Sul futuro dell’ANM
Qualche settimana fa abbiamo celebrato i 110 anni dell’Associazione nazionale Magistrati.
È stata una festa partecipata con la presenza anche di numerosissimi giovani colleghi, nella quale la magistratura si è ritrovata unita intorno ai valori fondativi dell’associazionismo giudiziario.
Siamo giunti alla vigilia dell’ultimo anno del Comitato Direttivo Centrale; a breve, dovrà rinnovarsi la Giunta Esecutiva e la contingenza induce a formulare l’auspicio che sia l’occasione per una ripartenza che segni un forte e deciso rilancio dell’azione della nostra Associazione, al fine di rendere forte e chiara la voce della magistratura unitaria così sui tanti temi che agitano il dibattito pubblico sulla giustizia, come sui temi dell’ordinamento e dell’autogoverno.
Auspichiamo che nel futuro l’Associazione Nazionale metta da parte le timidezze e i silenzi che, spesso, in questi ultimi mesi ha mostrato, financo di fronte agli inaccettabili attacchi portati contro tanti magistrati impegnati in delicati e difficili procedimenti anche da parte di chi, pur rivestendo alti compiti istituzionali e di responsabilità politica, strumentalizza l’attività giudiziaria alla ricerca di facile consenso, anche attraverso un uso spregiudicato dei social. Comportamenti e dichiarazioni di tale natura delegittimano la magistratura ed espongono in alcuni casi anche a serissimo rischio l’incolumità e la sicurezza dei magistrati impegnati nel quotidiano difficile compito dell’amministrazione della giustizia.
In questi mesi ci siamo trovati spesso da soli a difendere i colleghi che sono stati attaccati solo perché facevano il loro lavoro.
Per citare solamente alcuni dei casi più recenti e noti: le contumelie contro Armando Spataro e i violenti attacchi contro i magistrati toscani e contro i colleghi abruzzesi impegnati nella complessa vicenda di Rigopiano.
In altri casi, l’intervento v’è stato, ma eccessivamente timido, come è accaduto per l’attacco ai magistrati che a Catania compongono il Tribunale dei Ministri e la diffusione in rete di elenchi di magistrati falsamente indicati come iscritti ad un determinato gruppo, con lo scopo, ancora una volta, di delegittimare le decisioni giudiziarie.
È degli ultimissimi giorni, poi, la nota vicenda della visita del Ministro dell’Interno ad una persona in stato di detenzione perché condannata in via definitiva per gravi fatti di sangue, motivata da “solidarietà”, ma in realtà finalizzata a strumentalizzare un fatto, giudicato dalla magistratura, per fini di propaganda politica su temi del tutto inconferenti, all'esito della quale la GEC, dopo un serrato dibattito interno, ha deciso di pronunciarsi causando la scomposta reazione del gruppo di MI che, in un suo documento, ha sentito la necessità di esplicitare all'esterno la sua contrarietà all'intervento della Giunta Esecutiva.
Quando è in gioco la difesa della giurisdizione, la tutela dei diritti fondamentali e della sicurezza dei magistrati, quando sono in pericolo la loro autonomia e indipendenza nel concreto svolgimento del lavoro giudiziario, l’Associazione Nazionale non può tacere.
Quando sono messe costantemente in discussione le prerogative della magistratura, e le sue decisioni sono sempre oggetto di delegittimazione o di strumentalizzazione per meri fini propagandistici, l’Associazione in cui noi crediamo – che è quella forte ed autorevole che, poche settimane fa, abbiamo celebrato – non può restare timida o inerte.
Ritenere, come fa qualcuno, che il nostro silenzio su questi come su altri temi nei quali sono in gioco la difesa dei diritti fondamentali delle persone e i valori costituzionali, che la rinuncia a fornire il nostro qualificato contributo, anche critico quando necessario, al dibattito pubblico sui temi della giustizia e sui provvedimenti normativi, valgano a salvaguardare la nostra autonomia e indipendenza e garantiscano il rispetto da parte degli altri poteri dello Stato delle prerogative e dello status del magistrato, non solo riflette una visione culturale di retroguardia che la magistratura associata ha da tempo superato, ma è del tutto illusorio.
Perché i casi sopra ricordati dimostrano che il silenzio dell’Associazione rende più vulnerabile la magistratura e i magistrati, ne indebolisce il ruolo costituzionale nella tutela dei diritti e, con esso, indebolisce i diritti medesimi. L’autorevolezza dell'ANM non si costruisce e si mantiene con il ripiegamento a tutela dei soli interessi di categoria, ma salvaguardandone il ruolo di interlocutore attento, competente ed inflessibile nel dibattito riguardante i diritti ed i principi costituzionali, non rinunciando mai a riaffermarli tutte le volte in cui gli stessi siano lesi o anche solo messi in discussione.
Se l’ANM ha il credito e l’autorevolezza dimostrate dalla presenza del Capo dello Stato ai nostri Congressi ed anche all'ultimo Convegno sui 110 anni, ciò lo si deve proprio a questo ruolo attivo nel dibattito della società civile che la nostra Associazione ha sempre avuto e che, secondo AreaDG, deve continuare ad avere. Ciò non può che rafforzare l’impegno anche nel settore ordinamentale e più propriamente sindacale e di certo non rende l’ANM meno forte nelle sue rivendicazioni.
Riteniamo che ora, e più che mai, sia necessaria una ANM unitaria e coesa, che, proprio in coerenza con la nostra storia e con quei valori che abbiamo condiviso nella celebrazione dei 110 della nostra Associazione, sappia esserne testimone nella magistratura e nella società.
Ci auguriamo che gli altri gruppi possano convergere convintamente su queste posizioni e su questa idea di Associazione perché, mai come in questa fase storica, sono necessarie l’unità e la costante riaffermazione – ogni volta che ve ne sia la necessità – dei principi cardine della democrazia costituzionale tra i quali, in primis, quelli riguardanti le prerogative della magistratura.
Il Coordinamento nazionale di Area Democratica per la Giustizia
e i componenti di AreaDG nel Comitato Direttivo Centrale dell’ANM
25 febbraio 2019