Dal Gup di Catania esternazioni ingenerose e inopportune
Suscita grave sconcerto, all’indomani del proscioglimento del Sen. Matteo Salvini, l’intervista resa ad una nota testata giornalistica nazionale dal Gup di Catania con la quale il giudice ha preso l’iniziativa di esternare alla stampa sia le modalità di assegnazione del procedimento, sia le ragioni poste a base della decisione da lui assunta, anticipando quella che ne costituirà la motivazione ancora da redigere.
Sul primo punto si legge, con imbarazzo, che l’assegnazione del fascicolo sarebbe stata decisa in suo favore per ragioni di opportunità, per anzianità in sezione e, quindi, per maggiore esperienza e, infine, per prevenire la sovraesposizione mediatica di colleghi più giovani.
Questi fatti, se veri, violerebbero il principio costituzionale del giudice naturale precostituito per legge che impone, proprio a tutela della terzietà ed imparzialità del giudice, che le assegnazioni dei fascicoli siano effettuate secondo criteri predeterminati e automatici, nel rispetto delle tabelle di organizzazione dell’Ufficio, escludendo del tutto assegnazioni fatte per mere ‘ragioni di opportunità’.
Affermare, poi, che non sia appropriato affidare la trattazione di un processo a colleghi giovani, sol perché il singolo affare risulti complesso o foriero di esposizione mediatica, non può che svilire agli occhi dell’opinione pubblica la professionalità e la competenza di tantissimi giovani colleghi, molti dei quali affrontano quotidianamente processi estremamente impegnativi e che, in non pochi casi, sono esposti al rischio della stessa vita, come ad esempio sta avvenendo in Calabria proprio in questi giorni, in un rilevantissimo processo di criminalità organizzata.
Queste parole, ingenerose e inopportune, a pochi giorni dalla beatificazione di Rosario Livatino, appaiono ancora più gravi e sembrano, semmai, riecheggiare quelle sprezzanti sui “giudici ragazzini ” che proprio a Rosario Livatino e a tanti giovani colleghi impegnati in prima linea furono ingenerosamente e ingiustamente rivolte.
I magistrati italiani sono quotidianamente impegnati a trattare i casi più diversi attuando il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge che impone loro di dedicare pari attenzione, cura e professionalità senza distinzione tra le persone che vi sono coinvolte, rifuggendo da protagonismi e dalla ricerca di esposizioni mediatiche.
La rilevanza mediatica di un processo non può autorizzare il giudice ad esternare, con interviste o dichiarazioni rese alla stampa, le ragioni che hanno determinato la decisione, per di più al di fuori e anticipatamente rispetto alla motivazione della sentenza stessa.
Si tratta di un fatto gravemente distonico rispetto ai doveri di riserbo, sobrietà e continenza che s’impongono al magistrato che abbia a cuore i fondamenti etici su cui si fonda la credibilità della magistratura e la fiducia dei cittadini.
16 maggio 2021