Il Ministro smentisce se stesso
A distanza di poche ore dalla sua approvazione, prima ancora che venisse inserita in Gazzetta Ufficiale, la norma sul processo da remoto viene modificata dallo stesso Governo che l’aveva in un primo momento sostenuta.
Questo comportamento è indicativo dell’assoluta mancanza, da parte del Ministro Bonafede, di qualsiasi strategia politica e giudiziaria per la gestione dell’emergenza sanitaria nel settore giustizia.
La previsione che le udienze da remoto possano tenersi solo se le parti vi acconsentono, costituisce, da un lato, una parziale sconfitta dell’avvocatura associata – che, per la verità, mirava alla totale abolizione del processo da remoto – e, dall’altro, chiama l’intera avvocatura ad assumersi la responsabilità della ripartenza. Là dove non sarà possibile tornare nelle aule in ragione della perdurante pericolo di contagio, la mancata ripresa delle attività giudiziarie sarà ascrivibile esclusivamente alla responsabilità dell’avvocatura, che non avrà collaborato, e del Ministro della giustizia, che non ha saputo adottare una linea univoca per la gestione di questa delicata situazione.
Il nuovo decreto legge introduce poi l’obbligo per i magistrati di gestire il processo, anche quando è remotizzato, sedendo sul proprio scranno nell’aula. Si tratta di una norma irrazionale (soprattutto per il settore civile, dove esiste già un rodato sistema telematico per la gestione delle attività) che pone seri problemi per la sicurezza e la salute collettiva.
Anche questa previsione chiama il Ministro ad assumersi le proprie responsabilità. È necessario, infatti, che vengano predisposti e garantiti tutti i presidi sanitari che consentano ai magistrati e ai cancellieri di lavorare senza esporre a rischio la propria salute ed è altresì indispensabile che le aule giudiziarie, oltre ad assicurare il necessario distanziamento, vengano dotate di tutti i presidi tecnologici per garantire anche la gestione telematica delle udienze.
L’intera magistratura deve pretendere che tali misure vengano messe in atto prima della ripresa parziale delle attività, fissata per il 12 maggio, e se ciò non avvenisse, denunciare pubblicamente le palesi responsabilità politiche di un tale inadempimento.
1 maggio 2020