Barbara Fabbrini
Tribunale di Firenze
Il futuro dell’UPP passa necessariamente dalla possibilità che l’istituto sia introdotto a regime, in una prospettiva di natura ordinamentale e di politica giudiziaria.
Il presupposto da cui occorre muovere è la considerazione che l’UPP è già stato immaginato come strumento organizzativo da mettere a regime; prospettiva questa che troviamo nel PNRR stesso.
Nel documento ufficiale del PNRR, firmato dal Governo Italiano a giugno 2021 (da Mario Draghi e Ursula Von der Leyen) si legge che le nuove professionalità del PNRR (i 16.500 funzionari UPP) sono richiesti e concessi per rendere stabile la misura dell’UPP, che è valutata fondamentale per l’innovazione della giurisdizione italiana.
Convinta di ciò la Commissione, tra i vari obiettivi, ha richiesto al Governo italiano anche che:
- la misura sia messa a regime con soldi di bilancio ordinari dello Stato, i finanziamenti PNRR servono solo per supportare tale percorso;
- che ai giovani assunti a tempo determinato nel PNRR per avviare l’ufficio per il processo a regime, fosse assicurata la possibilità di inserimento nella pubblica amministrazione;
- che la riforma della giustizia contenesse una normativa, che renda chiara la volontà del governo italiano di creare l’UPP a regime, questo obiettivo costituiva milestone espressa del PNRR con termine a dicembre 2022. In virtù di tale impegno è stato prima adottato un apposito punto nella legge delega 206/21 e poi emesso il decreto legislativo 151/22. Normativa quest’ultima he necessita certamente di modifiche migliorative, ma che rende chiaro come l’Ufficio per il processo, concepito come staff di assistenza alla giurisdizione e al magistrato con previsione (l’art 16 del d.lgs 151/22) di risorse per le prime 1500 assunzioni di funzionari UPP a tempo indeterminato.
Se non c’è dubbio che l’UPP a regime è quindi scelta di innovazione organizzativa degli uffici giudiziari ormai tracciata ed approvata in sede europea, l’interrogativo si sposta quindi su come approdare alla misura a regime e soprattutto come farlo in tempi rapidi prima del 2026.
Svincolando l’UPP da una visione molto incentrata su obiettivi produttivistici, la strada maestra innanzi tutto è quella della urgente revisione ordinamentale. Occorre creare a regime la figura del funzionario UPP nel sistema delle qualifiche professionali dell’Amministrazione giudiziaria, dal momento che ancora questa figura non esiste ma è solo stata prevista in via provvisoria nel PNRR.
È oggi e non nel 2026 che Giustizia si trova una reale possibilità di attuare questa revisione ordinamentale, dovendo definire con le rappresentanze sindacali il nuovo CCNII del Ministero che può ben consentire l’inserimento tale figura in un quadro armonico con gli altri profili esistenti nei nostri uffici.
In questo percorso le rappresentanze sindacali hanno già espresso la volontà di offrire il loro contributo.
L’inserimento della nuova figura del funzionario UPP a regime deve però essere realizzato contestualmente ampliando la dotazione organica della dell’Amministrazione giudiziaria, non potendo procedere a compensazione con altre figure già presenti nell’ordinamento professionale, pena la trasformazione di tale strumento da potenziamento degli uffici giudiziari in depotenziamento degli stessi.
Se non si opera in tal modo non potrà mai realizzarsi a regime la misura e non potranno mai assumersi funzionari UPP con contratto a tempo indeterminato.
Ultimo profilo che occorre tenere presente per traguardare l’UPP a regime è forse il più complesso: il cambiamento culturale del modo di fare giurisdizione e di concepire la giurisdizione.
È indubbiamente un diverso modello culturale di magistrato quello che l’ufficio per il processo delinea.
Il lavoro del magistrato è concepito come lavoro di staff, di équipe; un magistrato che attraverso professionalità adibite ad una assistenza più “vicina”, interagisce anche in modo più dinamico anche il resto dell’ufficio (colleghi e personale delle cancellerie).
Un magistrato in altre parole più “aperto”, che non teme la trasparenza delle sue decisioni e del suo modo di lavorare, di elaborare.
Questo modello culturale capovolge la visione tradizionale del lavoro del magistrato: l’isolamento del giudice come paradigma del grado di sua indipendenza.
Ma se il profilo culturale è quello più difficile da realizzare è evidente che il cammino verso l’attuazione della messa a regime non potrà prescindere dal ruolo attivo del Consiglio superiore e della Associazione nazionale magistrati e anche dalla collaborazione di vari attori. Dell’avvocatura, dell’università per incidere in una crescita culturale delle nuove generazioni, della politica chiedendo ad essa un impegno per operare un recupero di maggiore credibilità della giustizia italiana, anche attraverso questo strumento di innovazione.
In questa cornice non possiamo nascondere la forte preoccupazione sulle scelte operate in questi mesi dal Governo che per la prima volta dopo 10 anni, mostra di considerare la Giustizia un settore su cui non investire.
Non è stata prevista neanche una assunzione per il Ministero della giustizia nel recente decreto legge sulle assunzioni nella Pubblica amministrazione (decreto-legge 22 aprile 2023, n. 44) e il DEF appena approvato, si limita a ricordare che verrà completato il quadro di assunzioni dei funzionari UPP finanziato con risorse PNRR a tempo determinato. Nulla si dice sulla programmazione di risorse di bilancio per la messa a regime dell’Ufficio per il processo.
C’è una forte esigenza della magistratura e degli operatori della giurisdizione: operare un serio cambiamento della giurisdizione, cambiamento che non si realizza a colpi di norme processuali ma, per usare l’espressione contenuta nel PNRR, solo attraverso un serio investimento in Capitale umano per la giustizia.