Primarie per l’elezione del Csm
Categoria magistrati Requirenti

Fabrizio Vanorio

Procura della Repubblica di Napoli

Ho dato la mia disponibilità per le primarie di ADG per il CSM nella categoria requirenti ed ho atteso, prima di scrivere queste parole, lo svolgimento delle assemblee distrettuali con l’indicazione anche del mio nome. 

Comprensibilmente è stata espressa la richiesta di conoscere meglio il profilo dei candidati e le loro proposte.

Devo dire però che condivido l’idea che il programma debba essere frutto di un’elaborazione collettiva, che AREA ha in buona parte avviato in questi anni. Ovviamente spetta anche ai candidati formulare proposte e lavori da far confluire nel programma del gruppo. Ma a mio parere contano, più che le dichiarazioni di questi giorni, il lavoro che si è fatto in passato ed i contributi al dibattito associativo, come del resto è stato ben espresso dai documenti del Coordinamento nazionale sul profilo dei candidati alle primarie. 

 

Per questo non vorrei evidenziare tanto i dati relativi alla mia persona, che ben possono essere spiegati da chi ha lavorato con me, quanto i contributi dati all’azione collettiva di AREA e dell’ANM fuori, ma soprattutto dentro gli uffici. Solo pochissimi cenni “biografici”: sono entrato nel ‘98 ed ho lavorato sempre come Sostituto, 8 anni a Palermo e 9 a Napoli. Nella prima sede mi sono occupato di reati contro la p.A. ed urbanistici, nella seconda di criminalità economica e dal 2012 di criminalità organizzata, con specifico riferimento alla provincia di Caserta. 

 

Mi sono da sempre interessato alla questione della “democrazia interna”, che in Procura è chiaramente questione più sentita, e lo era anche con il vecchio sistema “semitabellare”.

La mia attività è cominciata proprio con osservazioni, fatte insieme ad altri colleghi, sui meccanismi di assegnazione dei procedimenti e sulle coassegnazioni di proc.ti DDA.

Ottenemmo anche ragione dal Consiglio giudiziario, ma poi cambiò l’ordinamento giudiziario ... e necessariamente le vertenze si spostarono sul fronte associativo.

Da presidente distrettuale dell’ANM ho avuto modo di partecipare a quella intensa stagione di mobilitazione contro l’o.g. Castelli, che terminò con buoni risultati (era in gioco la separazione delle carriere e c’era il rischio di progressione per concorsi), anche se con un assetto delle Procure largamente insoddisfacente.

Cominciarono a verificarsi, infatti, una serie di problemi e tensioni in molte Procure anche di grandi dimensioni, compresa la mia, ed in molti ritenemmo giusto portare a livello associativo quei problemi, investendo pure il CSM. 

In seguito, nei gruppi di lavoro di MD (a cui sono iscritto), poi nel CDC dell’ANM ho continuato ad occuparmi di ordinamento e di uffici requirenti in particolare, contribuendo a quei documenti collettivi di AREA sul PM (maggio 2012), che nella quasi totalità dei principi riuscimmo a far approvare al CDC nel dicembre 2015.

Quel lavoro, possiamo certamente rivendicarlo, è alla base del bel risultato conseguito da AREA in Consiglio con la recente circolare sulle Procure

Ma non si vive di solo ordinamento ... abbiamo il dovere di calarci anche nei casi concreti, di difendere i colleghi soggetti ad attacchi ingiusti e questo è un compito dell’ANM, che deve intervenire in modo tempestivo ed efficace, cercando di farsi ascoltare anche all’esterno della categoria, ma è anche un compito del CSM, che col fondamentale istituto delle pratiche a tutela ha salvaguardato tante volte le funzioni giudiziarie e non soltanto singoli magistrati. 

 

Ciò diventa sempre più importante quando gli interventi disciplinari o le    istruttorie ex art. 2 l.g. colpiscono, a volte, di più i magistrati per opinioni o per questioni attinenti al merito della loro attività che per condotte poco trasparenti (esemplare il caso che ha riguardato gli uffici di Nuoro e Cagliari). Su questo punto, invito a rileggere la delibera che approvammo in CDC del 1° giugno 2013 sul rischio di un disciplinare “forte con i deboli e debole con i forti”. 

La rilevanza costituzionale del Consiglio, comunque,  si esprime anche negli atti rivolti all’esterno della magistratura, come i pareri sulle leggi in materia di giustizia o le regole in tema di organizzazione, che riguardano prima di tutto i cittadini. Ricordiamo sempre che il Consiglio serve in primo luogo alla giustizia e per questa ragione tutela i magistrati. 

Avere chiari questi concetti significa anche contrastare quei ripetuti tentativi della componente laica di formare un “gruppo unico”, volto in modo compatto a sminuire il rilievo esterno del     CSM, anche grazie all’accentuazione dei poteri del Comitato di Presidenza

Per quanto riguarda le valutazioni e le nomine non ripeto ciò che ho scritto e detto in varie occasioni: se non riusciamo ad ampliare le fonti di conoscenza, a valutare la qualità del lavoro attraverso pareri più dettagliati ed osservazioni puntuali, in ipotesi anche da parte di altri uffici giudiziari in grado di fornire informazioni utili (mozione finale  dell’assemblea ADG del 27 novembre 2016), a valutare anche come si è fatto il formatore, il referente informatico (e non solo il titolo in sé), qualsiasi griglia articolata di parametri rischia di premiare sempre e comunque gli specialisti degli incarichi. 

Nelle nomine ad incarichi direttivi devono contare le qualità tecniche, le capacità organizzative, le qualità caratteriali del singolo magistrato, il suo saper essere un dirigente democratico e capace di ascoltare, senza però dare peso alcuno a rapporti personali o alle pregresse appartenenze. E’ una sfida difficile, va detto senza ipocrisia, ma che va raccolta ad ogni costo. 

 

I consiglieri di ADG dovranno essere capaci di fare squadra e di confrontarsi stabilmente con il Coordinamento nazionale e con le articolazioni territoriali di Area, nel rispetto dei diversi ed autonomi ruoli. Nel contempo è evidente che, soprattutto nelle decisioni a contenuto tecnico, non potrà prescindersi dalla possibilità di opinioni e voti diversificati, ma sempre in un quadro di ascolto reciproco e di efficace coordinamento della componente consiliare, specie nella comunicazione esterna. 

 

Per quanto riguarda, ancora, l’effettività e la qualità del servizioche noi magistrati dobbiamo rendere, ritengo essenziale perseguire la strada delle priorità, nell’ambito del perimetro già tracciato dalle risoluzioni consiliari. Anche in questo caso si tratta di sviluppare elaborazioni già ampiamente avviate da ADG, ad esempio nel convegno del giugno 2014 a Napoli, che mise a confronto magistrati provenienti da tutte le esperienze di merito e legittimità, oltre che da diverse aree territoriali ed anche avvocati, docenti e parlamentari.

Il lavoro sulle priorità non deve significare l’abbandono del contrasto ad alcune tipologie di reato – o, nel settore civile, delle controversie di valore meno significativo – ma solo che occorre misurarsi non solo con i dati quantitativi, ma anche con la qualità del lavoro, che non può prescindere dalla complessità e, dunque, dal “peso”del singolo processo.  

 

Non si può dire tutto in una presentazione, i temi sono tanti ed avremo modo di affrontarli nelle prossime assemblee in tutta Italia, voglio solo aggiungere che per me è importante aver vissuto in concreto alcune situazioni, come la prima sede lontana dalla città di provenienza, l’aver sperimentato la realtà di sedi giudiziarie grandi, medie e piccole, fare udienza DDA fuori sede e, infine, essermi occupato di sedi disagiate e di problemi dei giovani magistrati in genere nel convegno nazionale del 2007, iniziativa certamente da ripetere. Il Consiglio su questi temi deve avere una grande capacità di ascolto, per fornire soluzioni chiare e comprensibili.