CSM

Trasformare una vicenda drammatica in una opportunità. Si può farlo e si deve

Intervento di Giuseppe Cascini al plenum Csm

Il momento che stiamo vivendo, come CSM e come Istituzione giudiziaria, è particolarmente grave, forse il più drammatico della storia del Consiglio Superiore della Magistratura.

L’unica vicenda che mi pare assimilabile, sotto più aspetti, a quella che stiamo vivendo in questi giorni è quella dello scandalo P2 dei primi anni ’80 del secolo scorso. Il coinvolgimento di molti magistrati, alcuni con posizioni di rilievo all’interno dei gruppi associativi, nella loggia massonica segreta assestò un durissimo colpo alla credibilità e alla immagine della magistratura.

In quella occasione la magistratura seppe trovare al proprio interno l’orgoglio e il coraggio di una risposta ferma, immediata, rigorosa.

Il Consiglio Superiore della Magistratura fu unito e compatto nella difesa dei valori fondamentali della giurisdizione, superando le differenze di orientamento culturale, le divisioni e i contrasti. E fu così i magistrati maggiormente coinvolti furono immediatamente destituiti, gli altri furono raggiunti da severe sanzioni disciplinari.

Oggi si richiede a noi un analogo sforzo di orgoglio e di coraggio. Abbiamo il dovere di reagire con fermezza e decisione a questa subdola e pericolosa aggressione al ruolo costituzionale del Consiglio e alla sua autonomia.

Il passo indietro dei consiglieri coinvolti nella vicenda, pur se avvenuto con stili e modalità diverse, è un segno di responsabilità istituzionale che va accolto con favore. Ma non basta. Abbiamo il dovere di interrogarci a fondo sulle ragioni che hanno consentito di arrivare a questo punto. L’attacco al sistema che viene dall’esterno, da centri di potere occulti che operano fuori dell’istituzione, è stato possibile solo  a causa dell’indebolimento del ruolo del Consiglio, reso permeabile e incapace di resistere alle tante pressioni, interne ed esterne.

E’ un errore descrivere questa vicenda come una guerra tra correnti. Le correnti, come ha ben scritto la segreteria di Unicost nel suo documento della scorsa settimana, sono le vittime di una vicenda connotata da individualismo, smania di potere, intolleranza alle regole.

Il nostro costituente aveva ben presente quel principio che anni dopo il poeta descrisse icasticamente dicendo che bisogna essere ben poco intelligenti (lui in realtà usava un'altra espressione) per non capire che non esistono poteri buoni. Tutta la Costituzione è costruita proprio attorno all’idea del bilanciamento dei poteri, del loro contemperamento, della loro limitazione. Perché il potere, non c’è nulla da fare, è un virus che va contenuto e controllato per evitare che infetti le istituzioni. Uno degli strumenti di bilanciamento di potere è costituito dai corpi intermedi, da quelle formazioni sociali nelle quali si sviluppa la personalità dell’individuo. L’assenza dei corpi intermedi, la loro debolezza, la loro permeabilità a centri di potere e di   affari, è una delle cause della crisi nella quale ci troviamo. La debolezza delle correnti favorisce la formazione di aggregazioni occulte, che tanto assomigliano a quella associazioni segrete che invece la Costituzione espressamente vieta, che hanno come unico obiettivo la gestione del potere.

L’altro strumento di bilanciamento sono le Istituzioni di garanzia, quali la Presidenza della Repubblica. E in questa vicenda il rifiuto di ascoltare una indicazione di metodo, e non di merito, su una procedura di nomina, indicazione finalizzata solo alla tutela della credibilità dell’istituzione, e che si è respinta in nome di una presunta e pretesa autonomia della componente eletta rispetto a quella di garanzia, rappresenta uno dei momenti di maggiore crisi dell’istituzione.

 

In questi mesi di lavoro al CSM abbiamo più volte chiesto di avviare una riflessione collettiva sul tema delle nomine, ricercando insieme criteri e metodi condivisi, in un confronto leale e aperto con la componente togata e con quella laica. Ci sembrava, infatti, che la crisi di credibilità dell’istituzione derivante dai ripetuti annullamenti da parte del giudice amministrativo imponesse a tutti noi, usammo queste parole, di fare un passo indietro, di cedere qualcosa, di fare qualche rinuncia, per riuscire a dare una risposta alta, sul piano istituzionale, in termini di trasparenza, leggibilità, accettabilità delle decisioni. Lo dicevamo nella piena consapevolezza che si trattava di un problema che riguardava tutti i gruppi associativi e che a tutti richiedeva un mutamento di metodi, di prassi, di linguaggio.

Io non credo che siamo rimasti inascoltati. Ho colto spesso in questi mesi la voglia di molti di provarci, di provare a cambiare passo, di cercare di affrancarsi.

Ma non sempre ci siamo riusciti. In alcuni casi ha prevalso la debolezza, la incapacità di resistere alle pressioni, la comodità del consenso facile, il fascino della gestione del potere.

E si è lasciata aperta la porta al vento gelido della corruzione (in senso etimologico e non penalistico) che oggi ci paralizza e ci sgomenta.

Una vicenda drammatica può, però, trasformarsi in una opportunità, se si ha il coraggio,  la forza e l’umiltà di guardarsi dentro e di avviare un processo di palingenesi, una autoriforma radicale e urgente, quale unica alternativa ad un intervento dall’esterno sull’assetto costituzionale della magistratura e del suo organo di governo autonomo.

Oggi noi possiamo, anche sulla spinta della indignazione dell’opinione pubblica e dei magistrati, ritrovare le ragioni alte del nostro ruolo istituzionale. Possiamo dismettere le nostre casacche e cercare insieme metodi, prassi e anche linguaggi diversi.

In questo abbiamo bisogno anche del sostegno e dello stimolo della  componente laica, del loro punto di vista esterno alla corporazione. Anche ai componenti laici si richiede, però, di fare delle rinunce nella ricerca di un’agire collettivo che rifugga da ogni condizionamento.

Ma soprattutto abbiamo bisogno del sostegno e dell’aiuto del Presidente della Repubblica al quale  chiediamo di non lasciarci soli in questo drammatico momento.

4 giugno 2019