Comunicato

Grido d’allarme sull’Ufficio per il Processo

Alla vigilia della proclamata rivoluzione copernicana per l’organizzazione della giustizia, troppi interrogativi e alcune gravi inadempienze fanno temere che gli obiettivi ambiziosi della riforma possano rivelarsi illusori. Occorre un cambio di passo, con interventi urgenti non limitati al reclutamento dei nuovi funzionari

Sentiamo la necessità di scrivere per rappresentare al Ministro, al CSM, all’Avvocatura i rischi di scorciatoie pericolose.

Negli uffici giudiziari di Italia si moltiplicano gli incontri tra strutture del Ministero e Dirigenti che si arrovellano sul “che fare?”, “come fare?”, “dove fare?”, ma i giudici non sempre vengono coinvolti e talvolta sono tenuti all’oscuro delle scelte che si stanno adottando.

Siamo alle soglie di una rivoluzione copernicana nel modo di svolgere il nostro lavoro; siamo stati investiti da un compito complesso ed arduo, al quale non ci vogliamo sottrarre ma che possiamo affrontare soltanto ottenendo chiare risposte alle numerose problematiche e interrogativi che pone.

La magistratura ha infatti il dovere di evidenziare, sin da ora, che le condizioni di lavoro, l’organico effettivo dei giudici e l’attuale – anche se finalmente in via di superamento – carenza del personale amministrativo, rendono probabilmente impossibile, in molti uffici al momento, il conseguimento dell’obiettivo nazionale sotteso all’innovazione dell’Ufficio per il Processo.

Non è stato ancora chiarito come l’obiettivo di riduzione dell’arretrato e dei tempi del processo, stabilito per ora su scala nazionale, verrà distribuito tra i diversi uffici.

Si tratta di una operazione tanto complessa quanto necessaria, considerata la differenziata distribuzione dell’arretrato e l’attuale diversa durata del processo nelle diverse realtà giudiziarie.

Tutti i palazzi di giustizia presentano carenze edilizie e già ora non hanno una capienza adeguata a contenere il numero di persone che vi lavorano: con l’arrivo di centinaia di addetti all’Ufficio per il Processo la situazione non potrà che peggiorare.

È quindi urgente compiere tutti gli interventi necessari sia al recupero dei nostri palazzi di giustizia sia al loro adeguamento alle nuove necessità: per fare funzionare il nuovo modello organizzativo sarà infatti necessario che, salva la possibilità di porne una parte in remoto, i nuovi funzionari siano collocati vicino ai giudici, alle sezioni giudicanti, ai presidenti di sezione, alle cancellerie. Perciò la ristrutturazione degli spazi dovrà essere accompagnata anche da forniture opportune di postazioni di rete e dalla relativa assistenza.

La formazione degli addetti all’Ufficio per il Processo (con il coinvolgimento della SSM e della formazione decentrata) dovrà avvenire non solo inizialmente, ma dovrà seguire i nuovi assunti per l’intero loro periodo di lavoro.

Infine, è forte il rischio che, a fronte degli obiettivi di risultato richiesti – privi da un prudente studio di fattibilità preventivo – i magistrati, già sottoposti da tempo a ritmi produttivi molto elevati, sviluppino una tendenza alla standardizzazione impropria delle decisioni.

Ne discenderebbe una diminuzione inaccettabile della qualità della giurisdizione, forse più rapida, ma sicuramente meno giusta: chiudendo ogni spazio all’evoluzione della giurisprudenza in tema di difesa dei diritti, creerebbe insoddisfazione e conflitto sociale.

L’autonomia della Magistratura, la sua funzione costituzionale, sono un bene prezioso che si estrinseca soprattutto attraverso la giurisprudenza, la quale è componente essenziale della nostra dignità professionale e motore del nostro impegno e di ogni innovazione.

Neppure l’Ufficio per il Processo può prescinderne.

3 gennaio 2022