Intervento alla tavola rotonda: L’assetto ordinamentale degli addetti all’UPP
Ernesto Aghina
Tribunale Torre Annunziata
Ad oltre un anno dal suo esordio operativo, il bilancio certamente positivo dell’attività dell’Ufficio per il processo non elide la necessità di una riflessione sulle criticità che si sono manifestate.
Tra queste:
- la pluralità di moduli organizzativi adottati dai vari uffici che, se all’esordio potevano essere imposte dalle contingenti e specifiche esigenze gestionali, a regime dovrebbero uniformarsi ad un criterio maggiormente condiviso secondo le direttive del CSM.;
- la natura intrinsecamente “ibrida” del funzionario dell’UPP, sottoposto al coordinamento sia del dirigente dell’ufficio che del dirigente amministrativo, se in qualche modo necessitata dall’emergenza e dagli obiettivi del PNRR e garanzia di una positiva contaminazione delle esperienze, ha spesso determinato inconvenienti, derivati da un “concerto” tra soggetti apicali non sempre eufonico.
L’afflusso di personale amministrativo che (almeno in parte) ha tamponato le gravi carenze degli uffici giudiziari, dovrebbe consentire la destinazione esclusiva dell’UPP alla (sola) assistenza ai magistrati, specie ora che si è quasi inaridito l’apporto dei tirocinanti ex art. 73 del dl n.69/2013 per effetto della riforma dell’accesso alla magistratura; - l’apporto dei magistrati onorari all’UPP va realisticamente considerato non indispensabile, venendo così incontro alle richieste di una categoria che lo ha sempre ritenuto un demansionamento rispetto alla gestione di ruoli autonomi (imposta per gli obiettivi da raggiungere dal PNRR), mantenendo la destinazione all’UPP dei soli gop al termine del loro tirocinio (previsto peraltro per il troppo lungo periodo biennale dal d.lgs.vo 116/2017 antecedente l’istituzione del “nuovo” UPP;
- la necessità di accelerare normativamente la previsione di stabilità degli addetti all’UPP (eventualmente mediante un inquadramento che non debba necessariamente modellarsi sulla qualifica di funzionario), sia per garantire un inserimento strutturale del positivo metodo organizzativo, sia (e soprattutto) per offrire la necessaria rassicurazione a quanti operano attualmente negli uffici giudiziari ed evitare il progressivo incremento dell’esodo (ad oggi si annoverano oltre 2.200 dimissioni) di personale già formato e sperimentato sul campo.