Incompatibilità ambientale per Enrico Zucca: archiviare non basta
Vogliamo esprimere la nostra gratitudine ai consiglieri Benedetti, Cascini, Dal Moro, Davigo, Gigliotti, Suriano e Zaccaro perché hanno scelto di astenersi con riferimento alla delibera conclusiva del procedimento ex art.2 RD Lgs n.511/1946 aperto a seguito delle dichiarazioni rese da Enrico Zucca in un convegno organizzato dal Consiglio dell’ordine degli avvocati di Genova alla presenza dei genitori di Giulio Regeni.
Desideriamo ringraziarli perché, non potendo votare contro la doverosa archiviazione del procedimento, hanno scelto di astenersi a fronte di una motivazione che definisce “inopportune” le frasi pronunciate dal collega in quella occasione.
Il dott. Zucca - chiamato a riflettere sul caso Regeni, sul rapporto tra “ragion di Stato” e “verità”, e sulla tortura - ha richiamato i fatti verificatisi a Genova in occasione del vertice G8 del 2001; in questo contesto, ha osservato che “Le nostre forze di Polizia non ci hanno consegnato alcun torturatore. E i torturatori, cioè chi ha coperto quegli ignoti torturatori sono, erano – adesso si può di nuovo dire sono – i vertici o ai vertici delle forze di Polizia”; ha sottolineato quindi che “lo sforzo che noi chiediamo ad un paese dittatoriale, cioè di consegnarci la verità e i responsabili, è uno sforzo che abbiamo dimostrato di non saper fare per vicende meno drammatiche”.
Poiché queste sono le frasi pronunciate dal dott. Zucca, a noi pare che non vi sia stata alcuna “impropria associazione tra la polizia egiziana e quella italiana” e si sia invece voluto sottolineare che la mancata collaborazione della polizia italiana all'accertamento della verità sui fatti verificatisi a Genova può aver fatto perdere autorevolezza alle giuste richieste rivolte dal nostro Stato democratico ad uno stato dittatoriale.
Che la polizia italiana non abbia collaborato per consegnare gli autori di gravi atti di violenza (qualificati come “tortura” dalla CEDU) è risultato dell’accertamento giudiziario nazionale e internazionale. La polizia nel suo complesso, e i suoi vertici pro tempore, infatti, sono stati oggetto di dure critiche da parte della Corte di Strasburgo, ed è centrale, fra queste, quella di aver impedito l’individuazione dei responsabili dei fatti materiali di tortura.
Che la permanenza nei ranghi della polizia delle persone condannate per falso e per calunnia in relazione ai fatti verificatisi presso la scuola Diaz sia una violazione convenzionale, non è opinione del dott. Zucca, ma della Corte di Strasburgo che, per questo, ha condannato lo Stato italiano, e - nella sentenza Cestaro c/Italia - ha rammentato l’obbligo (derivante dall’art.3 Convenzione) di sospendere dalle funzioni durante il processo (e destituire in caso di condanna) i responsabili degli atti di tortura “e dei delitti connessi”.
È la CEDU a sostenere che la distinzione tra chi ha torturato e chi ha “coperto i torturatori” non rileva quanto a necessità di repressione e di risposta istituzionale.
È un dato di fatto che alcuni dei condannati nel processo per i fatti della Diaz rivestano funzioni apicali in unità operative locali e centrali della Polizia di Stato (ed anche in articolazioni di respiro internazionale come la DIA), ed è ancora la CEDU a ritenere questo fatto non compatibile con gli obblighi convenzionali assunti dallo Stato italiano.
È un fatto che sentenze definitive della Cassazione hanno stigmatizzato il grave discredito gettato sulle istituzioni italiane, anche a livello internazionale, dal comportamento dei condannati per i fatti verificatisi a Genova nel 2001.
Fatti, dunque, e circostanze oggettive, appurati in via definitiva dalla giurisdizione italiana, per i quali l’Italia è stata condannata dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo. Fatti che il dott. Zucca ha riferito, criticando il comportamento dell’amministrazione attraverso il contenuto di provvedimenti giurisdizionali.
Ci preoccupa che un tale comportamento possa essere considerato “inopportuno” perché non comprendiamo come possa essere inopportuno, per un magistrato, riportare ciò che è scritto in provvedimenti giudiziari definitivi.
Apprezziamo dunque la decisione del CSM, che ha giustamente archiviato una procedura per incompatibilità ambientale che non avrebbe dovuto neppure essere aperta; ma vogliamo ringraziare quei consiglieri che, pur sostenendo la necessità della archiviazione, si sono astenuti, mostrando così di aver compreso la pericolosità di una motivazione che sembra incidere sulla libertà di espressione del magistrato. Se è certo che sia inopportuno dire ciò che una sentenza dice, infatti, come e quando potremo parlare?
I referenti della sezione ligure di AreaDG
Giuseppe Longo e Lucia Vignale
12 aprile 2019