Ancora una tragedia sul lavoro
A poche ore dall’ennesimo, agghiacciante, infortunio mortale sul lavoro, come cittadini e come magistrati ci interroghiamo, sgomenti, sulle ragioni di questi tragici eventi e sulle misure che Parlamento e Governo devono adottare.
Ieri è toccato a una madre di 22 anni subire una sorte orribile all’interno della fabbrica in cui era occupata da meno di un anno. Siamo di fronte all’ultimo episodio di una catena drammatica che, da decenni, chiama in causa il tema della sicurezza sul posto di lavoro e che colpisce in misura più elevata una categoria particolarmente vulnerabile quale è quella dei lavoratori giovani occupati in lavori precari e flessibili. Una catena che, purtroppo, non accenna a interrompersi, malgrado l’evoluzione delle conoscenze e delle tecnologie abbia messo a disposizione delle imprese strumenti e macchinari sempre più sofisticati.
Le nuove esigenze dell’economia hanno fatto regredire a disvalore l’idea della stabilità dell’impiego nonostante gli opposti enunciati delle Carte europee e delle massime Corti di giustizia. Sono stati di conseguenza introdotti o rivitalizzati schemi contrattuali flessibili: dall’apprendistato al contratto a tempo determinato, dal lavoro in appalto interinale alle prestazioni interinali o accessorie, sino alla collaborazione a progetto.
Oggi per un giovane questi contratti, piegati alle esigenze del risparmio e della produzione ben oltre la loro funzione originaria, sono diventati la via d’accesso obbligata al mondo del lavoro.
L’incertezza per il futuro provocata da tale fenomeno rende il lavoratore ricattabile, disponibile ad accettare occupazioni meno tutelate e sicure pur di non perdere la futura opportunità del rinnovo contrattuale. La discontinuità dei periodi lavorativi, insita in quei contratti, disperde le esperienze esponendo il lavoratore ad attività sempre nuove, svolte senza l'indispensabile professionalità che si acquisisce solo col tempo.
Un simile contesto rischia di divenire fonte di un’illegalità diffusa. Ciò nonostante, ragioni di contenimento della spesa pubblica hanno ridimensionato anche l’efficacia degli interventi ispettivi.
Le tragedie sul lavoro, al di là di una formale retorica sulla sua centralità nel discorso pubblico, hanno dunque cause ben precise. È tempo di un ripensamento delle politiche su questo tema, capace di restituire la dignità al diritto di chi ha un’occupazione e concretezza alle speranze di quanti, soprattutto i più giovani, la ricercano.
Noi magistrati, che nella quotidianità della nostra funzione cerchiamo di dare voce alla tutela costituzionale del lavoro come dell’impresa, desideriamo esprimere vicinanza alle persone che piangono un loro caro, vittima incolpevole della legittima aspirazione ad assicurare, con la propria opera, un’esistenza libera e dignitosa per sé e per i suoi familiari.
Chiediamo, al contempo, che gli interventi normativi sul lavoro rimettano al centro la tutela della sicurezza e prospettive certe soprattutto per le giovani generazioni. Solo così potremo definire davvero inviolabile il diritto su cui si fonda la nostra Repubblica.
4 maggio 2021