La risposta ai morti di Cutro
Kabira, una giovane donna tunisina, fuggita dal proprio paese per sottrarsi alle ripetute violenze perpetrate dal marito, ha trovato la forza per scappare in Italia e chiedere protezione.
Abel, fuggito dalla Nigeria, ha perso suo fratello in mare e, dopo lunghi mesi trascorsi in Libia, è giunto in Italia. Grazie all’aiuto di personale sanitario specializzato, è riuscito a raccontare le violenze e le torture subite nelle prigioni libiche.
Ismael, cittadino del Ghana, è stato portato in provincia di Foggia, nel ghetto di San Severo. Qui ha cominciato a lavorare per dieci ore al giorno, costretto a vivere in condizioni igienico–sanitarie contrarie alla dignità della persona, in condizioni di sfruttamento lavorativo.
Kubra, fuggita dal Camerun in seguito al rifiuto di sposare l’uomo che la sua famiglia aveva scelto per lei, in Italia ha conosciuto un giovane cittadino del Togo. Hanno deciso di sposarsi. Hanno avuto due bambine, che oggi hanno 2 e 4 anni.
Moustapha, fuggito dal Gambia quando aveva appena 14 anni, vive da anni in provincia di Milano. Non è potuto andare a scuola. Non riesce a lavorare. Vede “gli spiriti”. In ospedale gli hanno detto che soffre di un disturbo bipolare. Ha bisogno di cure che, nel suo paese, non potrebbe ricevere.
Queste sono solo alcune delle storie che, ogni giorno, vengono portate all’attenzione dei giudici delle sezioni specializzate immigrazione.
La protezione dei diritti fondamentali degli stranieri (che l’art. 10 della nostra Costituzione impone) è stata garantita, anche nei casi in cui non sussistevano i presupposti per le protezioni maggiori, grazie al riconoscimento della protezione complementare. Prima ci avevano detto di chiamarla umanitaria. Poi le hanno cambiato nome chiedendoci di chiamarla “speciale”.
A noi non è mai sembrata tale. Non ci sembrava speciale una protezione che consentiva di tutelare i diritti delle persone che hanno subito violenza nel paese di transito, che sono state sfruttate nel lavoro in Italia, che hanno gravi malattie o che, nel nostro paese, hanno trovato una famiglia.
Ci sembrava solo una protezione coerente con l’art. 10 della Costituzione.
E così, a Kabira, Ismael, Kubra, Abel e Moustapha quale risposta darà il nostro Paese?
Seguiranno le riflessioni tecniche sulle molteplici incongruenze della modifica.
Ma oggi, quando ancora il mare sta restituendo i corpi dei naufraghi, questo è il messaggio del Governo.
13 marzo 2023