Programma

Cosa fare per cambiare l’autogoverno
Noi vogliamo un Consiglio Superiore autorevole, che difenda l’indipendenza interna ed esterna della magistratura, libero dalle logiche consociative e da pratiche di scambio.

Il dovere etico, prima che politico, della coerenza delle scelte rispetto ai principi, richiede l’adozione di un metodo che deve informare l’intera azione consiliare.

 

TRASPARENZA
INFORMAZIONE
PROCEDIMENTALIZZAZIONE

Il CSM deve essere la casa di tutti i magistrati. E deve essere una casa di vetro.

Solo attraverso la trasparenza, l’informazione ed una razionale procedimentalizzazione delle scelte consiliari queste possono essere conosciute e valutate, si eliminano le opacità e si favorisce un corretto esercizio della discrezionalità.

E pertanto noi ci impegniamo a:

  • rendere ai colleghi una completa pubblica informazione sull’attività del Consiglio, attraverso la comunicazione preventiva delle pratiche in discussione ed a spiegare le ragioni delle scelte di volta in volta operate, anche attraverso una periodica “Cronaca dal consiglio”;
  • rendere l’attività del CSM immediatamente accessibile a tutti i magistrati, i quali, attraverso il sito, devono potere conoscere tutte le informazioni relative alla propria pratica ed a quelle altrui che siano ostensibili;  
  • rendere trasparente la calendarizzazione delle pratiche, in particolare in materia di nomine, seguendo l’ordine temporale della vacanza con esplicazione della ragione dell’eventuale mancata sua trattazione. In tal modo si evitano o si rendono più difficili le nomine a pacchetto, le anticipazioni o i rinvii tattici nelle nomine.

LA DISCREZIONALITÀ COME RESPONSABILITÀ E NON COME ARBITRIO

Il riconoscimento all’autogoverno di una forte discrezionalità nell’attribuzione degli incarichi di vertice comporta l’assunzione di una parallela responsabilità. I due anni di applicazione del T.U. sulla Dirigenza giudiziaria dimostrano che l’obiettivo perseguito di assicurare prevedibilità e leggibilità delle nomine di dirigenti non è stato raggiunto, mentre nelle nomine in Cassazione gli ambiti di discrezionalità sono ancora più ampi e i criteri di selezione sono scarsamente intellegibili.

Sotto altro aspetto, il T.U. ha amplificato la spinta verso la costruzione della carriera, attraverso l’accaparramento di incarichi e “medagliette”, senza alcuna verifica dei risultati.

Noi non invochiamo il ritorno di un passato che non ha dato buona prova, ma ci impegniamo per attuare una riforma della normativa secondaria che assicuri coerenza e trasparenza alle decisioni consiliari in materia di nomine in funzione della scelta del dirigente più adeguato rispetto all’ufficio da coprire e all’individuazione di criteri selettivi trasparenti e verificabili in relazione alle nomine presso la Corte di Cassazione e l’Ufficio del Massimario. Riteniamo che il comune denominatore delle nomine debba essere quello della valorizzazione dell’esperienza professionale maturata, da valutare in relazione al posto da coprire.

Ci impegniamo per una riforma della normativa secondaria che preveda:

  • trasparenza totale: curriculum, graduatoria, percorso decisionale e motivazionale on line su di una sezione del sito CSM dedicata alle nomine;
  • calendarizzazione pubblica e secondo rigido ordine cronologico delle decisioni sui posti direttivi, semidirettivi e di Cassazione, al fine di impedire i cosiddetti “pacchetti”;
  • decentramento di tutti quei compiti che, nel rispetto della normativa primaria, possono essere sottoposti a visto o a semplice presa d’atto e riservati ai Consigli Giudiziari;
  • per i posti direttivi e semidirettivi, valorizzazione della maggiore esperienza professionale acquisita dando preminenza a chi abbia svolto positivamente le funzioni richieste od omologhe per un periodo congruo;
  • prevalenza della specializzazione per la magistratura addetta al minorile, alla sorveglianza ed al lavoro;
  • valorizzazione della specializzazione per i posti semidirettivi dei grandi Tribunali (es. fallimentare, famiglia, imprese, riesame, Gip-Gup, prevenzione);
  • potenziamento della commissione che si occupa delle nomine per garantire che l’intera procedura duri al massimo sei mesi, come prevede la legge, e che, nei casi di pubblicazione anticipata, consenta il passaggio di testimone tra vecchio e nuovo dirigente. In caso si riscontri l’impossibilità di assicurare il rispetto dei tempi programmati, occorre rivedere l’assegnazione ad una sola commissione di posti direttivi e semi direttivi;
  • previsione di forme d’interlocuzione con i magistrati dell’ufficio, rispetto alla nomina dei semidirettivi, per acquisire elementi di conoscenza; avvio immediato di una commissione di studio per valorizzare, a normativa invariata o con proposte di modifiche legislative, tutte le forme possibili per dare voce e peso a questa interlocuzione, come momento di conoscenza e di democrazia;
  • potenziamento del peso della valutazione della Commissione tecnica per le nomine degli uffici di legittimità;
  • attribuzione di punteggi aggiuntivi per Cassazione e Procura generale per chi svolge incarichi di secondo grado;
  • validità delle graduatorie per Cassazione e Massimario per la durata di un anno / 18 mesi (tempo dichiarato e prestabilito) con assegnazione “a scorrimento” dei posti banditi e che si rendono vacanti nel periodo fissato;
  • valorizzazione, nel valutare la posizione dei magistrati fuori ruolo, dei seguenti aspetti:
    • il metodo con cui si è stati chiamati ad assumere l’incarico (cooptazione, chiamata, concorso);
    • la maggiore o minore “vicinanza” alla politica dell’incarico stesso;
    • la tipologia dell’incarico (maggiore o minor affinità con le funzioni giudiziarie; rilevanza dell’esperienza dal punto di vista dell’acquisizione di capacità organizzative) e la durata dell’incarico.

 

Ferma restando la prevalenza dell’esperienza giudiziaria su quella fuori ruolo, Area ritiene che ogni valutazione comparativa tra candidati che abbiano svolto attività giudiziaria e candidati che abbiano svolto attività fuori ruolo debba essere adeguatamente motivata, in relazione a tutti gli aspetti sopra indicati, pervenendo a decisioni sempre coerenti. Ritiene infine necessario – a tutela dell’immagine di indipendenza della Magistratura – in casi di incarichi fuori ruolo di scelta politica come anche nel caso di incarichi di lunga durata, un congruo periodo di attività negli Uffici, successivo alla cessazione dell’incarico.

VALUTAZIONI DI PROFESSIONALITÀ

Un corretto funzionamento del sistema delle valutazioni di professionalità è la precondizione per il buon funzionamento della giurisdizione e per qualsiasi comparazione tra i magistrati.

Occorre:

  • rilanciare il ruolo dei Consigli Giudiziari per assicurare omogeneità e serietà nelle valutazioni, in modo che queste riflettano realmente il profilo professionale;
  • valorizzare il parere dei Consigli Giudiziari prevedendo, in caso di decisione contraria al parere unanime del CG, l’obbligo per il CSM di una motivazione rafforzata;
  • semplificare il sistema delle valutazioni intermedie.

LA CONFERMA DEI DIRIGENTI: UNA RIFORMA MANCATA

La realizzazione della riforma dell'ordinamento giudiziario ha mancato sul punto essenziale della verifica della capacità specifica nelle funzioni dei ruoli direttivi e semidirettivi, al momento della conferma quadriennale, stante la oggettiva ineffettività delle verifiche. L’attuale CSM ha fatto centinaia di nomine, il prossimo CSM più che di nomine dovrà occuparsi di conferme.

Occorre che:

  • la conferma dopo il primo quadriennio divenga momento cardine della valutazione, introducendo, come ulteriore fonte di conoscenza, forme di interlocuzione con i magistrati dell’ufficio su eventuali problematiche di gestione;
  • la conferma sia affidata ad una commissione diversa da quella che si occupa delle nomine;
  • l’audizione sia obbligatoria quando il parere del CG sulla conferma non sia unanime.

NO AL MAGISTRATO BUROCRATE

I carichi di lavoro dei magistrati italiani spesso insostenibili ed un’attenzione esasperata e meramente formale sui tempi e sulla quantità, rischiano di spingere i magistrati verso la burocratizzazione di un lavoro che deve invece basarsi sulla qualità del servizio reso e che presuppone un tempo di approfondimento e di studio che non deve più essere vissuto come un lusso.  Nel contempo, si scaricano sul singolo magistrato e sugli uffici patologie ed inefficienze altrui.

La vicenda dei cd “carichi esigibili” dimostra in maniera esemplare che le soluzioni basate sull’individuazione di un “numeretto magico” sono solo uno slogan elettorale che, nella declinazione pratica, rischia addirittura di danneggiare il magistrato.

Esistono, invece, su questo fronte importanti margini di intervento del Consiglio:

  • il Consiglio deve in tutti i suoi ambiti decisionali (dalle valutazioni di professionalità, alle nomine e conferme dei dirigenti e in cassazione, al disciplinare, etc.) spostare il baricentro della valutazione dalla produttività del singolo all’efficienza del servizio che – realisticamente – l’ufficio nelle condizioni date può rendere, definendo criteri di priorità e standard di rendimento compatibili con le risorse esistenti, i carichi e le sopravvenienze, attraverso il metodo del bilancio sociale, preventivo e successivo;
  •  il Consiglio deve riacquistare un ruolo da protagonista della politica giudiziaria, aprendo da subito, al fianco dell’ANM, un tavolo di confronto con gli attori politici per reclamare: risorse e revisione delle dotazioni organiche degli uffici, interventi strutturali per la semplificazione del rito civile, per il diritto penale minimo e la sicurezza nei palazzi di giustizia, quali condizioni indispensabili per una giurisdizione efficiente e di qualità;
  • il Consiglio deve prestare grande attenzione alla magistratura onoraria ed ai suoi assetti anche per la migliore organizzazione degli uffici e la qualità della giurisdizione nel suo complesso.

ATTENZIONE AI GIOVANI MAGISTRATI:
FORMAZIONE, TUTELA MOBILITÀ

Negli ultimi due anni la magistratura italiana si è rinnovata con l’ingresso di circa mille magistrati in tirocinio. I giovani magistrati non di rado guardano al CSM come istituzione lontana ed estranea, anche a causa di un clima culturale creato da chi strumentalmente induce il timore verso i pareri, le valutazioni, il disciplinare, al fine di offrire una protezione clientelare. Il Consiglio deve oggi contrastare il rischio di nuove e subdole forme di gerarchizzazione, di richiami al conformismo e all’efficientismo senza valore, di percorsi di carriera preordinati.

Nel contempo deve tutelare i giovani magistrati attraverso:

  • l’assegnazione graduale del ruolo in sede di prima nomina;
  • l’assegnazione ai MOT in prima nomina della possibilità di scelta tra elenchi di sedi tendenzialmente omogenei tra i diversi concorsi.

Il CSM deve farsi promotore di una modifica normativa per portare a tre anni il termine di legittimazione per il trasferimento dopo la prima nomina.

LA DIFESA DELL’AUTONOMIA E INDIPENDENZA DELLE PROCURE E DEI SOSTITUTI

L’autonomia e l’indipendenza degli Uffici di procura e dei Sostituti costituisce un pilastro della nostra democrazia e compito dell’autogoverno è assicurare la sua strenua difesa dagli attacchi esterni e dai rischi interni di verticalizzazione e burocratizzazione. A quest’ultimo riguardo, compito del nuovo Consiglio sarà quello di portare avanti la linea positiva intrapresa dall’attuale con la Circolare sulle Procure e la recente Risoluzione sulle avocazioni, dando attuazione ad esse e vigilando sulla loro effettiva osservanza da parte dei Procuratori della Repubblica e dei Procuratori Generali.

LAVORO, GENERE E GENITORIALITÀ

La presenza di una sola donna tra i sedici componenti togati nel nostro attuale autogoverno in una magistratura che annovera una presenza femminile al 53% non necessita di commenti. Essa invece ci deve impegnare ad azioni a vari livelli per abbattere la sottorappresentanza di genere nel Consiglio e in tutti i livelli di responsabilità.

La maternità e la genitorialità, come pure la malattia, devono cessare di essere eventi straordinari, che penalizzano il magistrato e l’ufficio, per essere disciplinati come situazioni ordinarie e strutturali, che richiedono una revisione della disciplina primaria e secondaria, rispetto alla quale il nuovo Consiglio dovrà avere un ruolo propulsore, sia attuando quelle azioni positive consentite dalla normativa secondaria, sia aprendo un tavolo di confronto con il Ministero.

RAZIONALIZZARE LA MOBILITÀ

Il primo obiettivo è quello di avere il pieno organico, o comunque di limitare temporalmente le vacanze di organico; è inutile parlare di programmi di gestione, piano delle performances, programma ai sensi della legge sulla dirigenza, progettualità nelle tabelle triennali, se poi non si hanno le forze per fare quello che si propone e le proposte diventano libri dei sogni.

Una situazione prossima al pieno organico, quale quello che si prospetta nel prossimo periodo, impone un forte incentivo della mobilità.

Una politica della mobilità a legislazione invariata deve:

  • bandire i concorsi di I grado due volte l'anno a scadenze fisse;
  • prevedere prese di possesso tendenzialmente contestuali agli esodi dei magistrati, per evitare le troppo lunghe vacanze prima delle coperture;
  • garantire una composizione variabile degli uffici giudiziari, evitando situazioni, oggi ricorrenti, di uffici composti per la gran parte di magistrati troppo giovani ovvero, al contrario, prevalentemente di magistrati troppo anziani.

IL DISCIPLINARE

Il disciplinare deve mantenere rigidamente il binario dell'esclusivo accertamento della responsabilità del singolo, senza che questa diventi lo spunto per fare pedagogia o, peggio ancora, per governare l’intera magistratura. Ancora più attenzione occorre prestare perché non si superi mai il confine rappresentato dall'attività di interpretazione di norme di diritto e di valutazione del fatto e delle prove, a meno che non si sconfini nel campo delle abnormità e delle arbitrarietà.

L’attenzione al contesto in cui il magistrato opera deve essere costante per inquadrare la sua attività e le sue eventuali giustificazioni, comeè stato già da ultimo riconosciuto e positivamente applicato in tema di ritardi nel deposito dei provvedimenti.

ORGANIZZAZIONE E INNOVAZIONE

L’innovazione nella giustizia e le sue nuove frontiere (dai big data, all’applicazione degli algoritmi, fino a forme di prevedibilità deflattive dei procedimenti) possono alternativamente essere una grande occasione per la giurisdizione, oppure diventare un ulteriore appesantimento ai danni dei magistrati se non gestite direttamente, tenendo conto delle esigenze e delle ricadute sugli operatori e in particolare sui magistrati.

Per tali ragioni, essa non deve essere il “fiore all’occhiello” di qualche ufficio, ma deve assicurare utilità efficienza e comodità a tutta l’amministrazione giudiziaria, divenendo la quotidianità e l’ordinarietà della giurisdizione.

Il Consiglio deve rivendicare, a garanzia dell’autonomia e dell’indipendenza della giurisdizione, un ruolo da protagonista, di programmazione e gestione delle politiche dell’organizzazione e dell’innovazione, a partire dal rapporto con il Ministero della Giustizia e le sue politiche di modernizzazione, fino alla proposizione di linee guida, per giungere alla valorizzazione e diffusione delle migliori pratiche, mantenendo aperto un confronto  e un’interlocuzione costanti con tutti gli attori coinvolti, tra i quali devono essere, anzitutto, i magistrati e gli uffici giudiziari.

RIVENDICARE L’ORGOGLIO DELL’AUTOGOVERNO

Il futuro CSM deve ridare all’intera magistratura il senso della comune appartenenza e dell’orgoglio che risiede in una funzione di autogoverno che appartiene a tutti, anche nelle istanze decentrate e nei singoli uffici.

Occorre RIAPPROPRIARSI DELLA POLITICITÀ DEL CONSIGLIO.

Non possiamo permettere che, nell’immaginazione dei colleghi, e (più di quanto si pensi) nella realtà dei fatti, il Consiglio sia visto come l’Ufficio dell’Amministrazione del Personale dell’Ordine giudiziario. Si avverte sempre meno, nella magistratura e nel Paese, il ruolo “politico” del Consiglio, di cui molti colleghi paiono non percepire nemmeno più la rilevanza.

E invece è urgente riprendere l’iniziativa sul fronte delle gravissime emergenze che affliggono il sistema giudiziario. Sono sempre più rare (ma non perché ormai inutili…) le pratiche a tutela della indipendenza e dell’autonomia del potere giudiziario. È passata in secondo piano l’interlocuzione con il Governo e il Parlamento sulle riforme in materia di giustizia: è mancata una piùdecisa messa in mora del Governo e della politica sulla drammaticità della situazione della giustizia in Italia e sulla indifferibilità di riforme e di investimenti nel settore. Sono praticamente scomparse le relazioni del CSM al Parlamento sullo stato della giustizia, fonte di conoscenza e, ovviamente, occasione di denuncia.

Ed è urgente attivare la presenza del CSM sulla questione morale all’interno della magistratura. Sempre più spesso, infatti, le cronache giudiziarie segnalano casi di magistrati coinvolti in indagini per fatti di corruzione. L’iniziativa del Consiglio dovrebbe riguardare la Procura Generale presso la Corte di Cassazione e l’Ispettorato presso il Ministero della Giustizia, quale sollecitazione a mettere al centro della loro attenzione soprattutto questo genere di illeciti, piuttosto che limitarsi alla rilevazione di, presunti o reali, errori formali, sovente nei confronti dei magistrati più esposti e più impegnati.