Categoria magistrati di Merito
Alessandra Dal Moro
Le ragioni della mia candidatura alla Primarie di AreaDG
E’ soprattutto ai colleghi più giovani, che intraprendono oggi questa professione, o che hanno cominciato da non molto a confrontarvisi, che penso quando mi interrogo sui modi in cui l’impegno professionale e associativo può tradursi in un risultato di crescita della magistratura tutta e di salvaguardia della autonomia e della qualità della giurisdizione: al loro entusiasmo ma anche alla loro ansia a fronte di condizioni di lavoro spesso pressanti; al loro disorientamento di fronte ad un modo di praticare l’impegno associativo non sempre disinteressato, che si traduce in un’attività di autogoverno che possono sentire lontana dai loro bisogni.
Ma penso anche ai colleghi meno giovani, spesso demotivati da esigenze di efficienza che privilegiano il dato quantitativo che, quando sono esasperate, possono essere fautrici di una giurisdizione superficiale e approssimativa; disillusi da un autogoverno che vivono come una istituzione lontana e non più come lo strumento sovrano di garanzia dell’indipendenza, della professionalità, e della serenità con cui ciascuno legittimamente aspira a svolgere la delicata funzione giurisdizionale per cui ogni giorno si impegna.
Propongo la mia candidatura, alla luce della mia storia professionale e personale, che ha sempre contemplato l’impegno nella giurisdizione – con una convinta valorizzazione del dialogo e l’ascoltoquali potenti strumenti di risoluzione delle controversie che permettono alle persone di assumere nella controversia una logica non antagonistica ma conciliativa – e, nel contempo, l’impegno nell’attività associativa, perché credo nell’associazionismo coltivato con spirito appassionato e disinteressato e nella ricchezza che il pluralismo, espresso attraverso i diversi gruppi, apporta nella ricerca di quelle sintesi che permettono alla magistratura di crescere e portare a compimento il disegno democratico del legislatore costituzionale.
L’autogoverno è un presidio irrinunciabile perché solo l’autogoverno garantisce l’indipendenza della funzione e la libertà della giurisdizione. E senza indipendenza non c’è uguaglianza dei cittadini davanti alla legge, non c’è pari dignità, non ci sono pari doveri per realizzare i diritti fondamentali che la Costituzione riconosce.
Per questo penso che partecipare all’autogoverno sia indispensabile e che tutti noi dobbiamo farlo, ciascuno con la propria coscienza critica e la propria capacità propositiva: un autogoverno diffuso, che si esprime nei comportamenti dei singoli, nelle scelte responsabili dei dirigenti, nel lavoro dei consigli giudiziari (che devono compiere un serio controllo di professionalità e un adeguato apprezzamento della idoneità di coloro che hanno assunto compiti organizzativi e delle tabelle con cui si imposta il lavoro dell’ufficio).
Per difendere l’Autogoverno, quale presidio di autonomia e indipendenza patrimonio di tutta la magistratura, e la sua credibilità interna ed esterna, io sono convinta che sia necessario lavorare con gli altri gruppi, in una prospettiva comune di autoriforma, respingendo la logica antagonista che fa leva sull’appartanenza e recuperando la centralità della componente togata del CSM per far si che il Plenum, espressione della collegialità, si riappropri del compito di rappresentare all’esterno il ‘percorso politico’ dell’autogoverno
Vengo ora agli spunti programmatici.
La proposta in cui mi riconosco comprende:
- L’esigenza di difendere un modello di magistratura “orizzontale” che valorizza il principio costituzionale per cui i magistrati si distinguono solo per diversità di funzioni, promuove la crescita di una dirigenza capace e responsabile, contrastando la logica ‘carrieristica’ che la riforma ordinamentale ha obiettivamente favorito.
- L’esigenza di difendere l’ intangibilità del ruolo costituzionale del Pubblico Ministero, quale parte integrante della “cultura della giurisdizione” e primo presidio di legalità e garante dei diritti; ciò anche attraverso quell'osmosi tra la funzione requirente e quella giudicante ostacolata da alcuni limiti normativi al passaggio dall’una all’altra funzione in concreto irragionevoli.
- L’esigenza di spiegare agli interlocutori istituzionali che il rispetto dei diritti dei cittadini richiede strutture e modelli organizzativi efficienti, nei quali il dato quantitativo non può essere il vero obiettivo: il tema, i carichi di lavoro, dei magistrati esiste e va affrontato. Ma non con un referendum su un ‘numeretto’ nazionale che poi non è stato- ovviamente - possibile realizzare; ma con un serio impegno sulla definizione del ruolo sostenibile da ciascun giudice nell’ambito del suo modello di ufficio ed in base alle risorse che ha a disposizione, individuato dal dirigente dell’ufficio - con la collaborazione dei suoi componenti - il quale deve assumersi la responsabilità di ciò che non può essere richiesto o trattato.
Perciò, in conformità all’elaborazione programmatica del gruppo AreaDG reputo necessario:
- chiedere con forza di tornare al concorso di primo grado immediatamente dopo la laurea: questo deve tornare ad essere un lavoro “per giovani”, cui è possibile accedere a chiunque e non solo a chi può permettersi di essere mantenuto dalla famiglia fino ai trent’anni;
- chiedere con più coraggio di eliminare i tribunali più piccoli (mai un tribunale con meno di 20 giudici e meno di due sezioni) ridisegnando le circoscrizioni, in funzione di una miglior organizzazione di risorse accorpate e della miglior gestione delle scoperture, anche a tutela delle colleghe che non devono vivere il congedo per maternità con i sensi di colpa di chi causa un problema all’ufficio;
- chiedere una radicale revisione delle piante organiche degli uffici giudiziari (sia dei magistrati, per i quali, in parte, è già avvenuto, sia e soprattutto del personale amministrativo);
- elaborare un progetto sulla mobilità dei magistrati, che senza abbandonare gli uffici più lontani, offra una ragionevole prospettiva di avvicinamento alla famiglia per i magistrati di prima nomina; premessa la necessità di raggiungere l’obiettivo del pieno organico, il CSM dovrà impegnarsi perché le vacanze siano le più brevi possibili e per la sincronia tra magistrati in entrata ed in uscita onde prevenire o limitare i disservizi;
- porre grande attenzione al tema della organizzazione degli uffici, anche attraverso un serio impegno in sede di valutazione di conferma dei dirigenti;
- occorre a questo proposito:
- valorizzare il contributo che i magistrati che compongono gli uffici possono e devono offrire affinchè queste valutazioni siano credibili e concrete, e possano così tradursi anche nella promozione di modelli organizzativi che colleghi capaci hanno elaborato nei loro uffici (modelli che promuovono il lavoro "di gruppo”, implementando il confronto ex art. 47-quater O.G., e il lavoro "per obiettivi", e gli standard procedimentali);
- ciò vale a maggior ragione per le Procure, in relazione alle quali va attentamente monitorata l’attuazione della nuova circolare affinché non diventi un vuoto esercizio di stile.
- porre particolare attenzione alle modalità con cui i magistrati di prima nomina sono stati inseriti negli uffici diretti: in presenza del ‘magistrato collaboratore’ in un ruolo di accompagnamento; sulla base di un ruolo che non penalizzi gli ultimi arrivati (come spesso avviene) ma tenga conto della minor esperienza sul piano decisionale ed organizzativo dei giovani colleghi, onde evitare che si trovino subito in difficoltà o si trasformino in burocrati del diritto;
- lavorare per migliorare l’effettività e la concretezza delle valutazioni di professionalità, che dovrebbero valorizzare informazioni sulla qualità del lavoro e dati statistici che evidenziano la capacità di gestire i flussi (ovvero di tenere sotto controllo la durata media dei processi) e non la mera ‘produttività’ (numero di sentenze depositate), in una prospettiva che valorizzi il contributo del singolo magistrato alla qualità del servizio resa dalla sezione o dall’ufficio nel suo complesso;
- potenziare il decentramento delle funzioni di autogoverno per rendere più agile e veloce l’attività del CSM responsabilizzando i Consigli giudiziari, quali organi più vicini alla realtà degli uffici (penso per esempio alle valutazione di professionalità per progressione in carriera e per idoneità a ricoprire incarichi semidirettivi e direttivi, che potrebbero essere approvate dal Plenum per “silenzio assenso” salvo che in presenza di osservazioni dei diretti interessati; ed anche alla tabelle – o le variazioni tabellari che potrebbero essere approvate con la stessa procedura, in caso di unanime parere favorevole del CG e assenza di osservazioni);
- migliorare ancora l’esercizio della funzione disciplinare onde evitare sia il rigore formalistico in favore di un indirizzo che valorizzi sempre più il contesto in cui si producono i “ritardi” (soprattutto nei confronti di colleghi giovani o non giovani che operano in condizioni difficili) sia un’indulgenza ingiustificata in situazioni di grave opacità e di collusione con centri di potere;
- instaurare “flussi informativi” trasparenti, necessari a rendere proficuo il confronto con i dirigenti e i colleghi negli uffici, ad attingere elementi di riscontro delle informazioni che emergono dai fascicoli personali o dati concreti ed obiettivi che consiglino approfondimenti istruttori; con la consapevolezza che la nomina dei semidirettivi è cosa diversa dalla nomina dei direttivi per la quale si deve dare spazio all’audizione dei candidati e al confronto diretto sulle loro capacità e sui loro progetti;
- rendere totalmente trasparente tutto il materiale relativo all’istruttoria di domande di assegnazione di incarichi, che deve essere pubblicato sulla Intranet dei magistrati e reso visibile a tutti i colleghi ( con l’ovvio limite del rispetto della privacy);
- individuare una formula semplice per condividere all’esterno del Consiglio il ‘percorso politico’ compiuto dal gruppo consiliare: come si muove la componente di Area; quali difficoltà incontra; quali sono le posizioni degli altri gruppi; cosa accade di importante nelle riunioni del Plenum.
Soprattutto mi preme sottolineare la necessità di un profondo ripensamento dei criteri e dei metodi di gestione del confronto con gli altri gruppi e con gli altri membri del Consiglio sia nella scelta dei direttivi e semidirettivi, che nella scelta di coloro che meritano di assumere le funzioni in Cassazione o al Massimario oppure di essere nominati membri delle Commissioni di concorso.
Per questo ritengo necessario proporre a tutte le componenti consigliari:
- una logica di scelta orientata non sul migliore magistrato tra i concorrenti, ma sul più idoneo, per profilo personale e professionale per la singola posizione organizzativa da assegnare;
- la valorizzazione del confronto circa la miglior professionalità o sulla maggior adeguatezza al compito escludendo, tuttavia, una logica del decidere per “pacchetti di candidati” o comunque di ‘scambio’.
Penso che si tratti di una logica non condivisibile neanche nella prospettiva – pur di assoluta buona fede - del “sacrificio necessario” in ottica di “buon governo”: non si può, cioè, accettare di votare per candidati ‘non idonei’ o ‘chiaramente meno idonei’; neppure per garantire che, in alcuni uffici, si ottenga il risultato “migliore”; perché questo può implicare accordi non “leggibili” secondo le regole e i valori in cui ci riconosciamo.
A mio parere si tratta di un metodo che avvelena il sistema, toglie credibilità e legittimazione all’Autogoverno, alimenta il clientelismo e il carrierismo; fa apparire quella che nel disegno costituzionale dovrebbe essere una discrezionalità tecnica, come una discrezionalità svincolata da regole che non siano quelle dell’opportunità, che ben può scivolare nell’arbitrio.
Non voglio ridurre il complesso lavoro istituzionale del Consiglio alla questione delle nomine. Ma, certo, credo che questo sia il momento di porre ed affrontare un problema che esiste ed avvertito da tanti colleghi che vivono il CSM come una istituzione lontana e non come la garanzia dell’indipendenza, della professionalità, e della serenità con cui ciascuno legittimamente aspira a svolgere la delicata funzione giurisdizionale per cui ogni giorno si impegna