviando le indagini.

Diversamente, opinando, infatti, si ammetterebbe una revoca implicita dell’originaria assegnazione al sostituto, che si porrebbe in contrasto con la normativa, primaria e secondaria, che disciplina tassativamente i casi e la procedura per la revoca dell’assegnazione di un fascicolo (art. 2 d.lvo 106/2006 e art. 15 circ. proc.).

In alcuni progetti sono stati anche indicati i casi in cui il dirigente può procedere all’autoassegnazione: si tratta di previsioni certamente apprezzabili perché rispondenti a logiche di trasparenza, a fronte della circolare che richiede l’indicazione nei progetti dei soli criteri che governano l’assegnazione degli affari ai gruppi e ai magistrati nonché di quelli utilizzati per la coassegnazione.

Per l’autoassegnazione, infatti, la circolare esige esclusivamente il provvedimento motivato (che viene analizzato dal Consiglio una volta pervenuto) e non anche specifiche previsioni nel progetto organizzativo inerenti ai casi o ai criteri; naturalmente, sono stati mossi rilievi ove nei progetti organizzativi si sia prevista l’autoassegnazione senza esplicitare la necessità del provvedimento motivato.

Quanto alla coassegnazione, sia essa preventiva o successiva rispetto alla prima iscrizione del fascicolo, la circolare (art. 10) stabilisce che i relativi criteri devono essere indicati nel progetto organizzativo e, in concreto, essa deve avvenire con provvedimento motivato, dal quale emerga quella che è la ratio dell’istituto della co-assegnazione. Essa, invero, risponde, a seconda dei casi, all’esigenza di alleggerire il carico di lavoro del magistrato primo assegnatario, ovvero di affiancare al primo assegnatario un altro magistrato dotato di competenze specifiche in relazione al procedimento o al reato in rilievo (cfr § 1. della relazione illustrativa della vigente circolare).

In proposito, di frequente, si è rilevata nei progetti la esplicitazione dei casi (tipologie di procedimenti) in cui poter procedere alla coassegnazione ma non anche l’indicazione dei criteri volti a individuare il sostituto coassegnatario (nell’ipotesi di coassegnazione tra sostituti); sul punto si è mosso il rilievo, trattandosi di carenza riguardante proprio quei criteri che la circolare pretende confluiscano nel documento organizzativo, in quanto volti ad assicurare trasparenza e, soprattutto,  ad evitare ingiustificate disparità di trattamento.

e) Gli incarichi di coordinamento dei gruppi di lavoro conferiti ai sostituti

Sul tema, il Consiglio ha ripetutamente rilevato la violazione dell’art. 4 circ. proc., ribadendo la necessità dello svolgimento dell’interpello, della predeterminazione dei criteri da seguire per la selezione, della durata massima dell’incarico (pari a due anni, prorogabile di ulteriori sei mesi per specifiche ed imprescindibili esigenze di servizio), della esplicitazione delle ragioni che rendono il conferimento “indispensabile per il buon funzionamento dell’Ufficio” e delle esigenze organizzative sottese a tale scelta.

Ha, altresì, ricordato, richiamando una risposta a quesito del procuratore di Catania (pratica n. 169/VV/21 – delibera del 17.11.2021), quali siano le attività riconducibili al coordinamento dei gruppi di lavoro (“…. – sebbene la circolare non individui tutti gli specifici compiti in cui si possono estrinsecare le funzioni di coordinamento - dagli artt. 4 e 5 è possibile ricavarne il contenuto essenziale. Tali funzioni, invero, consistono, a titolo esemplificativo – oltre che in tutte le attività tese a promuovere e garantire l’efficace coordinamento fra i componenti dei gruppi di lavoro, l’eventuale elaborazione di protocolli investigativi ed organizzativi, lo svolgimento di riunioni periodiche tra i magistrati dei singoli gruppi di lavoro, al fine di realizzare lo scambio di informazioni sull’andamento dell’ufficio e sui fenomeni criminali, sulle novità giurisprudenziali e le innovazioni legislative, sull’andamento del servizio - nei compiti di assegnazione e/o coassegnazione degli affari; di risoluzione dei contrasti in ordine all’assegnazione degli affari all’interno del gruppo di lavoro o tra differenti gruppi; di apposizione del visto e/o dell’assenso; di direzione, indirizzo e coordinamento investigativo; di verifica periodica della distribuzione dei carichi di lavoro, al fine di assicurarne la costante equità nel rispetto degli obiettivi di funzionalità ed efficienza dell’ufficio; di convocazione di riunioni periodiche di coordinamento tra i sostituti e con la polizia giudiziaria, finalizzate alla omogeneità delle soluzioni investigative ed interpretative; di istituzione di specifici obblighi di riferire e fornire informazioni; di cura del rispetto dei criteri di assegnazione degli affari e della loro distribuzione in modo equo e funzionale ai sensi dell’art. 4, comma 1, lett. a) e dell’art. 7, comma 3.”).

Ha, infine, specificato, sempre sulla base della richiamata risposta a quesito, il divieto di subdelega, anche parziale, delle funzioni di coordinamento (“il coordinatore del gruppo di lavoro non potrà che essere il magistrato – l’aggiunto o, nei limiti in cui consentito dalla circolare, il sostituto - deputato allo svolgimento di tutti i predetti compiti (o anche solo parte di essi), senza possibilità di ipotizzare l’ulteriore sub delega, anche parziale, di tali compiti di coordinamento organizzativo a figure alternative sottratte alla disciplina del coordinatore delineata dalla normazione secondaria (quali, ad esempio, magistrati collaboratori, magistrati di riferimento, referenti e simili)”.

f) Gli incarichi di collaborazione

Benché tali incarichi non costituiscano parte del progetto organizzativo (non essendo previsti dall’art. 7 circ. proc.), in non pochi documenti organizzativi se n’è riscontrata la previsione, spesso però risultata in contrasto con gli artt. 5, comma 9[2], e 8, comma 11[3], della vigente circolare.

Relativamente a tali incarichi, il Consiglio ha ripetutamente sottolineato la differenza rispetto al coordinamento dei gruppi di lavoro (art. 4, comma 1, lett. b), specificando come attività rientranti nel coordinamento non possano, neppure in parte (per quanto esposto al paragrafo precedente), essere sub delegate sotto forma di collaborazione, come invece avvenuto in non pochi casi analizzati.

Il Consiglio, in altre parole, allo scopo di impedire il proliferare di incarichi (spesso connessi all’esercizio di funzioni tipicamente semidirettive), anche per preservare le proprie prerogative in materia di nomina dei procuratori aggiunti, ha voluto evitare che gli incarichi di collaborazione (che non hanno limiti di durata e le cui attività non sono specificatamente regolamentate nella circolare) potessero riguardare, anche solo in parte, attività proprie del coordinamento ovvero compiti propri del Dirigente o del procuratore aggiunto.

Il Consiglio ha, altresì, chiarito che l’incarico di collaborazione, organizzativa o amministrativa, deve rispondere ai requisiti di cui agli artt. 5 comma 9 e 8 comma 11 della circolare stessa e, pertanto, il conferimento deve avvenire, previo interpello, nel rispetto della procedura di cui all’art. 8, comma 2, e con provvedimento motivato, dal quale risultino i criteri della scelta del magistrato designato, l’oggetto dell’attività delegata, le esigenze organizzative sottese alla delega.

g) L’indicazione dei supplenti

L’articolo 46 della circolare, al comma 2, lettera b), prevede che agli uffici requirenti si applicano, altresì, le specifiche disposizioni contenute nella circolare in materia di supplenze, assegnazioni, applicazioni e magistrati delle piante organiche flessibili distrettuali (delibera del 20.6.2018 e s.m. al 18.5.2022). Tale circolare, all’art. 22 (Indicazione dei supplenti nelle proposte tabellari e nei progetti organizzativi), prevede:

  1. Le proposte tabellari e i progetti organizzativi devono indicare i magistrati destinati a svolgere compiti di supplenza nelle ipotesi di mancanza o temporaneo impedimento di quelli previsti quali titolari delle funzioni, in modo da permettere l’automatica identificazione del supplente per ciascun magistrato.
  2. A tal fine, ove manchi l’indicazione nominativa specifica, vanno indicati i criteri oggettivi da osservare nell’adozione del provvedimento di supplenza, con specifico riguardo alle modalità di scelta del supplente.

Il Consiglio, pertanto, nell’esame dei progetti organizzativi del triennio 2020/2022 (oggi quadriennio 2020/2023), ha rigorosamente applicato tale disposizione, introdotta, per la prima volta, nella circolare del 16.12.2020: ha, così, avuto modo di riscontrare, frequentemente, previsioni parziali, limitate per lo più alle sostituzioni nella trattazione degli affari urgenti e, quindi, inidonee a soddisfare il rispetto della norma richiamata. Raramente, infatti, si sono rilevate disposizioni organizzative volte all’automatica identificazione del supplente per ciascun magistrato o contenenti i criteri oggettivi per l’automatica individuazione del supplente.

h) Il visto e l’obbligo di riferire

In numerosi progetti organizzativi sono state rilevate criticità inerenti alla disciplina del visto e dell’obbligo di riferire.

Va premesso che, ai sensi dell’art. 7, comma 4, lettera h, circ. proc., il progetto deve contenere sia la previsione dei visti informativi, di cui all’art. 14 della presente circolare, sia delle ipotesi in cui è fatto obbligo al sostituto assegnatario di riferire (obbligo che non trova nella circolare una sua esplicita regolamentazione).

Le criticità riscontrate hanno riguardato, essenzialmente: a) previsioni eccessivamente onerose per i sostituti, sia per la quantità delle ipotesi, che per la eterogeneità delle tipologie di affari sopposti ad onere informativo; b) casi di “visto”, connessi al preventivo ”riferire” annotato dal Dirigente in sede di prima assegnazione del fascicolo, in assenza di indicazioni nel progetto che esplicitassero i presupposti per la legittima pretesa del dirigente di essere informato (dunque visti correlati a preventivi e generici “obblighi di riferire”).

Sul punto, il Consiglio ha reiteratamente ricordato che tali oneri informativi, come illustrato nella relazione introduttiva della vigente circolare:

i) La revoca dell’assegnazione e l’assenso sulle misure cautelari

Preliminarmente, occorre ricordare che, ai sensi dell’art. 7, comma 4, circ. proc., il progetto organizzativo deve contenere:

Le criticità riscontrate hanno rappresentato l’occasione per consentire al Consiglio di ribadire che il potere di assenso trova il suo limite nella norma primaria (art. 3, commi 1 e 2, d.lvo n. 106/2006), sicché non sono ammesse previsioni che estendono le ipotesi in cui è richiesto l’assenso scritto al di là della disposizione legislativa[4].

Analogamente, il potere di revoca dell’assegnazione del procedimento al sostituto, trova il suo limite nella norma primaria (art. 2, comma 2, d.lvo n. 106/2006)[5]; pertanto, è ammissibile soltanto nei seguenti casi:

Al di fuori di queste ipotesi, il mero contrasto sul merito delle determinazioni da assumere dopo la chiusura delle indagini preliminari, condotte in conformità ai criteri tipizzati nel documento organizzativo o individuati con l’atto di assegnazione, non può ritenersi fatto costitutivo idoneo alla revoca esulando dal perimetro di applicazione così come delineato dalla normativa primaria[8].

j) La nomina del vicario

In alcuni progetti s’è rilevata la nomina del vicario in persona del sostituto.

Sul punto il Consiglio ha precisato che – sebbene la circolare, all’art. 7 comma 5 lett. c), preveda “equivocamente” la possibilità di individuare il vicario in un magistrato che non sia l’aggiunto – la normativa primaria (art. 1, comma 3, del D.lvo 106/2006)[9] non lascia dubbi sul fatto che il Vicario possa essere designato esclusivamente tra i procuratori aggiunti.

D’altra parte, lo stesso art. 6, comma 1, circ. proc. prescrive che il vicario può essere nominato “solo tra i procuratori aggiunti”, aggiungendo che “Quando non è presente in pianta organica un Procuratore Aggiunto, trova applicazione il comma 5 del presente articolo”, comma che a sua volta stabilisce che “Negli uffici in cui non è nominato il Vicario, in caso di assenza o impedimento del Procuratore, la reggenza o supplenza nella direzione dell’ufficio appartiene al Procuratore aggiunto o, in mancanza, al magistrato più anziano nel ruolo”.

Sia la normativa primaria (art. 1, comma 3, D.lvo 106/2006), che quella secondaria (art. 6 comma 1 circ. proc.), pertanto, prevedono che negli uffici in cui non è presente l’aggiunto, soltanto il magistrato più anziano (in ruolo) possa sostituire il Procuratore in caso di assenza o impedimento, come previsto dall’art. 109 dell’ordinamento giudiziario (cfr nota 35).

k) Le previsioni inerenti alla DDA e all’Antiterrorismo[10]

In relazione alla D.D.A. non sono state riscontrate significative criticità.

Tendenzialmente, nella maggior parte dei progetti organizzativi degli uffici distrettuali sono state sostanzialmente rispettate (salvo pochi casi) le previsioni della circolare (parte VI artt. 18/25 circ. proc.) riguardanti:

Quanto ai criteri per la designazione dei sostituti alla DDA, se è vero che sono stati regolarmente indicati nei progetti conformemente al disposto dell’art. 20 circ. proc., tuttavia, sul piano applicativo hanno suscitato non poche problematiche: in alcune pratiche si è registrata la destinazione alla DDA di sostituti a scapito di altri che avevano maturato una più solida ed ampia esperienza nella trattazione di procedimenti di cui all’art. 51 comma 3 bis c.p.p., che è il primo degli indicatori di cui all’art. 20 circ. proc. Il tema è, come sottolineato da Giuseppe Cascini nell’intervento del 22.6.2023, se non sia opportuno valorizzare le esperienze specifiche nella trattazione di procedimenti di competenza DDA, ma senza arrivare ad un automatismo per cui chi ha già maturato pregressa esperienza nella DDA prevarrà comunque sugli aspiranti che non la abbiano, con la conseguente necessità di considerare anche altri fattori rilevanti, soprattutto per le DDA collocate in regioni diverse da quelle dove operano le mafie storiche, quali la conoscenza della criminalità del territorio, le esperienze in materia di reati economici, riciclaggio e pubblica amministrazione.

Con riferimento alle Sezioni Antiterrorismo (Risoluzione del 16 marzo 2016), pressoché tutte le procure distrettuali hanno previsto l’individuazione di un gruppo di lavoro competente per la trattazione di indagini in materia[12] e, ai fini dell’accesso, l’interpello, il provvedimento motivato contenente la valutazione comparativa per la designazione e i limiti temporali di permanenza.

Sono, invece, mancate le previsioni, previste dalla Risoluzione del 2016, inerenti alla verifica periodica del contributo individuale offerto e dei risultati conseguiti dal magistrato; alla comunicazione al CSM delle nomine, delle variazioni e delle verifiche periodiche; alla disciplina dei rapporti di collaborazione e coordinamento tra i sostituti distrettuali competenti e la D.N.A.A.

2. I temi sensibili da affrontare nella nuova circolare sugli uffici requirenti

Alla luce delle modifiche introdotte dalla Riforma Cartabia e in considerazione delle criticità emerse nel corso dell’esame dei progetti organizzativi del triennio 2020/2022 (oggi quadriennio 2020/2023), non vi è dubbio che tra i temi “sensibili” che dovranno essere affrontati nella nuova circolare – sui quali ci sia auspica il più ampio confronto possibile – vadano ricompresi i seguenti:

 

Coordinamento di AreaDG

26 luglio 2023

 

[1] Posta, infatti, la eventualità e discrezionalità della scelta del Dirigente di individuare settori di affari da assegnare ad un gruppo di magistrati (art. 1 comma 6 lettera b, del D.lvo 106/06), appare chiaro che – ove il Procuratore si avvalga dell’opzione di individuare i gruppi di lavoro – essi dovranno avere ad oggetto “specifici settori di affari, individuati con riguardo ad aree omogenee di procedimenti ovvero ad ambiti di attività dell’ufficio che necessitano di uniforme indirizzo”, per espressa previsione dell’art. 1 comma 4 del D.lvo 106/06.

L’omogeneità e la uniformità cui la citata disposizione fa riferimento non possono che essere intese sotto il profilo oggettivo, dunque con riferimento a categorie di reati, o di beni giuridici lesi ovvero ancora di indirizzi e azioni investigative e giammai sotto il profilo meramente soggettivo dell’appartenenza degli autori, di qualsivoglia reato, ad una determinata categoria (nel caso di specie la polizia giudiziaria). Diversamente opinando, infatti, si legittimerebbero palesi violazioni dei principi di uguaglianza e parità di trattamento, sia dal punto di vista degli indagati e delle persone offese, sia dalla prospettiva dei magistrati, tanto quelli specializzati in settori specifici, quanto quelli chiamati a comporre il predetto gruppo di lavoro, con conseguente detrimento della loro professionalità.

[2] L’art. 5 comma 9 prevede che “Le previsioni della presente circolare relative al Procuratore Aggiunto si applicano, in quanto compatibili, al magistrato dell’ufficio a cui sono conferiti, previo interpello, dal Procuratore della Repubblica deleghe e compiti di collaborazione e coordinamento. Per lo svolgimento degli incarichi attribuiti ai sensi del presente comma non è, tuttavia, consentita alcuna riduzione del lavoro giudiziario”.

[3] L’art. 8 comma 11 prevede che “Il conferimento di incarichi di coordinamento o di collaborazione, anche in campo amministrativo, costituisce una modifica del progetto organizzativo ed è disposto con provvedimento motivato, a seguito di interpello. Si applica il procedimento per l’adozione delle variazioni al progetto organizzativo previsto al comma 2”.

[4] L’art. 3, commi 1 e 2, d.lvo n. 106/2006, prevede:1. Il fermo di indiziato di delitto disposto da un procuratore aggiunto o da un magistrato dell'ufficio deve essere assentito per iscritto dal procuratore della Repubblica ovvero dal procuratore aggiunto   o   dal   magistrato   appositamente delegati ai sensi dell'articolo 1, comma 4.

  1. L'assenso scritto del procuratore della Repubblica, ovvero del procuratore aggiunto o del magistrato appositamente delegati ai sensi dell'articolo 1 comma 4 è necessario anche per la richiesta di misure cautelari personali e per la richiesta di misure cautelari reali.

[5] In proposito è doveroso segnalare che l’art. 15 della circolare circoscrive i principi e criteri (stabiliti dal Procuratore nel progetto o all’atto della prima assegnazione) la cui violazione da parte del sostituto può sfociare nella revoca dell’assegnazione, alla sola fase delle indagini; in realtà, la normativa primaria non prevede tale limitazione (l’art. 2 parla infatti di generica “attività” e “modalità di esercizio”); non a caso, la Risoluzione del 2009 contemplava tra le ipotesi di revoca anche il contrasto circa l’esercizio dell’azione penale, oggi escluso dall’art. 15.

[6] Per effetto della prerogativa di assenso legislativamente riconosciuta al Procuratore della Repubblica, non è neppure consentito procedere all'inoltro della richiesta di una misura cautelare personale in difetto di assenso del capo dell'ufficio, presupponendo necessariamente l'atto di inoltro che il tenore della richiesta venga previamente concertato fra il magistrato assegnatario del procedimento che l'ha formulata e il Procuratore della Repubblica che l'ha assentita.

[7] Cfr. sul punto Cass. Pen. SS.UU n.8388 del 24.2.2009.

[8] Cfr. sul punto Cass. Pen. SS.UU n.8388 del 24.2.2009.

[9] L’art. 1, comma 3, D. Lvo n. 106/2006 stabilisce che “Il procuratore della Repubblica può designare, tra i procuratori aggiunti, il vicario, il quale esercita le medesime funzioni del procuratore della Repubblica per il caso in cui sia assente o impedito ovvero l'incarico sia rimasto vacante”.

L’art. 109 Ord. Giud. (Supplenza di magistrati del pubblico ministero), prevede che “In caso di mancanza o di impedimento: del procuratore generale, regge l'ufficio l'avvocato generale o il sostituto anziano; del procuratore della Repubblica, ove non sia stato nominato un vicario, regge l'ufficio il procuratore aggiunto o il sostituto anziano; di tutti o alcuni dei magistrati degli uffici del pubblico ministero del distretto, il procuratore generale presso la corte di appello può disporre che le relative funzioni siano esercitate temporaneamente da altri magistrati di altri uffici del pubblico ministero del distretto”.

[10] Per le sole Procure distrettuali, la lettera k) dell’art. 7 comma 4 prevede l’indicazione dei criteri per il funzionamento e l’assegnazione dei procedimenti della D.D.A. e delle sezioni antiterrorismo, nel rispetto della specifica disciplina primaria e, rispettivamente, della parte VI della presente circolare e della vigente risoluzione in materia di antiterrorismo del 16 marzo 2016.

[11] L’art. 25, commi 2, 3 e 4, prevede in proposito che:

  1. Il provvedimento di co-assegnazione di un procedimento per reati indicati nell’art. 51, comma 3 bis, c.p.p. a magistrato non componente della D.D.A.è adottato dal Procuratore della Repubblica, o dal suo delegato preposto all’attività della Direzione con decreto specificamente motivato in relazione alla competenza del sostituto co-assegnato in specifici settori di indagine complementari, tenendo anche conto dell’esigenza di promuovere, attraverso la rotazione nella co-assegnazione, una formazione diffusa nella specifica materia.
  2. L’assegnazione di cui al comma 2 deve avere riguardo alla necessità di disporre, nella trattazione del procedimento, di specifiche professionalità ulteriori e diverse rispetto a quelle proprie dei magistrati della D.D.A., ovvero di far fronte all’esigenza di un’equa ripartizione del carico di lavoro o, ancora, di non disperdere le conoscenze del magistrato che abbia avviato le indagini nell’ambito di diversa sezione dell’ufficio. Nella co-assegnazione dei procedimenti di cui al comma 2 il Procuratore della Repubblica ha cura di valorizzare le specifiche professionalità ed attitudini dei magistrati dell’ufficio e, al tempo stesso, di assicurare agli stessi pari opportunità di accesso.
  3. L’assegnazione non può essere disposta nelle fasi successive alle indagini preliminari, salvo che ricorrano motivate ragioni che impediscano al magistrato titolare del procedimento o ad altro facente parte della D.D.A. di intervenire all’udienza.

[12] Ai sensi della risoluzione del 16 marzo 2016 il modulo organizzativo da adottarsi in materia di antiterrorismo può essere variamente articolato in autonome sezioni specializzate o semi specializzate, in gruppi di lavoro interni a singole sezioni o trasversali a più sezioni, nell’inglobamento della competenza antiterrorismo nella DDA; i procedimenti per reati di , possono anche essere inseriti nelle sezioni competenti per i reati in materia di immigrazione, o nell’ambito dei reati in materia finanziaria, o, ancora, legati alla trattazione dei reati in materia di sostanze stupefacenti, ecc.