Sezioni immigrazione e Ufficio per il processo: un’opportunità per la giurisdizione
Il D.L. 9.06.2021 n. 80, contenente “Misure urgenti per il rafforzamento della capacità amministrativa delle Pubbliche amministrazioni funzionale all’attuazione del P.N.R.R. e per l’efficienza della giustizia”, individua all’art. 14, tra i titoli valutabili nelle selezioni del personale da assumere a tempo determinato quali addetto all’ufficio per il processo, anche “… il servizio prestato presso le sezioni specializzate su immigrazione, protezione internazionale, libera circolazione, quali Reaserch Officers, nell’ambito del piano operativo dell’Ufficio europeo di sostegno per l’asilo EASO”.
Si tratta di un’importante previsione che segna un salto di qualità nella costruzione dell’Ufficio per il processo nelle sezioni specializzate per la protezione internazionale, in quanto recepisce e valorizza la sperimentazione che si è svolta dall’ inizio del 2020 presso le sezioni specializzate con il supporto degli esperti EASO Reaserch Officers che hanno fornito un prezioso e qualificato ausilio tecnico di ricerca delle informazioni sul Paese di origine e di assistenza al giudice nella preparazione delle audizioni; EASO ha inoltre, in via sperimentale, assicurato il servizio di mediazione linguistica indispensabile per lo svolgimento dell’audizione del richiedente protezione. Le due misure hanno contribuito a migliorare i tempi, ma soprattutto la qualità delle decisioni in materia di protezione internazionale.
La scelta del Governo è stata fortemente auspicata nel corso del recente seminario organizzato da AreaDG sul tema “Sezioni immigrazione e Ufficio per il processo: un’opportunità per la giurisdizione” nel quale si è sottolineato come la specificità della materia imponga di misurarsi non solo con la tecnica giuridica ma anche con saperi metagiuridici che attengono ai profili storici, politici, sociologici ed antropologici di ogni situazione individuale oggetto di esame. Ciò richiede che, nel settore della protezione internazionale, l’ufficio per il processo sia modellato tenendo presente la specificità della materia e le complessità dei fatti che le sezioni specializzate si trovano ad affrontare. Tali fattori metagiuridici, infatti, non sono neutrali rispetto alla decisione finale, perché ne costituiscono la base fattuale, sicché appare indispensabile, per salvaguardare l’autonomia e l’indipendenza della giurisdizione in questo particolare settore, che sia garantita la piena autonomia anche nella ricerca delle fonti che forniscono le COI, che non può invece essere rimessa all’elaborazione della Commissione Nazionale sul diritto d’asilo, incardinata presso il Ministero dell’Interno e quindi a una parte necessaria del processo di protezione internazionale. Occorre, piuttosto, favorire, attraverso i programmi di formazione, una cultura comune tra la giurisdizione e le Commissioni territoriali.
Un ufficio per il processo, composto da personale qualificato ed indipendente, è uno strumento organizzativo necessario per affrontare l’enorme flusso di casi che hanno investito le sezioni specializzate dalla loro istituzione.
Dal 2016 un flusso di circa 50.000 procedimenti all’anno, a fronte di una capacità di definizione delle sezioni di poco superiore alle 30.000 decisioni, ha determinato l’attuale pendenza di circa centomila casi presso le sezioni specializzate distrettuali: centomila persone che attendono una risposta alla loro domanda di protezione. I tempi medi prospettici della durata di un processo superano i 1200 giorni a fronte di una durata massima di 120 giorni prevista dalla legge in attuazione delle previsioni contenute nel sistema comune europeo dell’asilo (CEAS) che impone a tutti Paesi europei una risposta celere, adeguata e completa. Oltre 15.000 procedimenti paralizzano poi la Corte di cassazione, in un settore giurisdizionale che è unico in Italia per l’assenza del grado di appello.
Con la stabilizzazione dei flussi, il quadro descritto è certamente il frutto di precise scelte organizzative che, nella distribuzione delle risorse all’interno degli uffici giudiziari italiani, relegano la protezione internazionale in una condizione di marginalità e di sostanziale sottovalutazione, come se la materia non fosse meritevole di pari trattamento rispetto alle altre materie tradizionali della giustizia civile.
L’approccio è indubbiamente conseguenza anche dell’ingresso relativamente recente della materia nei tribunali, perché se è vero che il diritto d’asilo è antichissimo, fino al 2008 non esisteva nel nostro ordinamento nazionale uno specifico apparato relativo alla procedura di esame delle domande di protezione internazionale, mentre recente è l’istituzione delle sezioni specializzate.
Ma è anche il riflesso di un portato culturale che, per un verso, induce a considerare i diritti dello straniero (diritti fondamentali che appartengono a chiunque, senza discriminazioni) come recessivi rispetto a quelli vantati dai cittadini italiani, per altro verso induce a percepire il fenomeno migratorio come contingente e transeunte, destinato a scomparire o comunque a normalizzarsi, attraverso la messa in atto di strumenti di contrasto e di controllo in chiave sicuritaria dei flussi migratori.
Si tratta di una visione miope che i fatti e i numeri sconfessano, perché i flussi migratori sono connaturati all’esperienza umana ed essi come un fiume carsico si ripropongono: mentre l’instabilità del mondo, le guerre, le crisi locali, i cambiamenti climatici cui ora andranno ad aggiungersi gli effetti drammatici prodotti dalla pandemia, sono fattori in crescita e devono renderci consapevoli che nel prossimo futuro assisteremo ancor più che nel passato allo spostamento di grandi masse verso i nostri confini.
Dal riconoscimento della natura strutturale del fenomeno migratorio e della sua naturale pertinenza al terreno dei diritti e delle politiche sociali, dalla presa d’atto che i diritti dell’asilo e della protezione internazionale hanno valore di diritti di primario rilievo costituzionale e sono perciò bilanciabili solo con altri diritti di pari livello, dovrebbe derivare che nell’organizzazione giudiziaria sia riconosciuta ad essi e ai procedimenti relativi pari dignità rispetto alle materie più tradizionali dell’ordinamento.
E’ una questione di eguaglianza in cui sono in gioco valori essenziali della nostra civiltà giuridica. Ma ove un tale argomento non convincesse, a farlo devono essere la forza oggettiva dei numeri ed il loro impatto sugli obiettivi di efficienza della giustizia nel suo complesso.
L’attribuzione dei fondi europei del Recovery plan per la Giustizia sarà condizionata dagli esiti delle riforme, specie di quella civile in funzione dell’obiettivo di recupero di efficienza nei tempi e nei numeri; se questi obiettivi non saranno raggiunti, non avremo i fondi per la giustizia, almeno non nella misura promessa.
La protezione internazionale riguarda procedimenti contenziosi il cui numero pesa notevolmente in misura percentuale sulle pendenze della giustizia civile. Non abbiamo pertanto alternative: o saremo in grado di mettere le sezioni immigrazione in grado di lavorare e recuperare efficienza, o a pagarne le conseguenze sarà l’intero comparto giustizia.
Ciò a maggior ragione se si consideri l’arretrato, i cui numeri nella protezione internazionale ben avrebbero giustificato un intervento straordinario nel P.N.R.R., non diversamente da quanto previsto per l’abbattimento dell’arretrato delle sezioni tributarie della Cassazione, perché se questo determina il 30% delle pendenze del civile in Cassazione la protezione internazionale ne costituisce il 22% ed è in progressiva e veloce crescita.
Ai fini del recupero di efficienza e del rispetto degli impegni sulla giustizia assunti in sede europea occorre mettere in atto una strategia multilivello attraverso:
- Il riconoscimento del valore e del peso dei procedimenti di protezione internazionale nella formazione dei progetti tabellari assicurando pari dignità alle sezioni specializzate e delle cause che esse trattano rispetto alle altre materie e agli altri procedimenti. Per questo chiediamo che il Consiglio Superiore della Magistratura in sede di approvazione delle nuove tabelle verifichi la rigorosa applicazione delle sue stesse circolari in materia, bocciando quei progetti tabellari che non assicurino un’equa distribuzione delle risorse all’interno dell’ufficio in relazione al peso percentuale di tutti i procedimenti contenziosi compresa la protezione internazionale.
- La previsione che un congruo numero dei posti da assegnare ai M.O.T. oggi in tirocinio generico sia destinato alle sezioni specializzate della protezione internazionale.
- L’adozione di interventi normativi che “dall’esterno” riducano il poderoso arretrato, attraverso l’introduzione di percorsi semplificati che consentano di sgravare i ruoli quantomeno in relazione a quelle domande che, rigettate dalla Commissioni territoriali sulla base delle restrittive previsioni dei Decreti sicurezza 1 e bis, sarebbero oggi meritevoli di accoglimento alla luce della loro retroattiva riforma.
1° luglio 2021