Decreto sicurezza bis: una nuova legge-manifesto
Da anticipazioni di stampa si apprende che il Ministro dell’Interno si appresta a presentare al CDM la proposta di un articolato già denominato “Decreto sicurezza bis” nel quale, al pari del precedente, sono inseriti interventi di segno diverso e in ambiti del tutto disomogenei, accomunati unicamente da un’inedita quanto preoccupante dilatazione del concetto di ordine e sicurezza pubblica.
All’art. 1 è, infatti, prevista l’irrogazione di una grave sanzione amministrativa ( da 3.500 a 5.500 euro per ciascuno degli stranieri trasportati e fino alla sospensione della licenza ) nei confronti di coloro che, alla guida di qualunque genere di natante, durante la navigazione “non si siano attenuti a quanto stabilito dalle convenzioni internazionali vigenti in materia ed alle istruzioni operative emanate dalle autorità responsabili dell’area in cui ha luogo l’operazione di soccorso ovvero dalle rispettive autorità dello stato di bandiera”. Oltre ai dubbi profili di costituzionalità e legalità sotto il profilo della determinatezza dell’illecito amministrativo e dell’omogeneo trattamento riservato all’inosservanza di norme di rango diverso, una siffatta disposizione, ove approvata, si tradurrebbe in una grave violazione del diritto-dovere primario di tutelare la vita umana in mare prestando soccorso a chi si trovi in imminente pericolo di vita, che si fonda su una consuetudine antichissima, la quale ha carattere generale e non consente limitazioni e discriminazioni. Essa costituirebbe poi una grave violazione degli obblighi imposti agli stati dalle Convenzioni internazionali (Convenzione delle Nazioni Unite sul diritto del mare, Convenzione SOLAS del 1974 e la Convenzione SAR del 1979 per citare le principali ) e delle disposizioni di cui agli artt. 489 e 490 del Codice della navigazione che impongono ai comandanti e all’equipaggio l’obbligo di assistenza dei natanti e di salvataggio in mare delle persone in difficoltà, senza prevedere limitazioni che non siano legate all’oggettiva difficoltà del soccorso e al pericolo per i soccorritori.
Nello stesso articolato è prevista, altresì, la modifica dell’art.83 del Codice della navigazione, al fine di attribuire al Ministro dell’Interno il potere, informandone il Ministro delle Infrastrutture, di limitare o vietare il transito e la sosta di navi nel mare territoriale per motivi di ordine e sicurezza pubblica e in caso di violazioni dell’ art. 19 comma 2 lett. G) della Convenzione di Montego Bay, per il quale il passaggio di una nave straniera è considerato pregiudizievole per la pace, il buon ordine e la sicurezza dello Stato costiero se, nel mare territoriale, la nave è impegnata nell’attività di “carico o scarico di materiali, valuta o persone, in violazione delle leggi e dei regolamenti doganali, fiscali, sanitari o di immigrazione vigenti nello Stato costiero”. Oltre all’ingiustificato esautoramento delle competenze proprie del Ministro delle Infrastrutture, una tale previsione postula una pericolosa espansione del concetto di ordine e sicurezza pubblica in funzione della limitazione delle attività di salvataggio in mare e della messa in sicurezza delle persone in difficoltà, in contrasto, ancora un volta, con le norme internazionali ed interne, nonché in violazione del dovere di tutelare la vita e l’integrità fisica delle persone che è il compito primario che l’autorità amministrativa deve perseguire nella difesa dell’ordine e della sicurezza pubblica.
Di dubbia utilità appare l’attribuzione alle competenze delle procure distrettuali dei reati in materia di associazioni per delinquere finalizzata al favoreggiamento dell’immigrazione clandestina, perché tale previsione, mentre appesantisce i carichi di procure e tribunali distrettuali già particolarmente gravati, rischia di depotenziare l’attività di indagine, la quale più efficacemente può essere realizzata presso le procure ordinariamente competenti.
L’articolato, nel dichiarato intento di garantire la sicurezza nelle pubbliche manifestazioni, oltre ad automatismi ed inasprimenti di pena di dubbia utilità, introduce ipotesi di responsabilità oggettiva non consentite dall’ordinamento e sanziona condotte di mera partecipazione alle pubbliche manifestazioni in violazione del diritto costituzionalmente garantito di riunirsi e manifestare, secondo l’interpretazione corrente datane dalla Corte costituzionale e dalla giurisprudenza.
Suscita, infine, fortissime perplessità la previsione dell’assunzione a tempo determinato di 800 persone da destinare alle attività di notifica delle migliaia di sentenze, oggi ferme per la grave carenza di personale amministrativo e la nomina per la gestione di tale attività di un Commissario straordinario nominato dal Ministro dell’Interno.
Tale iniziativa, pur apprezzabile negli obiettivi, ossia eliminare l’arretrato nel settore delle esecuzioni penali, rischia di essere insufficiente allo scopo o addirittura dannosa, perché provvedere alle notifiche delle sentenze dopo il primo grado finisce con lo spostare il problema agli uffici impugnazioni o, in caso di sentenza definitiva, agli uffici che curano l’esecuzione penale, uffici i quali sono notoriamente quelli in più grave difficoltà a causa della gravissima carenza di personale amministrativo. Sicché, piuttosto che interventi straordinari e settoriali, sono necessarie ed urgenti misure strutturali, attraverso l’assunzione del personale di cancelleria, riqualificazione del personale, incentivazione al personale in servizio, migliorando e incentivando quel percorso virtuoso intrapreso da qualche anno dal Ministero della Giustizia.
Si tratta, poi, di una iniziativa di dubbia costituzionalità perché, in base all’art. 110 Cost., le competenze di gestione del personale amministrativo sono dei dirigenti amministrativi e dei capi degli uffici giudiziari, mentre quelle di gestione dei servizi competono al Ministro della Giustizia; in tal modo, essa realizzerebbe una illegittima intrusione del Ministro dell’Interno e con esso dell’Esecutivo nella Giustizia, che rischia di alterare delicati equilibri istituzionali.
Il “Decreto sicurezza bis”, al pari del primo omologo decreto, appare pertanto come una tipica “legge manifesto”che finisce con l’ alimentare sentimenti di insicurezza, senza fornire reali e concrete risposte alle vere emergenze della sicurezza pubblica, le quali non sono certo il soccorso in mare dei migranti in difficoltà, ma i delitti di criminalità organizzata, i gravi fenomeni sempre più diffusi di corruzione e i reati di violenza contro le donne e i minori.
13 maggio 2019