Tornare al nostro ruolo costituzionale
Gli ultimi due anni hanno dolorosamente inciso sulla credibilità della magistratura.
I fatti che hanno determinato questa crisi di immagine sono stati determinati da una profonda crisi etica che sta coinvolgendo una parte consistente della magistratura.
Ai fatti si è aggiunta una narrazione offerta all’opinione pubblica da alcuni dei protagonisti di quelle vicende, in violazione del riserbo che la nostra etica avrebbe dovuto imporre a fronte di indagini preliminari, ed accertamenti disciplinari in corso.
Le strumentalizzazioni effettuata da alcuni organi di informazione e da parte della classe politica restituisce al discorso pubblico l’immagine di una magistratura ostaggio di una guerra per bande nella quale non ci riconosciamo.
La confusione generata dai rumori comunicativi dal segno più vario sta determinando la scarsa consapevolezza, all’interno e all’esterno della magistratura, della reale portata dei problemi e degli approcci più opportuni per offrire soluzione ed uscire dalla crisi.
Conosciamo già le cause di questa involuzione nella riforma dell’ordinamento giudiziario del 2006 e, prima ancora nella riforma del sistema elettorale del CSM avvenuta nel 2002. Ma oggi prendiamo atto anche dell’incapacità della magistratura di resistere alle lusinghe di un sistema nel quale per la prima volta è stata introdotta l’idea della carriera.
Il sistema elettorale maggioritario uninominale ha ridotto, inoltre, la platea dei candidati e la possibilità di scelta degli elettori, rendendo quasi coincidente la candidatura con l'elezione. Questo ha moltiplicato il potere del correntismo deteriore e dei potentati che si sono costituiti all’interno di alcuni gruppi associativi, incidendo fortemente anche sulla sua libertà del consiglieri eletti da vincoli di mandato più o meno occulti.
Dobbiamo pretendere che il legislatore metta mano al sistema elettorale del CSM prima del suo rinnovo, consapevoli del fatti che un nuovo CSM, che fosse eletto con queste stesse regole, sarebbe per ciò solo delegittimato sin dal primo giorno agli occhi degli stessi magistrati. Proprio quando la sua funzione di custode dell'autonomia ed indipendenza della magistratura è resa insostituibile dalle tante pressioni che ogni giorno vorrebbero condizionarne proprio questa fondamentale prerogativa della giurisdizione.
Chiediamo che diversamente da quanto avvenuto per la riforma del processo penale, il disegno riformatore non venga condizionato né da logiche politiche e da equilibri interni alla maggioranza di Governo a discapito della coerenza e razionalità complessiva della riforma, né da spinte demagogiche o dalla volontà malcelata di ridimensionare il ruolo costituzionale ed il livello istituzionale del Consiglio Superiore della Magistratura.
Gli altri temi di riforma che mettiamo al centro della nostra riflessione critica affrontano direttamente il problema del carrierismo dilagante al quale è fondamentale porre un argine, atteso che proprio il carrierismo sprigiona una spinta di domanda clientelare alla quale nessun autogoverno, comunque eletto fosse anche sorteggiato, sarebbe in grado di resistere.
Primo tra tutti è il tema della carriera dirigenziale per come si è strutturata in questi anni. L'accesso in età anticipata rispetto al passato e la temporaneità hanno determinato la creazione di una sorta di cursus honorum che deve essere intrapreso per tempo se si vuole, passando da ruoli dirigenziali sempre più importanti, chiudere la carriera ai vertici di un grande ufficio.
Questo cursus honorum oggi è incentivato da una giurisprudenza amministrativa che sempre più si interferisce nelle scelte valoriali di fondo, imponendo la propria idea di carriera in magistratura.
Le funzioni fuori ruolo, che non devono essere demonizzate non possono costituire trampolino per costruire la carriera.
L’organizzazione interna delle procure, rispetto alle quali la perpetrazione del rigido modello gerarchico è stato posto a fondamento di strategie di controllo eversive attraverso le quali poter governare la sorte di specifici procedimenti attraverso la scelta del Procuratore capo.
L’ambito di discrezionalità che deve essere riconosciuto al CSM per garantire la trasparenza e prevedibilità delle scelte, preservando le decisioni dalle incursioni di maggioranze svincolate dalle regole e di un sindacato del giudice amministrativo sempre più propenso a interferire nel merito della scelta.
Per la sua parte, Area DG riafferma la necessità di mantenere aperto un dialogo costante con la propria rappresentanza consiliare attraverso la quale veicolare un confronto di posizioni sui temi generali e sulle linee culturali e politiche fondamentali.
Respinge, invece, qualsiasi possibile interferenza nelle scelte discrezionali della nostra rappresentanza consiliare, prime tra tutte, quelle che riguardano le singole persone e le loro aspettative.
Questa linea di condotta, chiara, condivisa da tutti, avviata già in questa consiliatura dalla nostra componente, viene ribadita anche quale regola di comportamento dei singoli aderenti al progetto di AreaDG.
Sono temi, questi, sui quali la nostra attuale rappresentanza consiliare ha intrapreso dei coraggiosi percorsi di autoriforma e, attraverso la riscrittura di alcune circolari, ha dimostrato di avere chiaro un itinerario che potrebbe favorire alcune soluzioni virtuose che il gruppo condivide e sostiene.
Siamo tuttavia consapevoli che oltre al piano dell’auto riforma è necessario interloquire sulle proposte di riforma legislativa del CSM e dell’Ordinamento giudiziario che riguardano anche questi argomenti, come sulle altre riforme in cantiere, come quelle del processo penale e civile, strettamente correlate alla tutela dei diritti.
Per questo è fondamentale proseguire il dibattito assembleare nel corso delle prossime settimane e dei prossimi mesi, assumendoci l’impegno di giungere in tempi rapidi, anche con il contributo di gruppi di lavoro, a definire linee politiche chiare e unitarie che possano esser poste alla base di proposte di riforma rivolte al legislatore e veicolate anche attraverso l’ANM.
Esprimiamo fin da ora, la nostra netta contrarietà alla proposta di riforma costituzionale relativa alla separazione delle carriere e ai quesiti referendari sulla giustizia che costituiscono un tentativo surrettizio di modificare l’assetto dei poteri ordinamentali tracciato dalla costituzione. Affermiamo, in caso di scrutinio positivo dei quesiti da parte della Corte Costituzionale, la nostra ferma intenzione di impegnarci, insieme al mondo della cultura giuridica ed alla società civile, per svolgere un serio lavoro di informazione dell’opinione pubblica in ordine al significato distorsivo dell’iniziativa referendaria.
Siamo consapevoli, tuttavia, che la modifica delle regole non sarà da sola sufficiente a risolvere i problemi che affliggono la magistratura, soprattutto sul piano della grave deriva etica che abbiamo, in questi giorni, analizzato.
Siamo, infatti, convinti che parte importante di questa stessa deriva sia determinata dallo smarrimento di chiari riferimenti culturali.
È, quindi, necessario operare attivamente per il recupero del senso delle nostre funzioni e del ruolo che, tutti insieme, siamo chiamati a svolgere, attraverso la giurisdizione per la tutela e la riaffermazione dei diritti. Recuperare il senso sociale e “politico” della giurisdizione, perso oggi di vista, senza il quale il nostro lavoro non può essere affrontato se non in modo burocratico o tecnicistico e comunque nell’assoluta indifferenza rispetto alle persone che attendono giustizia, al significato delle nostre decisioni e ai valori di riferimento che dovremmo contribuire a realizzare.
Il mondo intorno a noi non ha smesso di richiedere giustizia e non è venuto meno il nostro ruolo in una società nella quale la domanda di giustizia sembra cambiata, mente gli interessi ed i diritti disconosciuti e negati sono nuovi rispetto al passato, ma non hanno cessato di reclamare attenzione.
Spetta a noi capire dove si dirige la società e dove si perpetuano le vecchie diseguaglianze e si nascondono le nuove.
È questo il modo attraverso il quale possiamo contrastare i tentativi di chi vorrebbe rassegnarci al silenzio ed all’isolamento per aprire la strada a nuove forme di collateralismo con la politica che noi da sempre rifiutiamo, riprendere il dialogo interrotto con la società e recuperare la nostra credibilità, dimostrare sul campo la strumentalità delle campagne di disinformazione, disvelare la strumentalità di alcuni disegni riformatori e tornare ad occupare il posto che la Costituzione ci ha assegnato nella vita democratica del Paese.