COMUNICATO

Decreto sicurezza e politiche di integrazione

Una politica che limita e penalizza l’integrazione e l’inclusione sociale rischia di marginalizzare e clandestinizzare i migranti e mette in pericolo la sicurezza che invece afferma di voler perseguire

Con lettera circolare notificata qualche giorno fa al comune di Riace, il Ministero dell’Interno ha disposto la revoca totale dei contributi concessi per il progetto SPRAR gestito dall’Ente locale ed il trasferimento degli ospiti in altre strutture di accoglienza.

Sebbene con successiva nota il Viminale abbia precisato che il trasferimento non avverrà coattivamente – ciò che si sarebbe all’evidenza tradotto in una grave violazione dei diritti fondamentali - ma solo su base volontaria, di fatto i richiedenti saranno costretti ad allontanarsi perché appare a tutti evidente come la revoca dei finanziamenti non solo escluda Riace dal sistema SPRAR, ma renda difficile, se non impossibile, la prosecuzione di un progetto di integrazione e inclusione che, attualmente, coinvolge oltre 500 migranti, tra cui molti minori, donne e altre persone vulnerabili e che dal suo avvio ha dato ospitalità e prospettive ad oltre seimila migranti.

La decisione perviene a conclusione di un travagliato iter amministrativo che ha avuto nel tempo esiti alterni e di segno contrario. Essa appare perciò espressione di una nuova linea nella gestione delle politiche migratorie e del sistema di accoglienza.

La chiusura del progetto SPRAR di Riace giunge all’indomani della pubblicazione del Decreto Legge 4.10.2018 n. 113 – noto come Decreto sicurezza – che ridimensiona in senso fortemente penalizzante l’intero sistema dell’accoglienza sia con riguardo alla platea dei destinatari, sia con riguardo all’accesso e fruizione dei progetti di inclusione.

Il decreto, infatti, mira ad eliminare il permesso di soggiorno per motivi umanitari, finora concesso per casi ormai ampiamente tipizzati nell’elaborazione giurisprudenziale, sostituendolo con un “permesso speciale” previsto per sei casi normativamente tipizzati, così penalizzando molte persone vulnerabili alle quali, pur tali, nel futuro, giungendo nel territorio nazionale, non sarà riconosciuta la protezione.

Inoltre, l’accesso ai progetti di integrazione ed inclusione previsti dal sistema SPRAR sembra ora essere riservato ai soli titolari di protezione internazionale, ai titolari dei permessi di soggiorno speciali ed ai minori non accompagnati.

In tal modo si ridurrebbe notevolmente la platea dei destinatari di un sistema, quello SPRAR, che rappresenta nel nostro Paese un modello serio ed efficace di integrazione e di inclusione, mentre i richiedenti asilo dovrebbero trovare accoglienza solo nei CAS (Centri di Accoglienza Secondaria) e nei CARA (Centri di Accoglienza per Richiedenti Asilo): centri non deputati alle attività di integrazione e di inclusione, ma alla mera permanenza in attesa di ricollocamento o di espulsione.

E non può non destare forte sospetto di incostituzionalità l’elevazione da 3 a 6 mesi del tempo di permanenza nei Centri per il rimpatrio, nonché il completamento, adeguamento e ristrutturazione dei centri già presenti sul territorio e la realizzazione di nuovi; ciò all’asserito fine di facilitare l’espulsione degli stranieri irregolari, ma con il serio rischio di creare delle carceri amministrative al di fuori di ogni controllo giurisdizionale e senza alcuna seria prospettiva di espulsione, presupponendo essa accordi bilaterali con i paesi di provenienza, in molti casi non sussistenti o privi di effettività.

Ancor più allarmante è la norma destinata a consentire la detenzione amministrativa in strutture poste sotto il controllo esclusivo delle autorità di pubblica sicurezza.

Altre norme contenute nel decreto, attraverso interventi di vario segno, mirano poi a limitare l’accesso alla tutela legale per i richiedenti asilo e i rifugiati, prevedono la perdita della cittadinanza acquisita e la sospensione della procedura d’asilo e rimpatrio immediato del richiedente che abbia subito una condanna in primo grado; altre segnano interventi sulla sicurezza che in qualche modo evocano indirettamente sul terreno della sicurezza la figura del migrante irregolare, come quelle che inaspriscono le pene per il reato di invasione di terreni e di edifici.

Alla luce di tali previsioni normative, che sono in linea con l’annunciata decurtazione dei fondi destinati alle politiche di accoglienza per i migranti che sarebbe apportata dalla legge di bilancio, di fronte ad iniziative discriminatorie nell’accesso a servizi fondamentali messe in atto nei confronti di questi ultimi e dei loro figli minori dai sindaci di alcuni comuni italiani, appare di tutta evidenza che la chiusura dello SPRAR di Riace è coerente con un progetto politico che presenta aspetti di fortissima criticità sul piano della legalità costituzionale.

Queste politiche, infatti, contraddicono alla rigorosa osservanza dell’ articolo 2 della Carta Costituzionale, che imponendo allo Stato e alle istituzioni pubbliche la tutela e la promozione dei diritti fondamentali della persona, postula anzitutto il rispetto della dignità umana.

Queste politiche non adempiono al dovere, che discende dall’art. 3 della Carta per il legislatore e per le istituzioni, di assicurare l’eguaglianza, che non ammette norme e pratiche discriminatorie legate alla condizione della persona. Politiche che, riducendo il sistema di accoglienza, determinano un abbassamento di quelle condizioni che ci sono imposte dagli obblighi internazionali e rischiano perciò di violare l’art. 10 comma 3 della Costituzione e l’art. 8 CEDU, i quali impongono una attuazione diretta e non formale degli obblighi costituzionali e sovranazionali in materia di asilo e protezione internazionale e la messa in atto di un sistema che assicuri l’effettività dell’accoglienza e dell’inclusione. Sul punto va doverosamente richiamato il contenuto del messaggio del Presidente della Repubblica con il quale è stato trasmesso il DL 113/18 al Presidente del Consiglio.

Le politiche sulla sicurezza, bene fondamentale per la convivenza civile, devono essere condotte in tutti gli ambiti trovando il punto di equilibrio tra i valori costituzionali.

Contrasta con un tale obiettivo una politica che, limitando e penalizzando l’integrazione e l’inclusione sociale, rischia di produrre diffusi fenomeni di marginalizzazione e clandestinizzazione dei migranti che rappresentano il maggior pericolo per quella sicurezza che si afferma di voler perseguire.

17 ottobre 2018