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Comunicato

Non chiamiamolo decreto CUTRO

Sul DDL n. 591/2023 contenente la legge di conversione in legge, con modificazioni, del DL 10 marzo 2023 n. 20

Abbiamo già commentato, il 13 marzo 2023, come la risposta del Governo alla strage di Cutro, avvenuta a cento passi dalla costa calabra, non potesse considerarsi degna di un Paese che rispetti i diritti fondamentali delle persone, né adeguata a prevenire altri naufragi e morti. Oggi sono in corso di approvazione in sede parlamentare norme disordinate e incongrue, anche solo rispetto agli intenti dichiarati.

Nel frattempo, il numero delle persone decedute in quel naufragio è salito a 94, di cui 36 bambini, ma mancano all’appello ulteriori dispersi. 

A seguito della controversa approvazione, nel primo ramo del Parlamento, della legge di conversione della normativa d’urgenza, la nostra valutazione, oggi, è ancora più critica. Il naufragio di Cutro ha chiamato in causa la responsabilità italiana e con essa della UE, nella conduzione delle operazioni di soccorso che, malgrado gli encomiabili sforzi degli operatori della Guardia Costiera, risultano del tutto inadeguate a proteggere e salvare le persone in viaggio (oltre 330 ogni giorno dall’inizio del 2023).

La richiesta di molti settori della società civile di una nuova imponente operazione Mare Nostrum è rimasta inevasa. Nel Mar Mediterraneo si continua a morire, ogni giorno. In acque internazionali, in acque libiche o tunisine, in acque italiane.

È di pochi giorni fa la notizia che, solo negli ultimi dieci giorni, la Guardia Costiera tunisina ha recuperato 210 cadaveri (La Repubblica del 29 aprile 2023).

Senonché nessuna delle norme e delle nuove iniziative politiche messe in atto dal Governo persegue efficacemente l’obiettivo di evitare che bambini, donne e uomini migranti, che spesso fuggono da persecuzioni, sfruttamento, trattamenti disumani o anche solo da condizioni di povertà estrema (che, come da tempo affermato dalla nostra Corte di Cassazione può ledere il “nucleo ineliminabile costitutivo dello statuto della dignità personale”) corrano il rischio di morire in mare.

Anche la rotta balcanica resta irta di ostacoli ed anche per questo gli stranieri morti a Cutro si sono dovuti imbarcare dalla Turchia, per tentare vanamente di raggiungere l’Europa. Ma la reazione ai morti non è stata quella di costruire consistenti corridoi umanitari lungo la rotta balcanica, ma di cooperare con Paesi di transito – Slovenia, Croazia, Ungheria, Serbia e Romania – responsabili di respingimenti a catena proibiti dalla legge internazionale e, come nei casi di Croazia ed Ungheria (già condannate dalla Corte di giustizia) o di trattamenti disumani e detenzioni arbitrarie (come nei casi di Croazia ed Ungheria).

Sul versante del Mediterraneo, il sostegno dell’Italia alla Libia, che da anni è priva di istituzioni affidabili ed è in balia di bande armate, contribuisce a infliggere trattamenti inumani e degradanti, se non autentiche torture, a persone stremate, prive di ogni forma di protezione, ostacolandone l’accesso al diritto di asilo. 

Queste iniziative non hanno impedito che i flussi migratori crescessero nei primi quattro mesi dell’anno, come mai in passato.

Sembra che il Governo, come mostra l’attacco irragionevole alle ONG, abbia individuato nel soccorso, nell’accoglienza, nel diritto di asilo, il fattore che muove i migranti dai loro paesi. Si è persino arrivati ad affermare pubblicamente che i migranti, o le madri dei 4173 minori non accompagnati che hanno raggiunto le nostre coste dall’inizio dell’anno, siano degli irresponsabili perché si espongono ai rischi di questi strazianti viaggi della disperazione.

Cosa spinge il legislatore a credere che blocchi navali o i finanziamenti di regimi autoritari possano fermare persone che hanno attraversato il deserto per fuggire a guerre, violenza insopportabile, distruzione, persecuzione, ripetute discriminazioni e che cercano protezione in quei Paesi che hanno fatto della protezione internazionale e del rispetto della dignità una regola fondamentale e immutabile della loro civiltà? 

I fatti dimostrano che i blocchi navali, gli attacchi alle ONG, che prestano soccorso quando manca lo Stato, e gli accordi di respingimento sono solo forieri di morte e sofferenza.

Ed al contempo, contro i fatti che sono accertati ogni giorno dalle Commissioni territoriali del Ministero dell’Interno e dai Tribunali, un Decreto interministeriale del 17 Marzo 2023 ha qualificato come sicuro, con il chiaro intento di rendere più agile il respingimento dei migranti,  uno Stato come la Nigeria, che è considerato insicuro, per la presenza di conflitti armati che generano violenza indiscriminata, addirittura nella Linee guida della Agenzia europea dell’Asilo che le commissioni territoriali e giudici sono chiamati dal diritto europeo ad applicare, e dal quale proviene il maggior numero di donne soggette a tratta a fini dello sfruttamento sessuale.

Se si leggono insieme le modifiche in corso di approvazione e l’ampliamento della lista dei paesi sicuri si deve prevedere una situazione di imminente elevato stress delle autorità preposte all’esame delle domande assoggettate a procedure accelerate e/o alla frontiera od in zone di transito.

Siamo molto preoccupati che l’enorme lavoro, richiesto alle Questure ed alle Commissioni Territoriali dalle modifiche in corso di approvazione, si traduca in minore approfondimento e, necessariamente, in un inferiore livello di accuratezza ed esame dei casi che non potrà non tradursi in una netta riduzione delle garanzie, sin dalla fase amministrativa.

A nostro avviso però l’obiettivo dichiarato dal Governo di un severo restringimento delle possibilità di riconoscimento del diritto di asilo, nelle diverse forme previste dal nostro ordinamento in attuazione della Costituzione e degli obblighi internazionali, non sarà raggiunto neppure con le misure in corso di adozione.

Perché è un obiettivo sostanzialmente non coerente con la Costituzione e con gli obblighi UE ed internazionali gravanti anche sul nostro Paese.

Quello del Governo appare dunque uno sforzo vano, almeno sul piano del riconoscimento del diritto di asilo.

Ma la stretta formale, nella misura in cui dovesse indurre le autorità amministrative ad una indebita restrizione dei propri orientamenti, costringerà la giurisdizione ad una imponente attività di revisione delle decisioni amministrative. Così come avvenuto all’esito dell’approvazione del Dl 113/2018 a seguito di una esponenziale impennata del numero dei dinieghi nel 2019.

Per questo siamo certi che, in ogni caso, tutto ciò si tradurrà in un enorme aggravio di sopravvenienze dei ricorsi giurisdizionali che renderanno del tutto vani gli sforzi di abbattimento dell’arretrato promessi con il PNRR dall’Italia.

Con le misure in corso di adozione l’incertezza, la proliferazione di diversi orientamenti giurisprudenziali (diversità che appare scontata in ragione dell’eliminazione, tra le altre cose, dei criteri per la valutazione della rilevanza del radicamento sociale in Italia, elaborato dalla Corte di Cassazione nella disciplina anteriore al Dl “Lamorgese”) nonché i tempi delle decisioni, torneranno a crescere.

E con essi l’insicurezza dei migranti, la loro emarginazione, la loro vulnerabilità ed esposizione al ricatto della criminalità.

È di pochi giorni fa la decisione del Consiglio di Stato dei Paesi Bassi che ha accertato l’inadeguatezza del sistema di accoglienza italiano ed il pericolo di trattamento inumano e degradante che il richiedente asilo avrebbe corso, qualora fosse stato trasferito in Italia in applicazione degli obblighi del Regolamento Dublino.

È proprio su questo terzo piano dei problemi, diverso dal soccorso in mare e dai respingimenti alle frontiere, ma diverso anche dai presupposti per il riconoscimento del diritto di asilo, che i provvedimenti in corso di approvazione ormai definitiva presentano le più gravi criticità.

Ne citiamo solo alcune.

  1. La protezione speciale non potrà essere rinnovata nemmeno per i soggetti vulnerabili in apparente contrasto con l’articolo 10 della Costituzione.
  2. La protezione non potrà esser convertita in permesso di lavoro anche per persone che lavorano da tempo in Italia e persino con contratti a tempo indeterminato.
  3. È ristretto l’ambito di rilascio del permesso per cure mediche con l’abrogazione del presupposto delle “gravi condizioni psicofisiche”
  4. Il permesso per calamità che non consente il rientro in condizioni di sicurezza è subordinato al carattere contingente ed eccezionale dell’evento.

Con questi provvedimenti il Governo colpisce anche i superstiti, quelli che hanno superato terribili percorsi migratori e lunghe procedure amministrative e giudiziarie.

 

Neppure le conclamate esigenze del mercato del lavoro, evocate da tutte le parti sociali, riescono a far desistere il Governo dal velleitario obiettivo di contenere i flussi attraverso il peggioramento delle condizioni di sopravvivenza dei migranti, anche di quelli che hanno già ottenuto il riconoscimento del diritto di asilo in Italia e nella UE.

Come non rendersi conto che tali, pur deteriori, condizioni saranno sempre enormemente migliori di quelle che i migranti lasciano nei loro paesi.

Non si comprende che il sistema dell’accoglienza può esser ed è già stata, in molti casi, una importante leva di coesione sociale, che essa costituisce un sostegno al mercato del lavoro, al welfare delle famiglie, al sistema fiscale, al sistema pensionistico.

È irragionevole chiedere alle autorità nazionali ed UE di cambiare strategia?

Questa domanda è rivolta ai responsabili della politica nazionale ed europea in materia di immigrazione e protezione internazionale.

Alla giurisdizione è riservato il compito di garantire il riconoscimento dei diritti, nel rispetto degli obblighi costituzionali ed internazionali, così come, già in occasione del DL n.113 del 2018, ha ricordato il Presidente della Repubblica.

E per questo sentiamo il dovere di rappresentare l’inadeguatezza di quelle riforme in corso di approvazione che, in materia di immigrazione, toccano la giurisdizione ed i diritti dichiarati fondamentali da norme di rango costituzionale, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, da vincoli internazionali e dal sistema comune europeo dell’asilo.

AreaDG - Gruppo immigrazione e protezione internazionale

2 maggio 2023