Concorso in Magistratura e pandemia
Il recente decreto legge n. 44/2021 contiene norme relative alle modalità di svolgimento del prossimo concorso per l’accesso in magistratura. Si tratta di norme che si limitano a disciplinare un’unica tornata concorsuale, in attesa dell’auspicata, più ampia, riforma dell’accesso in magistratura richiesta da diversi anni da AreaDG, anche attraverso l’ANM e, in parte, recepita nelle bozze di decreto legislativo varate dal Ministero della Giustizia, che opportunamente prevedono il ritorno al concorso di primo grado.
Apprezziamo la scelta di attivare la procedura concorsuale con un percorso legislativo prioritario e comprendiamo le difficoltà organizzative determinate dalla situazione sanitaria nella quale versa il Paese.
Infatti, le gravi vacanze di organico, rese ancor più vistose dal recente suo incremento, e i prevedibili ulteriori decrementi determinati dagli ordinari pensionamenti, ulteriormente aggravati dalla legislazione sulla cd. “quota 100”, rendevano indifferibile la riattivazione delle procedure concorsuali per arginare la crisi di funzionalità degli uffici giudiziari – in particolare di quelli più gravati e più esposti – determinata dalla stasi dei reclutamenti imposta dalla prima e seconda fase della pandemia.
Riteniamo quindi che il concorso si debba effettuare con urgenza e nelle migliori condizioni, per garantire la sicurezza e la salute dei concorrenti, che si preannunciano anche questa volta numerosi, dei componenti della Commissione esaminatrice e del personale di segreteria e di vigilanza.
Tale presupposto non ci distoglie dall’effettuare alcune considerazioni critiche sulla disciplina di dettaglio e dal proporre alcune soluzioni alternative.
In primo luogo, la limitazione delle prove scritte a due, in luogo delle tre consuete, non deve andare a scapito della valutazione dei candidati sulle materie cardinali della successiva attività professionale, il diritto civile e il diritto penale.
La soluzione del sorteggio delle materie per la prova scritta, infatti, espone alla concreta possibilità che una delle due rimanga esclusa in favore del diritto amministrativo. Tale evenienza potrebbe privilegiare quel segmento, non trascurabile, di candidati che ha già orientato i propri studi verso la giurisdizione amministrativa o l’Avvocatura dello Stato e che, anche dopo aver superato il concorso, proseguirà nella propria legittima ambizione professionale, transitando in breve tempo in altri ruoli, con inevitabile spreco delle risorse destinate alla selezione, al reclutamento ed alla formazione post concorso attraverso il lungo periodo di tirocinio. Meglio sarebbe prevedere in via normativa che, per il prossimo concorso, in via del tutto eccezionale, la prova scritta si svolga sul diritto civile e sul diritto penale, riservando alla valutazione delle conoscenze in diritto amministrativo una verifica orale rafforzata.
Altro tema estremamente delicato è quello della durata delle prove scritte, limitata a quattro ore in luogo delle otto ore ordinariamente previste. Infatti, negli ultimi anni, le commissioni hanno orientato le scelte delle tracce su temi spesso molto specifici, che possono essere trattati adeguatamente attraverso la rappresentazione di un ragionamento giuridico, riversato nell’elaborato, solo se viene concesso un tempo congruo. La riduzione dei tempi della prova porterebbe a privilegiare una preparazione nozionistica, magari beneficiata dalla sorte, o lo stile di preparazione perseguito da talune scuole di formazione privata che si concentrano sull’esame dettagliato di specifici orientamenti giurisprudenziali e dottrinari piuttosto che perseguire una formazione più matura basata sulla sedimentazione dei principi giuridici e sulla capacità di una loro autonoma elaborazione da parte del candidato.
Riteniamo quindi che la tempistica per l’elaborazione delle prove scritte debba essere rivalutata in sede di conversione del decreto, garantendo la sicurezza sanitaria per un tempo più prolungato attraverso differenti modalità organizzative.
9 aprile 2021