Walter Verini
senatore PD - Commissione giustizia
L’istituzione dell’ufficio per il processo è stata figlia di una stagione riformatrice della giustizia, di un clima collaborativo, durante il Governo Draghi con a via Arenula Marta Cartabia.
Al di là delle opinioni e anche dei dissensi che le componenti della giurisdizione – Anm, Avvocatura – possono avere avuto sul merito delle riforme, non credo che possa esserci dubbio sul fatto che avevano l’ambizione di essere riforme strutturali, di sistema.
Non contro qualcuno o a favore di qualcuno, come siamo stati abituati ad assistere dal 1994. diciamo dalla "discesa in campo" di silvio berlusconi. discesa che, a mio giudizio, aveva tra gli scopi anche quello di ridimensionare fortemente l’indipendenza della magistratura.
La quale si è difesa da questo. anche se con "eccesso di legittima difesa".
Con tutte le criticità che vogliamo, le riforme del penale, del civile e quella dell’ordinamento sono state riforme di sistema, utili non solo a raggiungere gli obiettivi del Pnrr, ma a tendere verso una durata ragionevole dei processi, e una giustizia aderente pienamente ai principi costituzionali. Un modo per uscire dalla " guerra dei trentanni".
Anche sotto la vostra spinta, l’Ufficio per il processo ha rappresentato e rappresenta una opportunità per la giustizia. perché, in definitiva, significa anche collocare l’esercizio della funzione giurisdizionale al centro di una più complessa e ricca struttura organizzativa di supporto. Valorizzare il momento della responsabilità, anche organizzativa, e della decisione.
Del resto, una struttura in grado, per esempio, di monitorare e redigere schede per fascicoli, eseguire ricerche di dottrina e giurisprudenza, verificare la regolarità delle notifiche, predisporre bozze di provvedimenti può tradursi non solo in un incremento di produttività e riduzione dell’arretrato, ma consente al magistrato di concentrarsi sullo studio delle cause più complesse e sugli atti più impegnativi.
Una vera e propria innovazione organizzativa, che anche le esperienze straniere confermano di grande potenzialità.
Innovazione che chiama a sfide anche la magistratura, in termini di formazione, mentalità, sfida culturale e professionale, superamento di un approccio alla giurisdizione individuale e solitario ( anche perché obbligato ) e teso invece a un lavoro collaborativo e di squadra in un sistema complesso e integrato come quello giudiziario.
Questo impone una solidificazione strutturale di questa esperienza.
Come pd, pur dall’opposizione, abbiamo chiesto al governo – e ci battiamo per questo – che si decida al più presto per la stabilizzazione delle figure che lavorano nell’ufficio del processo.
Se è stato giusto – in pratica obbligato – procedere con un bando per un tempo determinato, ora è il momento di stabilizzare, professionalizzare con profili di competenza e professionalità le risorse umane dell’ufficio del processo e degli uffici giudiziari. investendo anche nella formazione.
Stabilizzare prima possibile e comunque, da subito, prorogare gli incarichi affermando chiaramente che si stabilizzerà con la legge di bilancio. anche per evitare, come è avvenuto e sta avvenendo, che molti incaricati se ne vadano per posti di lavoro meno precari e più stabili.
E, insieme con la velocizzazione delle procedure per l’ingresso previsto di un numero significativo di magistrati e di personale degli uffici di cancelleria, si potranno affrontare meglio le sfide delle riforme, del processo telematico, ormai prassi nel civile e da estendere nel penale ( con la piena salvaguardia, certo, del diritto alla difesa).
E sarà possibile affrontare meglio anche le sfide - ancora aperte - dell’ammodernamento strutturale e digitale delle sedi giudiziarie.
Mi permetto quindi di lanciare una proposta: perché Anm non promuove un incontro con tutti i gruppi parlamentari sul tema di questo convegno odierno di Area? sarebbe una occasione per discutere sul futuro dell’ufficio per il processo, verificando alla luce del sole le reali volontà e per spingere nella direzione auspicata e necessaria.
Dico in conclusione che non ho fiducia nella capacità di questo governo e di questo ministro di dare risposte serie ai problemi della giustizia.
Si fanno proclami, interviste ispirate ad un garantismo a corrente alternata, ma in realtà la cifra è quella di una ispirazione securitaria nella politica carceraria, di provvedimenti populisti e pericolosi ( dai rave a cutro) di ispezioni intimidatorie negli uffici giudiziari e di evocazione di riforme divisive e sbagliate - già bocciate dai referendum - una su tutte la separazione delle carriere.
La priorità dovrebbe invece essere quella di dare le gambe e applicare le riforme, monitorarne effetti e criticità, procedere a “tagliandi”.
Ed è proprio in questo quadro che deve intensificarsi l’impegno delle forze riformiste, in un dialogo serrato con magistratura e avvocatura, componenti fondamentali della giurisdizione.