Magistratura e partecipazione al dibattito pubblico
Il 14 agosto 1907 il Ministro di Grazia e Giustizia Vittorio Emanuele Orlando aveva diramato una circolare ai capi di Corte nella quale censurava la diffusione tra i magistrati italiani del “costume di pubblicamente interloquire intorno a questioni attinenti l’esercizio dell’ufficio loro, sia sotto forma di interviste, sia con lettere e articoli” minacciando sanzioni in caso di abusi.
Non intimorita dalle minacce, la nostra Associazione nazionale nasce nel 1909, celebrando il suo primo Congresso nel 1911, e si ricostituisce nel 1945 sulla affermazione del diritto dei magistrati di interloquire pubblicamente fornendo il proprio contributo, sempre propositivo anche quando critico, su ogni questione che attiene alla giustizia: quindi, alla tutela dei diritti ed alla giurisdizione. E tale connotazione ha orgogliosamente conservato nella sua storia, quali che fossero le sensibilità culturali delle dirigenze che si sono succedute alla sua guida.
Affermare oggi che l’ANM non deve prendere parte al dibattito pubblico in materia di diritti e di giurisdizione è antistorico e controproducente, perché non solo significa negare la storia e l’attualità dell’associazionismo giudiziario in Italia, ma significa danneggiare la magistratura e i magistrati italiani.
La nostra Associazione nazionale riunisce oltre il 90% del magistrati italiani ed essa rappresenta quasi un unicum nel panorama europeo, in quanto, mentre negli altri paesi esistono pluralità di associazioni di magistrati aventi diverse sensibilità e orientamenti culturali, l’ANM si connota per essere una associazione pluralista ed unitaria, che si propone di ricercare, ogni qualvolta sia possibile, la migliore sintesi tra le diverse posizioni e opzioni politico-culturali. È proprio in questa capacità di sintesi tra le diverse anime, sempre perseguita da tutti e sempre raggiunta, a volte con sforzi pervicaci, che risiede la sua forza. Da ciò discende la sua autorevolezza interna ed esterna nell'interlocuzione con gli attori istituzionali e la società civile. In ciò sta la sua capacità di tutelare l’autonomia e l’indipendenza della Magistratura dagli altri poteri dello Stato, a difesa dei magistrati e dell’alto compito che la Costituzione assegna loro nella difesa e promozione dei diritti fondamentali, che si attua così nell’esercizio della giurisdizione, come nella vigile presenza e partecipazione dei singoli e dei gruppi al pubblico dibattito.
Questa è la storia, questa è l’essenza dell’ANM ed è fondamentale preservarla in un momento nel quale, nuovamente, vengono messi in discussione la funzione della giurisdizione, il ruolo della magistratura e la sua legittimazione, attraverso la contestazione, a tratti violenta, dei provvedimenti assunti dai singoli magistrati. Per questo noi crediamo nel valore profondo dell’unità associativa e la perseguiamo, consapevoli che essa comporta mediazioni e sintesi tra diverse opzioni e sensibilità culturali, ma anche che in essa v’è la forza della magistratura italiana. Chi mette a rischio questi valori si assume, oggi più che mai, una grave responsabilità.
Rivendicare con fermezza il ruolo e l’unità della nostra Associazione è un compito che spetta a tutti i magistrati e ai gruppi che in essa si riconoscono e rappresenta la migliore risposta contro ogni tipo di attacco volto a minare l’unitarietà, l’efficacia e l’autorevolezza della sua azione.
11 settembre 2018