Morire di lavoro è una tragedia umana e morale inaccettabile.
Infortunarsi o ammalarsi sul lavoro non ha solo un costo di dolore per il lavoratore e la sua famiglia, ma anche per la stessa azienda e per l’intera società.
Il mondo del lavoro è sicuramente l’ambito nel quale si riflette il progresso complessivo di un Paese, la protezione della salute e della sicurezza dei lavoratori, sancita, tra l’altro, dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Ue, rappresenta uno degli elementi basilari di un'economia al servizio dei cittadini.
Il tema della salute e della sicurezza sul lavoro nel nostro Paese riguarda prima di tutto l’atavica carenza strutturale di una strategia capace di garantire sufficienti investimenti per la prevenzione e la protezione ed è più evidente quando si chiede ai lavoratori di adattarsi alle innovazioni ed alle rapide trasformazioni che investono il mondo del lavoro.
L’emergere di nuove forme organizzative, modelli aziendali e tipologie di contratto ha determinato un mutamento radicale del concetto stesso di lavoro che necessita di un impegno globale per gestire il cambiamento sul presupposto che il modo più efficace per proteggere la sicurezza sul lavoro è restituire dignità al lavoro e maggiori diritti alle persone che lavorano.
Se il lavoro è cambiato e si sta evolvendo, se oggi parliamo di transizione digitale in atto, non dobbiamo pensare che il lato oscuro del mercato del lavoro non evolva.
La spasmodica ricerca di risparmio dei costi è spesso attuata a svantaggio della sicurezza sul lavoro. Tra i mezzi utilizzati vi sono le cooperative “spurie”, che nascono e muoiono giusto il tempo della durata di un appalto o di un subappalto e spesso utilizzano manodopera irregolare o applicano ai dipendenti contratti collettivi con meno diritti e meno tutele di quelli previsti dai rispettivi contratti nazionali di categoria creando di fatto concorrenza sleale.
Il nuovo “caporalato” nei magazzini, è del tutto simile a quanto avviene in agricoltura.
Alcune recenti inchieste giudiziarie hanno registrato fenomeni di severo sfruttamento lavorativo in condizioni di retribuzione, controlli e ritmi serrati che ricalcano le condizioni di lavoro nelle catene di montaggio degli anni Sessanta.
E, se a subire quasi sempre gli eventi lesivi sono gli operatori della fascia più bassa, evidentemente vi è un sistema dell’impresa che spesso, soprattutto in alcune imprese medie o piccole, non presta la dovuta attenzione agli obblighi della sicurezza e scarica sui lavoratori i deficit dell’ambiente di lavoro.
In un mercato del lavoro nel quale sicurezza e sfruttamento rappresentano due costanti insopprimibili, non si muore, dunque, soltanto di cadute dall’alto o per schiacciamento, ma anche per la cattiva organizzazione.
Occorre una rivoluzione culturale.
Il nostro compito è agevolato dalle previsioni della nostra Costituzione agli artt. 1-2-3-32 e 41 nella nuova formulazione.
Tra i diritti sotto attacco non può mancare uno spazio dedicato ai diritti dei lavoratori e oggi abbiamo l’occasione per riflettere e avviare questo processo di profonda rivoluzione culturale e di importante riforma politica. Non sprechiamola.
Impegniamoci tutti per una società del lavoro migliore, dove l'uomo non esiste per lavorare, ma il lavoro esiste per l'uomo.