... una sera a Catania
Tanti erano i magistrati presenti, tante le Autorità, e soprattutto tanti erano i ragazzi e i semplici cittadini che hanno voluto con noi coltivare la memoria, per creare resistenza contro la disillusione e l’assuefazione e per comprendere un passaggio storico decisivo, sulle cui tracce ancora oggi noi camminiamo.
Giovanni Salvi ha ricordato la “grandezza tragica” di Giovanni Falcone. Di straordinaria lungimiranza, comprese prima degli altri la pericolosità delle associazioni mafiose e capì quali strumenti servivano per renderne efficace e omogenea l’azione di contrasto in ambito nazionale e internazionale. In ciò egli non è stato mai realmente “solo”, ma anzi è stato collaborato da un nucleo di uomini delle istituzioni (oltre a investigatori, molti colleghi, alcuni dei quali, come Loris D’Ambrosio, allora distaccato al Ministero della Giustizia, diedero insieme a lui avvio a riforme storiche, prima fra tutte l’introduzione del criterio della rotazione per l’assegnazione dei processi in Cassazione). La sua grandezza e la sua integrità furono tali da consentirgli di orientare l’azione politica del Governo, inducendolo a dare esecuzione al suo progetto di lotta alla criminalità mafiosa e ciò sovvertendo anche le aspettative di chi avrebbe voluto strumentalizzarlo in quella posizione a fini politici. Infine, il campo di coloro che lo hanno sostenuto e quello di coloro che lo hanno contrastato non si possono separare come il bianco dal nero: anche all’interno della magistratura non fu compreso fino in fondo, sicché alcuni colleghi lo avversarono, ma a volte in nome di principi che si ritenevano superiori, laddove altri lo appoggiarono per mero calcolo politico. Per questo il nostro dovere è oggi ricordare, ma, soprattutto, capire.
Giovanni Bianconi ha ripercorso l’accerchiamento subito da Falcone su tutti i fronti, dall’interno dell’ordine giudiziario, all’opinione pubblica anche con numerosi intellettuali, a Cosa Nostra, alla politica, per concludere – con amarezza – (citando a esempio il Decreto legge n. 306/1992, che giaceva in parlamento, a rischio di morirvi) che, forse, il clamore originato dalla strage di Capaci sarebbe stato “riassorbito” se ad essa non fosse seguita la strage di via D’Amelio, che impose una vera, decisiva, reazione della coscienza civile e delle istituzioni nel contrasto alle mafie. Quello organizzato a Catania è stato così un momento non retorico di memoria e di cultura, che riteniamo potrà aiutarci ad esercitare il libero arbitrio con sempre maggiore consapevolezza.
E sapere che dopo il dibattito tante sono state le copie del libro vendute, ci ha dato profonda soddisfazione, perché speriamo che Giovanni Falcone e Paolo Borsellino continuino a vivere nel cuore di chi, leggendo o sentendo raccontare di quelle pagine, non potrà non sentire l’obbligo morale di ripagare, ogni giorno, una parte dell’immenso debito che tutti noi abbiamo contratto con loro e con chi, con dignità e coerenza, ha adempiuto al proprio dovere fino alla fine.