Ricollocamento in ruolo dei magistrati che hanno svolto attività politica
Il Plenum del CSM ha recentemente deliberato sul ricollocamento in ruolo della collega Donatella Ferranti, a seguito del suo rientro da fuori ruolo quale ex parlamentare, destinandola alla Corte di Cassazione.
La questione presentava profili interpretativi problematici.
La collega, infatti, prima di essere eletta al Parlamento era stata nominata – in quanto magistrato idoneo all’ulteriore valutazione della nomina a magistrato di cassazione – segretario generale del CSM con attribuzione, delle funzioni di legittimità, come espressamente previsto dall’art. 7 L.195/1958.
La peculiarità del caso di specie, reso viepiù complicato dall’essere stato il magistrato collocato fuori ruolo prima della riforma introdotta con il d.lgs. n. 160/2006, presentava una indubbia complessità alla luce della normativa primaria e secondaria, tale per cui apparivano sostenibili sul piano tecnico giuridico diverse soluzioni interpretative.
La soluzione scelta, che sposa una delle possibili interpretazioni giuridiche, può non essere condivisa, ma non può certamente essere definita illegittima.
Ma al di là delle soluzioni tecniche resta l’insoddisfazione.
Sul piano dei principi riteniamo necessario che le scelte adottate anche per il ricollocamento in ruolo debbano tutelare due esigenze:
- il necessario recupero dell’immagine di imparzialità deve essere conciliato con l’assegnazione a funzioni precedenti effettivamente svolte;
- la parità di trattamento di tutti i magistrati evitando attribuzioni di funzioni fuori dalle normale procedure concorsuali.
Riteniamo che questo passaggio consiliare sul magistrato fuori ruolo proveniente dalla politica sia la dimostrazione, l'ennesima, di una inadeguatezza della attuale normativa primaria e secondaria, delle sue lacune e ambiguità, tali da aprire la strada a soluzioni interpretative differenti e mutevoli in relazione al caso, non più accettabile a fronte della importanza e delicatezza di una materia, che richiede invece, regole certe, chiare e preventivamente conoscibili. Si tratta di un tema attuale e di interesse generale, che si riproporrà a breve per il rientro di altri ex parlamentari, ma che si ripresenterà in futuro in altri casi.
Sul generale e tormentato tema del rientro dei magistrati da esperienze fuori ruolo si rendono necessari per il futuro tre passaggi:
- la previsione, sin dalla delibera di collocamento fuori ruolo, del ricollocamento, finita tale parentesi, nella posizione precedentemente occupata;
- il superamento anche a livello di normativa primaria e secondaria del “conferimento di funzioni”, lascito del passato quando vi era una netta distinzione tra qualifica e funzioni, sistema abbandonato con le valutazione di professionalità;
- evitare qualsiasi commistione, come previsto dalla delibera del C.S.M. del 2015 e dalla recente mozione approvata dall’ANM, tra giurisdizione e incarichi politici, prevedendo norme ben più stringenti in caso di rientro in ruolo dopo esperienze politiche. Del resto per restare al caso concreto basti pensare che l’alternativa era tra destinare alla Corte di Cassazione e tornare a fare il PM, con profili di criticità non certo minori sul piano della tutela dell’immagine di imparzialità.
AreaDG, che fin dalla mozione conclusiva della propria assemblea generale del novembre 2016 ha affermato la necessità di una revisione della materia, auspica, anche a tutela dell'autorevolezza del Consiglio superiore, che siano posti in essere al più presto gli indispensabili interventi normativi che stabiliscano il valore dell’esperienza giurisdizionale e che le decisioni sul punto si ispirino ai principi di tutela della funzione giurisdizionale e di equità tra i magistrati.
18 marzo 2018