Categoria magistrati di Merito
Mario Suriano
Le assemblee distrettuali di Area Napoli e Area Salerno hanno deciso di sostenere la mia candidatura alle prossime primarie per il CSM indette dal gruppo.
Ho 54 anni e sono entrato in magistratura nel 1991.
Le mie prime funzioni sono state quelle di pretore, esercitate in provincia di Napoli.
È stata un’esperienza altamente formativa poiché mi sono ritrovato da solo a “dirigere” una sezione distaccata, svolgendo tutte le funzioni, ed occupandomi di molti affari che non avevo trattato nel corso del tirocinio.
Nonostante le naturali difficoltà dovute all’esordio nella professione, è stata una esperienza bellissima e coinvolgente, a contatto diretto con la cittadinanza che vedeva nel “giudice di vicinanza” il principale punto di riferimento.
Sempre come pretore, ho svolto le funzioni della sede centrale della Pretura di Napoli, per poi passare in Tribunale con la soppressione dell’ufficio giudiziario della Pretura.
Ho prestato, quindi, servizio presso il tribunale di Napoli, esercitando quasi esclusivamente le funzioni civili ed occupandomi in prevalenza del contenzioso in materia commerciale (bancario) e in quella delle locazioni.
Sono stato componente del Consiglio Giudiziario di Napoli nel quadriennio 2012-2016.
Salvo un periodo in cui, nel 2007, ho fatto parte della commissione di concorso per uditore giudiziario, ho svolto la mia attività professionale esclusivamente negli uffici giudiziari.
Nel corso degli anni mi sono appassionato all’attività associativa, partecipando attivamente al primo vero e proprio laboratorio di quella che sarebbe poi diventata Area, con la formazione in sede locale, nel distretto di Napoli, della lista 1º marzo, composta da un raggruppamento di colleghi iscritti a Magistratura Democratica, al Movimento per la giustizia e dai cosiddetti “ghibellini”.
Con il programma elettorale fondato sull’affermazione dei principi di partecipazione e di affermazione del principio dell’indipendenza della magistratura, soprattutto interna in ragione delle criticità emerse nell’ufficio della procura di Napoli, riuscimmo ad ottenere un clamoroso successo elettorale, capovolgendo gli equilibri associativi sino a quel momento imperanti.
I ghibellini “napoletani”, unitamente ai colleghi salernitani di Impegno per la legalità, hanno costituito il nucleo fondante di Articolo 3, la cui finalità principale era proprio quella di agevolare la realizzazione di un unico polo della magistratura progressista.
Nel 2003, sono stato eletto al comitato direttivo centrale e ho fatto parte della giunta esecutiva centrale, con le presidenze di Edmondo Bruti Liberati e Giuseppe Gennaro.
Ho poi aderito con convinzione al Movimento per la giustizia, attirato proprio dell’entusiasmo verso forme di associazionismo non condizionato da logiche di appartenenza, lavorando poi per la costituzione “ufficiale” di Area democratica per la giustizia, del cui coordinamento nazionale ho fatto parte nel biennio 2015-2016, cercando di operare nel rispetto del lavoro di gruppo ed ispirando, anche l’attività di portavoce, ai canoni di trasparenza e collegialità.
Il cammino di “Areadg” è ormai tracciato, il valore aggiunto che dovrà caratterizzare l’attività di coloro che saranno eletti al prossimo Consiglio Superiore è proprio rappresentato dalla consapevolezza, presente in tutti i candidati, di seguire un percorso comune nel rispetto del programma elettorale che il gruppo, in tutte le sue articolazioni, elaborerà.
Sono convinto che il gruppo consiliare dovrà operare, anzitutto, a tutela delle prerogative del Consiglio Superiore della Magistratura.
In particolare l’attività del Consiglio dovrà essere improntata alla massima espressione di collegialità, con la valorizzazione delle attività plenarie e con un’azione volta a contenere il ruolo sempre più preponderante del Comitato di Presidenza, che tende a porsi come organo autonomo interno al Consiglio con funzione di orientamento e di influenza delle decisioni e non più di mero soggetto di organizzazione delle attività consiliari e di smistamento delle pratiche in ingresso.
Allo stesso modo il ruolo esterno del Vice Presidente, nell’attuale società caratterizzata dalla immediatezza delle comunicazioni, rischia sempre più spesso di concentrare sull’organo monocratico una attività di rappresentanza e di rappresentazione esterna di volontà consiliari che non si sono formate nella fisiologica interazione fra commissione e plenum. Su questi punti, a mio giudizio, in campagna elettorale AreaDg dovrà lanciare un vero e proprio appello di condivisione a tutta la futura componente togata per un lavoro comune che possa rimettere in equilibrio il funzionamento dell’istituzione consiliare.
Si tratta di temi, questi, che non possono che essere affrontati insieme dai togati, sulla base di un terreno comune, sul quale innestare il dialogo con la componente laica, nella consapevolezza, ormai, che questa componente tende a muoversi in alcune occasioni nevralgiche in modo unitario e non più orientato da tradizionali schieramenti politici, anche per la frammentazione parlamentare che, verosimilmente, si acuirà ulteriormente nella prossima legislatura.
Va ribadita, in questo contesto, la necessità di fornire un costante e attento contributo partecipando, sotto forma di pareri, alla formazione di testi di legge concernente l’ordinamento giudiziario, l’organizzazione degli uffici, i diritti fondamentali costituzionalmente tutelati e le più importanti questioni attinenti alla giustizia. Sul punto sarà opportuna anche una rivisitazione delle modalità di redazione di questi documenti, troppo spesso eccessivamente verbosi e poco incisivi. Il ruolo “politico” del Consiglio si concretizza anche n questo determinante settore.
Senza esitazioni va difesa la dignità della funzione giudiziaria, anche dando nuovo vigore all’Istituto delle pratiche a tutela, caduta quasi in desuetudine nelle ultime consiliature. Soprattutto occorrerà impegnarsi in prima commissione, luogo strategico per una attenta verifica dello stato della magistratura rispetto alla questione morale, un tema che AreaDg deve avere il coraggio di rilanciare, proprio alla luce di numerose vicende che sono emerse in questa consiliatura. Allo stesso tempo, la prima commissione andrà presidiata per evitare che essa diventi il luogo della aggressione alla magistratura che lavora e che spesso, facendo il proprio dovere, si imbatte in condotte illegali nei grandi settori degli interessi finanziari, economici e istituzionali, destando l’attenzione normalizzatrice di alcune componenti consiliari.
Occorre procedere ad un rinnovato impegno del CSM sul versante della funzionalità del sistema giudiziario.
Da civilista ben comprendo che un approccio di carattere quantitativo corre sul rischio di far ricadere in danno dei singoli magistrati la questione dei carichi di lavoro. Tale questione va affrontata, soprattutto, con una attenta programmazione dell’attività giudiziaria. Una equa distribuzione del carico di lavoro tra i magistrati dell’ufficio deve essere una delle priorità da considerare nell’ambito dell’esame delle tabelle e di programmi organizzativi degli uffici, procedendo ad una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti affinché gli stessi prestino attenzione non solo al dato quantitativo delle udienze tenute e dei procedimenti definiti. In sintesi, gli impianti organizzativi devono ispirarsi a criteri di razionalizzazione e di innalzamento della qualità del servizio offerto ai cittadini. Il Consiglio deve accompagnare questo processo, “allentando” l’interesse ai numeri ed alla produttività quantitativa, soprattutto nella valutazione dei dirigenti che, a cascata, pretendono una alta produzione in funzione della loro successiva valutazione.
Un ruolo significativo a tal riguardo è, allora, svolto dai consigli giudiziari, la cui attività va sgravata da inutili incombenze burocratiche, esaltandone invece l’operato, e distaccandosi solo con motivazioni rafforzate dalle scelte e dai pareri dagli stessi resi. Risulta spesso incomprensibile perché, a fronte di alcune coraggiose scelte degli organi di prossimità, il Consiglio poi vada in un direzione del tutto opposta.
Rappresenta, poi, momento di particolare rilievo quello della nomina dei direttivi e dei semidirettivi che deve ispirarsi al superiore interesse della funzionalità degli uffici.
Scelte dettate da logiche di appartenenza e lottizzazioni correntizie non solo determinano un evidente appannamento dell'immagine del sistema di autogoverno, ma hanno una ricaduta in termini di efficienza del servizio giustizia cui, a volte, solo a distanza di anni si può porre rimedio. In generale, occorre garantire trasparenza anche con l’ausilio di criteri di nomina rispondenti alle esigenze del caso concreto, in grado di eliminare lo sconfinamento delle scelte dell’arbitrio. Le scelte per essere trasparenti devono anche essere di agevole lettura, sorrette da adeguata e soprattutto chiara motivazione. Sul punto AreaDg dovrà valutare prima delle elezioni in quali termini proporre modifiche al TU sulla dirigenza (più rigoroso aggancio alla specializzazione rispetto a determinati incarichi, maggior richiamo alla esperienza giudiziaria sia in termini di durata che di specifico impegno interno all’attività giurisdizionale) ed alla normativa interna (es. distinzione fra due diverse commissioni delle nomine dei direttivi e dei semidirettivi, delle nomine e delle conferme, che costituiscono, queste ultime, un altro campo nel quale investire molte più risorse e molta più attenzione, individuando forme di consultazione dei magistrati degli uffici).
Ma, soprattutto, mi piace sostenere che la questione delle nomine, così centrale, più che attraverso un cambiamento delle regole, sicuramente sempre perfettibili, passa per un principio di “deontologia delle scelte” che dovrà caratterizzare il gruppo consiliare di AreaDg, chiamato sempre a spiegare, costantemente e con chiarezza, il perché di una soluzione piuttosto che un’altra. Così anche per le altrettanto discusse e problematiche “nomine a pacchetto”. Inoltre il nodo della questione sta nella necessità di lavorare per un “ritorno al mestiere del giudice” , cioè una rinnovata vis attractiva delle funzioni giudiziarie, di p.m. e di giudice, che faccia recuperare entusiasmo e stimoli nel lavoro quotidiano, così spiazzando per un verso la corsa ai fuori ruolo, e per altro la corsa alle medagliette ed agli incarichi dirigenziali. Insomma occorre una forte riduzione della domanda, un percorso culturale che sterilizzi il carrierismo. In questo il Consiglio può fare molto, dedicandosi alle condizioni di lavoro e imponendo una riabilitazione del “mestiere di giudice” nell’opinione pubblica.
In questo ambito, per esempio, dovrà proseguire l’impegno e l’attenzione alla funzione del pubblico ministero, all’assetto interno delle Procure, al giusto rapporto fra autonomia investigativa e di esercizio dell’azione penale dell’ufficio del pubblico ministero di primo grado e poteri di vigilanza delle Procure generali, alla proiezione nazionale e sovranazionale delle funzioni di coordinamento attribuite alla Dna ed agli uffici, in rapida evoluzione normativa, europei (Eurojust e procuratore europeo).
Da non sottovalutare sono le problematiche concernenti la progressione in carriera e lo scrutinio delle valutazioni di professionalità, che si traducono di frequente in una incombenza meramente burocratica, laddove potrebbero rappresentare il momento in cui esaltare la condotta dei magistrati lavorano in piena efficienza nonostante le frequenti difficoltà ambientali si trovano ad operare rispetto e quella di chi è attento solo “a tenere a posto le carte”.
Un importante punto programmatico di AreaDg dovrà essere quello delle “pari opportunità in magistratura”. Da declinarsi in una doppia veste: quella della parità di genere, per la quale occorrerà affrontare, a livello di formazione secondaria o con proposte di modifica legislativa, il tema delle “azioni positive”, che possano consentire davvero la eguale opportunità di partecipazione delle donne alle diverse funzioni giudiziarie, agli incarichi dirigenziali, agli incarichi di governo autonomo in senso ampio; quella delle pari opportunità dei magistrati degli uffici più disagiati e di quelli periferici, rispetto ai magistrati degli uffici meno gravati e che versano in migliori condizioni organizzative e di risorse, attraverso una equa attivazione della leva della mobilità interna, ed una corretta valutazione del lavoro svolto in queste sedi. Un modo questo, di intendere le pari opportunità, che è innanzitutto rivolto a tutelare la posizione dei giovani magistrati, per lo più donne, e per lo più destinati a lavorare negli uffici più difficili.
Infine, particolare cura va dedicata al tema dell'informazione dell'attività consiliare.
Occorre necessariamente affiancare alle consuete e asettiche informazioni provenienti dal CSM la divulgazione di commenti all’attività consiliare di agevole approccio e dunque in grado anche di offrire elementi necessari per valutare l’operato de gruppi consiliari. In quest’ottica, l’impegno da parte mia di favorire, quanto più possibile, il dibattito sulle questioni consiliari non solo con il costante confronto con gli organi di Areadg, ma con la partecipazione e il dialogo nelle sedi locali a contatto diretto con i colleghi.
In questo senso la mia candidatura, come espressione di una messa a disposizione della mia esperienza di giudice e di magistrato impegnato nella attività associativa, sempre caratterizzata dalla ricerca, con il dialogo pacato ed il confronto serrato, e attraverso la pratica convinta della collegialità, delle migliori soluzioni per il miglioramento del sistema giustizia nell’ottica del servizio da offrire ai cittadini.