Sul ruolo della Procura generale
(AreaDG Palermo)
La riforma Cartabia ha introdotto una serie di passaggi procedimentali, durante e all’esito delle indagini preliminari, con cui si attribuiscono al procuratore generale intensi poteri di controllo e autorizzatori sulle attività del procuratore della Repubblica.
Si tratta di una competenza “endo procedimentale” del procuratore generale che, pur essendo già prevista dalla precedente riforma del 2017 (introdotta con la legge n.103/17, la cui portata è stata opportunamente ridimensionata dalla risoluzione del CSM del 16 maggio 2018 in tema di avocazioni), rischia di modificare sensibilmente lo statuto ordinamentale del pubblico ministero: le nuove norme processuali attribuiscono all’organo requirente di secondo grado un dovere-potere di controllo che dovrebbe essere invece riservato al giudice per le indagini preliminari.
Il pur doveroso controllo del procuratore generali sulle stasi ingiustificate dei procedimenti, finalizzato ad eventuali avocazioni, può essere agevolmente esercitato sulla base di meri obblighi di comunicazione in capo ai procuratori della Repubblica, senza necessità alcuna di prevedere poteri autorizzatori e di proroga in capo all’organo requirente di secondo grado.
Al contrario, un intervento così capillare e reiterato delle Procure generali durante le indagini preliminari rischia di mettere concretamente in pericolo il potere diffuso e l’autonomia interna della magistratura requirente.